Con l’avvio della nuova legge di bilancio del 2023, in seguito ai decreti previsti per gli aiuti quater, è stato preso in considerazione l’assetto economico riguardante il Superbonus, con l’obiettivo di mantenerlo attivo anche per quest’anno, ma con una novità: dal 110% trasformarlo in 90%. Sorge spontaneo domandarsi se sia più opportuno ribattezzarlo Superbonus 90%? In ambedue i casi, 110 o 90 per cento, si tratta di riduzioni applicabili solo in alcune circostanze, che generalmente vengono specificate in base all’edificio di appartenenza, se plurifamiliare o unifamiliare.
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Per ottenere queste detrazioni, i cittadini devono rapportarsi con tecnici o comunque professionisti specializzati nel settore per la compilazione e l’inoltro della domanda al portale Enea: la pratica in questione solitamente ha un costo che si aggira intorno ai 100 e 350 euro, e che varia a seconda dell’entità dei lavori da certificare e dei documenti da preparare.
I dati riportati al 31 dicembre 2022 parlano chiaro: 62,49 miliardi di euro sono stati il totale ricavato per gli investimenti messi in opera a sostegno di questa manovra.
Le richieste pervenute per le ristrutturazioni dai condomini e quindi unità plurifamiliari sono state circa 49.000, mentre dalle soluzioni indipendenti e quindi unifamiliari sono state circa 103.000.
La regione italiana con un maggior numero di investimenti ammessi per la detrazione fiscale risulta essere la Lombardia (10,84 miliardi), seguita da Veneto (6,08), Lazio (5,67), Emilia-Romagna (5,36), Campania (4,60), Piemonte (4,44), Sicilia (4,12).
Molti iniziano già a interrogarsi sui prossimi due anni: la previsione per il 2024 e il 2025, tuttavia, è quella di perseguire la strada della riduzione della percentuale verso il 70% prima e il 65% dopo.