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Rating esterni delle obbligazioni: chi li fornisce veramente? Le verità che non ti dicono

Moody's, il logo dell'agenzia di rating

Il rating rappresenta una sorta di “bussola” con la quale gli investitori possono orientarsi per capire se l’emittente di un’obbligazione è affidabile o meno. Con il loro giudizio sull’affidabilità di un emittente e sulla sua capacità di ripagare i propri debiti, le agenzie di rating possono condizionare il mercato e determinare il successo o il fallimento di stati e di società private come imprese e istituti di credito. 

Rating interno e rating esterno

Il rating esterno non va confuso con quello interno che è rappresentato da tutte quelle procedure che gli istituti di credito mettono in atto per attribuire un valore di rating bancario ad un cliente, ad una azienda o ad un gruppo omogeneo di creditori. Il rating esterno, invece, rappresenta una procedura di valutazione che viene effettuata da esperti che passano al setaccio tutte le caratteristiche economico finanziarie di un’azienda, fra le quali il bilancio, la redditività aziendale, la remunerazione del capitale impiegato, l’esperienza e la capacità del management, la bontà dei progetti e degli obiettivi che l’azienda si prefigge di raggiungere.

Chi controlla le agenzie di rating?

Le principali agenzie di rating al mondo sono sostanzialmente tre: Fitch, Standard&Poor’s e Moody’s. Si tratta di società private (e quindi suscettibili anche di conflitti di interessi) che in passato hanno ricevuto severe critiche da parte degli analisti anche per via dei loro criteri estremamente arbitrari alla stregua dei quali giudicano l’affidabilità o meno di un’istituzione finanziaria. Le loro analisi di rating, per quanto fondate su dati, statistiche e notizie più o meno credibili, non possono essere giudicate totalmente affidabili.

Prova ne è la crisi finanziaria del 2008 causata anche dai giudizi colpevolmente lusinghieri sulle cartolarizzazioni dei mutui che furono alla base del fallimento di Lehman Brothers e delle gravi difficoltà finanziarie che attraversarono moltissimi istituti di credito in tutto il mondo. Il dibattito sulla regolamentazione delle agenzie di rating è sempre vivo, ma al momento nulla sembra muoversi in tal senso. Dopo la crisi del 2008, i giudizi sulle agenzie di rating sono stati molto più severi e critici da parte degli analisti finanziari. 

E’ vero che sono stati approvati dei regolamenti che impongono un controllo più stringente sulle agenzie di rating, ma il nodo dei conflitti di interesse continua colpevolmente a non essere sciolto. In Italia la vigilanza sulle agenzie di rating è affidata alla Consob. Ogni stato membro affida ai propri enti vigilatori il compito di analizzare e valutare la trasparenza con cui le agenzie di rating agiscono. Nell’attività di controllo delle agenzie di rating è coinvolta anche l’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, fondata del 2011) e la SEC per gli Usa. 

A cosa serve il rating

Alle società di rating viene affidato il compito di valutare e passare al setaccio la solidità finanziaria di uno stato o di una società. Può anche capitare che un’agenzia possa emettere due rating diversi su diversi periodi, classificando il debito di una società sul breve termine e sul lungo termine. Va anche precisato che il rating non è mai obbligatorio. Sono le stesse società che emettono le obbligazioni a richiedere una valutazione alle società di rating per dimostrare al mercato la propria affidabilità. Non tutte le società sono interessate a farsi rilasciare un rating, anche perchè non tutte emettono obbligazioni

La stessa società può anche chiedere che il rating venga sospeso oppure ritirato. Tutte le società che emettono obbligazioni e che non richiedono il rating, rischiano però di essere penalizzati dagli stessi investitori che potrebbero trattare l’azienda con diffidenza evitando di acquistarne le obbligazioni emesse. Un rating positivo rappresenta, in ogni caso, una certificazione dello stato di salute dell’azienda. Un’emittente che non vuole farsi giudicare da una agenzia di rating viene vista con sospetto anche dai mercati finanziari.  

Come si calcola il rating

Il calcolo del rating scaturisce solitamente da un’analisi approfondita dei bilanci delle aziende per valutarne l’eventuale rischio di insolvenza nel breve o nel lungo periodo. Le agenzie di rating passano anche al setaccio i conti pubblici di un paese, valutandone l’affidabilità. Il rating può cambiare nel tempo ed essere rivisto periodicamente. Può dunque oscillare e diventare basso o alto a seconda del momento. Se una azienda rafforza la propria solidità patrimoniale, il rating tende ad alzarsi anche perchè migliorano le prospettive future. Per uno stato, invece, il rating sale solo se si riduce il deficit e se i conti pubblici migliorano progressivamente. 

Come si legge il rating

Per dare un giudizio sull’affidabilità di ogni azienda, le agenzie di rating si affidano ad una serie di lettere. Con la lettera A vengono indicati i titoli più affidabili. La tripla A indica affidabilità eccellente, mentre la valutazione AA indica un’ottima affidabilità. Seguono A1 buona, A2 discreta, A3 sufficiente. Con le lettere B e C vengono indicati livelli di affidabilità sempre più bassi. Fino alla tripla B l’investimento può essere ritenuto mediamente sicuro. La lettera D invece indica una situazione di default dell’emittente

Al di sotto della tripla B, l’investimento contiene dei margini di rischio molto evidenti. In base al rating che le agenzie assegnano, le aziende avranno delle conseguenze che possono essere positive o negative. In genere, le società con un rating basso, sono costrette a dover offrire un rendimento più elevato per attrarre gli investitori. Si tratta dei cosiddetti investimenti speculativi che attraggono coloro che cercano rendimenti alti pur accollandosi un rischio di insolvenza dell’emittente.  

Se invece il rating è alto, allora l’emittente è affidabile e non sarà costretto a dover offrire rendimenti elevati come ad esempio nel caso dei bund tedeschi, il cui rendimento è di molto inferiore a quello dei BTP italiani per via dell’elevato deficit del nostro paese.