In una situazione economica ottimale un individuo, o un’azienda, è in grado di saldare tutti i suoi eventuali debiti senza particolari problemi. Questo scenario si presenta in presenza di uno stipendio fisso e ingente, o quando una realtà imprenditoriale riesce a gestire alla perfezione le proprie finanze, calibrando con attenzione entrate ed uscite. Tuttavia può purtroppo accadere di ritrovarsi in condizioni di difficoltà, per un motivo o un altro, e di non riuscire a soddisfare le richieste dei propri debitori. È qualcosa che in tanti hanno vissuto, per esempio, nel periodo più critico della pandemia di Covid-19. Fortunatamente a nostra disposizione abbiamo un particolare strumento, chiamato ristrutturazione del debito, che ci permette di far fronte anche ai periodi più difficili, quelli in cui siamo a corto di liquidità. Vediamo dunque tutto quello che c’è da sapere nel merito della questione e quali possono essere le strategie per ristrutturare il debito.
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Cos’è un accordo per la ristrutturazione del debito?
La ristrutturazione debitoria è uno strumento preziosissimo per riuscire ad onorare quanto dovuto o, in alcuni casi, persino per risanare i debiti senza assumersene la piena responsabilità. Questa delicata materia è regolata dalle disposizioni presenti nella normativa fallimentare, precisamente nell’articolo 182 bis.
Questo tipo di istituto è esistito per anni all’estero prima di entrare anche nella nostra legislazione e la sua efficacia è ampiamente riconosciuta per quanto riguarda la risoluzione negoziata delle crisi aziendali.
Prima del suo arrivo, debitori e creditori hanno fatto a lungo ricorso ad accordi extragiudiziali per definire i loro rapporti e cercare di superare situazioni di grave insolvenza. Per diverso tempo, dunque, ciò è avvenuto senza poter godere di una stabilità e certezza giuridica vera e propria. L’articolo 182-bis si è quindi proposto di risolvere questi problemi, prevedendo un controllo da parte del tribunale fallimentare durante il processo di omologazione. Al di fuori di questo, ha comunque lasciato ampia libertà all’autonomia delle parti coinvolte.
Gli accordi raggiunti tra il debitore e i creditori hanno conseguenze legali e pertanto, una volta formalizzati, avranno a tutti gli effetti valore di legge. Si tratta inoltre di una soluzione molto interessante per entrambe le parti coinvolte, poiché in mancanza di alternative il creditore rischierebbe di non rientrare nei suoi crediti, soprattutto se il debitore non possiede beni immobili che potrebbero diventare oggetto di pignoramento.
Ristrutturazione del debito: le possibili strategie
Per le persone fisiche o giuridiche interessate a risanare la loro situazione debitoria si possono presentare diversi tipi di scenari. Vediamo dunque insieme quali sono le possibili strategie per la ristrutturazione del debito.
L’accordo ordinario
Come precisa l’articolo 48 d. lgs. 14/2019, si tratta di un contratto soggetto all’omologazione del Tribunale che verrà stipulato tra soggetto imprenditoriale (anche se non a scopo di lucro e distinto dall’imprenditore “minore”) che vive una situazione di crisi o insolvenza, e i creditori che detengano almeno il 60% dei crediti. Questa percentuale, ad ogni modo, potrà variare in base ad altre tipologie di accordo e andrà calcolata sull‘intero ammontare debitorio dell’imprenditore, che include anche i crediti garantiti da diritto di prelazione; tale percentuale, inoltre si riferisce non al numero dei creditori, quanto piuttosto all’importo totale dei crediti.
All’intero dell’accordo, inoltre, andranno indicati gli elementi del piano economico-finanziario che ne permettono l’esecuzione oltre ad una una serie di relazioni e documenti aggiuntivi. In questo caso la procedura di ristrutturazione del debito dovrà garantire la copertura integrale ai debitori estranei (cioè i soggetti che non hanno firmato l’accordo) in base ai seguenti termini:
- entro e non oltre 120 giorni dall’omologazione, in caso di crediti che a quella data fossero già scaduti;
- entro e non oltre 120 giorni dalla scadenza, in caso di crediti che non fossero ancora scaduti alla data dell’omologazione.
L’accordo di ristrutturazione agevolato
Si tratta di una novità introdotta dall’articolo 60 del Decreto Legislativo n. 14/2019 rispetto alla normativa fallimentare preesistente. A differenza dell’accordo sopra citato, quello agevolato si caratterizza per una procedura semplificata. Ecco i suoi elementi più importanti:
- Sarà sufficiente che i creditori rappresentino almeno il 30% dei crediti;
- Non sarà prevista alcuna sospensione nel pagamento dei creditori non coinvolti negli accordi (come al contrario avviene nell’accordo ordinario);
- Le misure protettive temporanee, che possono essere richieste nell’accordo ordinario, non trovano applicazione in questo accordo.
L’accordo di ristrutturazione a efficacia estesa
Questo tipo di accordo è disciplinato dall’art. 61 D.lgs. 14/2019 che riprende l’art. 182 della legge fallimentare ma ne estende, come suggerisce il nome, l’applicazione. Questa nuova disciplina andrà infatti ad estendersi anche ai creditori non aderenti di natura non finanziaria, ossia tutti i creditori diversi da banche e intermediari finanziari, mentre la precedente si applicava solo ai creditori finanziari. Tale accordo sarà valido quando:
- Tutti i creditori appartenenti alla medesima categoria siano informati dell’avvio delle trattative;
- I crediti dei creditori aderenti rappresenteranno almeno il 60% di tutti i creditori appartenenti alla medesima categoria;
- L’accordo non dovrà essere di natura liquidatoria e dovrà prevedere la continuazione dell’attività aziendale, direttamente o indirettamente;
- Il debitore dovrà notificare l’accordo, la richiesta di omologazione e i documenti pertinenti ai creditori ai quali chiederà di estendere gli effetti dell’accordo stesso.
Il caso della ristrutturazione estesa del debito bancario
Come precisa l’articolo 61 del Decreto Legislativo 14/2019 le condizioni possono cambiare nel caso dei creditori finanziari: è il caso di quelli legati a finanziamenti ipotecari o altre forme di prestito bancario (come i mutui). Quando i debiti verso questa categoria dovessero corrispondere almeno il 50% dell’indebitamento totale, sarà possibile identificare, nell’accordo di ristrutturazione, una o più categorie di creditori che condividono una posizione giuridica e degli interessi economici simili. Nel caso di debiti insoluti verso alcune istituzioni finanziarie, inoltre, le aziende possono anche sfruttare uno strumento chiamato convenzione di moratoria: quest’ultimo è un accordo transitorio e temporaneo stipulato tra il debitore e i creditori, che, a differenza della ristrutturazione del debito, non richiede l’approvazione da parte del Tribunale; ad ogni modo, i creditori aderenti dovranno rappresentare almeno il 75% dei crediti della stessa categoria affinché esso sia valido.
La ristrutturazione del debito tramite l’AdE e Riscossione
L’ultimo scenario/strategia è quello in cui venga ristrutturato un debito con l’AdE e l’ex Equitalia. In questo caso si farà riferimento alla cosiddetta “transizione fiscale“, dove un’azienda in difficoltà può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei contributi ai relativi enti.
In un contesto ottimale se l’amministrazione accetta, viene avviata la procedura di transizione. Tuttavia, se l’azienda non riesce a pagare integralmente entro 60 giorni dalle scadenze previste, la procedura si risolve automaticamente.