Gli eventi che hanno portato all’incriminazione
Il rientro di Chico Forti ha spaccato l’opinione pubblica, tra chi gioisce per il ritorno in Italia di un uomo vittima di un errore giudiziario e chi, invece, continua a ritenerlo colpevole. “In questo momento c’è un po’ di accanimento da parte di chi, quattro anni fa, si esprimeva con toni molto più benevoli. Non si comprende come mai quattro anni fa sarebbe rientrato un connazionale sulla cui vicenda giudiziaria c’erano tantissimi dubbi e oggi invece vediamo campeggiare su alcuni giornali: ‘Bentornato, assassino‘. Quel titolo è stato una pugnalata”, commenta ancora Bruzzone.
Secondo la criminologa, infatti, non ci sarebbe “un solo elemento a suo carico che torni. Tutti quelli che abbiamo raccolto sono propensi a dimostrare la sua estraneità ai fatti. Lui mentì in una prima occasione alla polizia di Miami, è vero, ma anche gli stessi agenti mentirono dicendo che era morto anche il padre di Dale Pike, Tony, il suo socio. Ci può stare che una persona possa avere un momento di cedimento e la paura ha fatto da padrone”, spiega.
Dopo quel primo interrogatorio, in cui Forti sostenne di non aver mai incontrato la vittima, si era recato spontaneamente al Dipartimento per raccontare che aveva invece incontrato Dale Pike e che lo aveva accompagnato al Rusty Pelikan, un ristorante poco lontano dal luogo dell’omicidio.
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