Verso la fine degli anni ’90 il rapido sviluppo tecnologico legato soprattutto a internet ha rappresentato la principale causa scatenante dietro alla cosiddetta bolla speculativa delle Dot Com, scatenata da fattori di per sé piuttosto comuni. Tutto è iniziato con un eccessivo livello di fiducia da parte di alcuni investitori nel mercato in grado di scatenare a catena un aumento dei prezzi del relativo prodotto. Come spesso accade in questi casi, non tutto alla fine è andato come da previsioni. Vediamo insieme cosa successe più nello specifico e quali sono le lezioni che possiamo imparare da una situazione simile.
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Cosa ha scatenato la bolla speculativa Dot com: le cause
Per comprendere cosa è accaduto a fine degli anni ’90 è necessario andare alle origini della questione. Tutto inizia indicativamente nel 1994, con l’entrata in Borsa di Netscape, la primissima società a lanciare un browser commerciale per l’accesso ad internet: si trattò di una vera e propria rivoluzione per i tempi che diede il via a quella che gli esperti chiamano New Economy, un “nuovo” mercato globale legato alle nuove tecnologie come internet e al mondo dell’informazione digitale. Questo tipo di sistema era la controparte della Old economy, particolarmente dal punto di vista manifatturiero. Ecco dunque che nel giro di pochi anni iniziarono a spuntare come funghi business operanti nel mondo di internet e nel settore informatico, chiamati per semplicità “Dot Com”. Era un periodo particolarmente favorevole per l’apertura di nuovi progetti imprenditoriali, e questo a causa di una congiunzione positiva tra basso costo del capitale e bassi tassi di interesse.
Le Dot Com erano compagnie piuttosto picccole (spesso avevano un solo azionista fondatore), erano scarsamente capitalizzate ma soprattutto erano molto esposte in un settore che iniziava ad essere sovrastimato. Le condizioni per lo scoppio di una bolla, insomma, c’erano proprio tutte. In questa fase di ottimismo estremo e in presenza di una forte speculazione sulle azioni di queste società e di molti venture capital furono in troppi a sottovalutare il classico parametro prezzo-utili. Gli effetti di questa corsa, per molti versi folle, alle Dot Com si sarebbero visti molto presto.
Lo scoppio della bolla Dot Com
Il castello di carte crollò a marzo del 2000, lasciando diversi investitori delusi e attoniti. Ci si rese infatti conto che i bilanci delle Dot Com erano in realtà molto più deludenti di quello che si fosse ipotizzato. Il mercato si era dunque trovato davanti la prova definitiva che investire in queste aziende avrebbe anche potuto non essere così conveniente come si era creduto. Le quotazioni iniziarono in questo modo a calare a causa della vendita forsennata dei titoli di tutti coloro che volevano liberarsi delle azioni Dot Com prima che si svalutassero. Fu così che il NASDAQ, principale indice azionario di riferimento, perse 9 punti percentuali in appena tre giorni.
L’anno successivo non andò meglio. Proprio alla luce dello scoppio della bolla molte Dot-com furono costrette a chiudere i battenti, altre aziende del settore invece furono oggetto di fusioni e acquisizioni. Quattro anni dopo, nel 2004, sul mercato era rimasta attiva appena la metà delle società quotate nel 2000. Tra le poche che riuscirono a sopravvivere alla tempesta furono i giganti Apple, Ebay e Amazon.
Quali lezioni possiamo imparare dalla bolla delle Dot Com
Il mercato azionario è guidato da un mix, a volte pericoloso, di ottimismo eccessivo, euforia e consapevolezza del rischio (quasi) assente. In tutti i casi in cui è scoppiata una bolla speculativa si sono riproposte le medesime dinamiche, dalle quali possiamo certamente imparare per evitare di commettere gli stessi errori fatti in passato.
La bolla delle Dot com è stata alimentata da un’atmosfera di euforia e irrazionalità: gli investitori erano disposti a comprare azioni di aziende che non avevano ancora prodotto profitti, basandosi su promesse sul futuro. Questo ci insegna, prima di tutto, che l’entusiasmo smisurato e l’irrazionalità possono portare a decisioni finanziarie catastrofiche. Anche oggi, è importante rimanere cauti di fronte all’entusiasmo e cercare di prendere decisioni basate su dati concreti.
Un altro elemento da prendere in considerazione è la comprensione chiara dei fondamentali delle aziende. Molte delle aziende che sono crollate avevano un modello di business insostenibile o addirittura inesistente. Gli investitori dovrebbero sempre valutare con attenzione la salute finanziaria e le prospettive di crescita di un’azienda prima di investire nei suoi titoli. Questa lezione è ancora rilevante oggi, specialmente nel settore tecnologico.
C’è inoltre da considerare il ruolo della diversificazione degli investimenti. Molti investitori hanno concentrato i loro investimenti solo ed esclusivamente in aziende tecnologiche, pensando che il settore sarebbe cresciuto all’infinito. Tuttavia, quando la bolla è scoppiata, molte di queste aziende sono fallite, causando perdite enormi. La diversificazione dell’investimento in diverse classi di asset può aiutare a mitigare il rischio e proteggere il patrimonio in una prospettiva futura. In generale, in aggiunta, è sempre meglio avere pazienza e effettuare investimenti a lungo termine, con la speranza che i mercati possano crescere nonostante le fluttuazioni a breve termine.
Di inportanza cruciale è anche la regolamentazione, spesso assente negli anni che precedono lo scoppio delle bolle come quella delle Dot Com. Molte aziende sono state in grado di fare affermazioni esagerate o persino false sui loro prospetti finanziari, senza avere conseguenze di sorta. Dopo il crollo, è stato quindi necessario introdurre regole più severe per garantire la trasparenza e l’accuratezza delle informazioni finanziarie.
Un ultimo aspetto da non sottovalutare e da ricordare come lezione futura è il fatto che i momenti di crisi come questo, in realtà, possono trasformarsi per alcuni in preziose occasioni: dopo il crollo, molte aziende tecnologiche solide sono infatti riuscite ad emergere, ottenendo risultati considerevoli. Numerosi investitori che hanno avuto il coraggio di investire quando il mercato era in crisi, inoltre, hanno potuto beneficiare di un notevole apprezzamento. Come si dice in questi casi: non tutto il male viene per nuocere.