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Affitto ai gay? No, grazie. A Milano il caso diventa virale.

Affitto ai gay: un uomo disperato di fronte agli scatoloni per il trasloco

Nella città più internazionale d’Italia, quella che ne è il motore economico e, secondo molti, la capitale morale, tutto ci attenderemmo, a 2024 ormai inoltrato, meno che una visione retrograda tale da discriminare le persone sulla base del loro orientamento sessuale. Ci attenderemmo, appunto. In realtà, se sei dichiaratamente gay puoi ancora sentirti rifiutare un appartamento in affitto, con la motivazione – francamente imbarazzante – che il proprietario preferirebbe persone più tradizionali. Per strano che possa apparire, dunque, l’affitto ai gay sarebbe ancora un tabù nel nostro Paese, Milano compresa.

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“Non affitto ai gay.”

La vicenda ha coinvolto Andrea Papazzoni, che aveva cercato un appartamento in affitto a Milano ed era riuscito a trovarlo, rivolgendosi a un’agenzia specializzata. Al termine di un processo non breve, e piuttosto stressante, visti i prezzi in continua ascesa degli affitti nelle città del nostro Paese, Papazzoni aveva confermato l’affitto, dimostrato la sostenibilità economica dei canoni e persino depositato la caparra. Di fatto, era pronto a entrare in casa quando ha ricevuto una telefonata, da parte dell’agenzia che aveva curato l’intera pratica, alla quale avrebbe preferito non dover mai rispondere.

La compagnia di real estate managing gli comunicava, per conto della proprietà dell’appartamento, che l’iter non sarebbe proseguito. Il motivo?

“La persona preferisce inquilini più tradizionali.”

Non esattamente quel che ti attenderesti in un Paese, e in una città, ove si parla tanto di lasciarsi alle spalle ideologie o retaggi del passato e si investono tempo e denaro nella promozione di equità e parità dei diritti.

Affitto ai gay: un uomo chiude uno scatolone
Andrea Papazzoni era pronto a trasferirsi nel nuovo appartamento, quando è stato fermato dall’agenzia, la quale gli ha comunicato la contrarietà della proprietà relativamente all’affitto ai gay

Una video-denuncia diventata virale

Comprensibilmente adirato e visibilmente deluso, Papazzoni ha scelto Instagram per sfogare la propria frustrazione. L’uomo, sforzandosi di mantenere un sorriso amaro per parte del video, ha puntato sulla viralità per tentare di arginare quella che sembra ancora essere una troppo comune discriminazione. L’obiettivo è stato raggiunto, dal momento che le visualizzazioni al post del mancato affittuario sono immediatamente schizzate. Quel che però preoccupa è che, leggendo i commenti al video postato sul social network, pare che la situazione vissuta a Milano sia tutt’altro che rara. Molti infatti hanno confessato di essersi trovati in una situazione simile.

Papazzoni ha dalla sua il fatto di avere un buon seguito sui social. È infatti un discografico impegnato, da lunghi anni, nel mondo della musica e oggi gestisce due B&B. Questo aspetto fa sì che possa essere una buona cassa di risonanza per molti altri che hanno provato sulla loro pelle tutta l’umiliazione di sentirsi dire non affitto ai gay. È davvero possibile che, in questo Paese, si debba sempre passare per la pubblica indignazione prima di poter dedicare la giusta attenzione a importanti temi sociali come quello di cui stiamo scrivendo?

A questo polverone è già seguita la ritrattazione dell’agenzia e, forse, ora riusciremo a ottenere qualche promessa ipocrita sul fatto che la situazione sarà risolta. Ma è lecito attendersi che una simile situazione ricapiterà, da qualche parte lungo lo Stivale. Neanche tra troppo tempo, probabilmente.

Non affitto ai gay: smentite e tentativi di insabbiamento

L’appartamento in questione si trova in zona Maciachini, nella periferia Nord del capoluogo lombardo. Dopo l’interruzione della pratica Papazzoni, risulta sfitto. Secondo l’albergatore, non sarà facile trovare in breve una persona economicamente stabile come lui e potrebbe volerci del tempo prima che la proprietà introduca nuovi inquilini. Soprattutto se dovesse accettarne solo di tradizionali, per usare lo stesso termine scelto dall’agenzia di locazione. Il reel di un minuto postato su Instagram attacca, senza troppe attenuanti, i diretti interessati – proprietà e agenzia – e denota un sottobosco di arretratezza culturale e retrograda, molto difficile da estirpare.

L’agenzia è immediatamente corsa ai ripari, smentendo tutto in pubblico. La versione che ha dato sottolinea come la vera motivazione del rifiuto non sia dovuta all’orientamento sessuale dell’inquilino, bensì alla sua provenienza dal mondo della musica. Un lavoratore dell’arte, infatti, non sarebbe in grado di offrire le necessarie garanzie ai proprietari dell’appartamento.

La scusa, perché di tale si tratta, ha avuto naturalmente vita breve. Papazzoni aveva infatti mostrato estratti conto e documenti che garantivano, senza ombra di dubbio, il suo status di buon pagatore. In aggiunta a ciò, l’agenzia aveva portato avanti una visura sulle sue due società alberghiere e tale pratica aveva riportato esito positivo. Di fatto, non vi erano debolezze economiche di nessun tipo. Il tentativo di insabbiamento tentato si è immediatamente dimostrato un fiasco.

A Milano è ancora forte l’eco dell’odissea di Michael e William, coppia gay alla quale fu rifiutato un appartamento la scorsa estate. Il caso di Andrea Papazzoni non è che un nuovo episodio della stessa serie e questo sceneggiato non piace a nessuno. Eppure, occorre continuare a combattere queste discriminazioni perché, a quanto sembra, siamo tutt’oggi ben lontani da una situazione di parità dei diritti.

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