Come ha avuto modo di confermare il rapporto Commodity Research di Goldman Sachs diffuso nel 2022 su come investire nelle materie prime, nel 2023 le prospettive sono più che ottimistiche, come mai accaduto in passato. Infatti secondo gli esperti si tratterebbe di un superciclo sottofinanziato. Si prevede nel 2023 un aumento della domanda soprattutto di alcune prime legate alla decarbonizzazione dell’economia, alla quale farà riscontro una contrazione dell’offerta. Scopriamo dunque quali sono le aspettative degli analisti a riguardo.
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Come evolverà il mercato?
Dopo che nel 2022 il mercato è stato dominato dal prezzo del dollaro, secondo gli analisti di Goldman Sachs, nel 2023 il mercato sarà fortemente caratterizzato dalla mancanza di investimenti nell’espansione e nel mantenimento della produzione di materie prime oltre che da un’esplosione della domanda. A tale esplosione farà da contraltare un’offerta nettamente in calo. Una delle materie prime che è stata fortemente influenzata dallo scoppio della guerra in Ucraina è sicuramente l’acciaio il cui costo di produzione si è impennato in maniera vertiginosa. La guerra è stata una delle ragioni con cui si può spiegare il perché di questi aumenti. Le varie sanzioni che sono state comminate alla Russia hanno comportato anche un aumento del costo di petrolio, carbone e gas nel 2022.
È anche vero che, in questo momento, l’economia globale sta attraversando un contesto macroeconomico caratterizzato da profonda incertezza, da una forte pressione della domanda di materie prime, ma anche dalle politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrali per rallentare l’inflazione. Sappiamo anche che l’andamento delle materie prime, soprattutto quelle energetiche, è caratterizzato da un’elevata volatilità dei prezzi per cui non è facile fare una previsione, anche perché ogni valutazione sarà sempre condizionata (e condizionabile) dall’andamento delle tensioni geopolitiche in atto.
Nella prima parte del 2023 la domanda di commodity si è contratta in maniera repentina, questo non vuol dire che si è registrata un’inversione di rotta tale da portare i prezzi verso la media di lungo periodo, ma piuttosto è si può immaginare che il mercato stia cercando nuovi livelli di equilibrio condizionati dalla ripresa della domanda di quelle materie prime che sono direttamente coinvolte nella fase di transizione energetica.
Gli indici aggregati PricePedia
Secondo gli indici aggregati PricePedia, nel 2023 il prezzo delle materie prime energetiche continuerà a calare come già evidenziato negli ultimi mesi del 2022. Si avrà certamente una riduzione considerevole per quanto concerne i prodotti energetici mentre il calo sarà più contenuto per le altre materie prime. Da tenere soprattutto in considerazione l’aumento a cui saranno sottoposte alcune materie prime come il rame, la cui produzione rimane ferma al palo per l’assenza di nuove miniere mentre la domanda continua ad aumentare in maniera esponenziale.
Tutte le previsioni dei principali analisti farebbero propendere per un eccesso di richiesta rispetto alla disponibilità dell’oro rosso nei prossimi mesi, soprattutto se non si faranno passi in avanti nel campo dell’economia circolare. La decarbonizzazione dell’economia ha infatti contribuito ad aumentare il consumo di rame, basta pensare che i veicoli elettrici ne richiedono una grande quantità oltre alla stazione di ricarica e alle reti elettriche che hanno la necessità di un rafforzamento e di un cablaggio aggiuntivo. In un contesto in cui i rischi geopolitici sono crescenti diventa nevralgico investire soprattutto nel settore del riciclo. Molte società attive nell’economia circolare stanno investendo proprio nel riciclo del rame che in futuro potrebbe assurgere al ruolo di una vera e propria miniera d’oro rosso.
Ma se l’economia circolare non fosse in grado di assorbire l’enorme quantità di domanda di rame che è attesa per gli anni a venire, è probabile che il prezzo del rame possa subire un’impennata senza precedenti.
Si prevede un’ulteriore impennata delle materie prime legate alle energie rinnovabili
Si prevede nel 2023 una stabilizzazione dei prezzi per quanto riguarda il carbonio e il petrolio mentre è molto probabile una nuova impennata dell’Industria delle energie rinnovabili con il conseguente aumento di prezzo di alcune materie prime come il nichel, il litio, il cobalto, lo stesso rame e l’argento. Il mondo sembra ormai orientato verso il raggiungimento di un futuro digitalizzato, elettrificato e decarbonizzato. Tra i fattori chiave della decarbonizzazione troviamo terre rare, uranio e l’alluminio che rappresentano altri tre asset sui quali investire con una certa convinzione.
Cosa aspettarsi nel breve periodo?
In linea teorica il mercato ormai è in attesa di una normalizzazione della politica monetaria da parte delle banche centrali che potrebbe dare nuova linfa al mercato delle materie prime e spostare l’intero mondo da un’economia prevalentemente legata ai combustibili fossili ad un’economia imperniata sulle energie rinnovabili con investimenti di svariati trilioni di dollari ogni anno.
Ci sarà la necessità di corposi investimenti in tutti quei metalli essenziali per la costruzione di auto e di reti di trasporto, di energia rinnovabile elettrificata o a batteria. Se il rame giocherà comunque un ruolo nevralgico, anche altri metalli speciali minori potrebbero vedere la loro domanda crescere almeno dieci volte. Molto dipenderà anche da come si evolverà il contesto geopolitico, da come si risolverà il conflitto in atto tra Nato e Russia e da come l’economia riuscirà a vincere (o perdere) la sfida contro la circolarità delle materie prime rinnovabili.