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Chico Forti, la criminologa Bruzzone: “Anche io lavorai al caso, tanti elementi dimostrano che…”

Il processo e il carcere americano

“Una bugia l’ha detta ma anche lui era stato ingannato. Dopodiché, su di lui non c’è niente”, prosegue Bruzzone. “La famosa pistola (l’arma dell’omicidio) è stata pagata da Chico ma registrata e consegnata, con relativo munizionamento, a Thomas Knott (un conoscente di Forti e Pike, vicino di casa del primo e socio in affari del secondo, ndr) che ha mentito dicendo che era stata consegnata a Forti. Ma lui, al contrario, non l’aveva nemmeno mai toccata”.

“Il problema grosso è che in America la giuria è composta da persone che non sono tecnici e non sono tenuti a motivare il verdetto, l’unico vero processo negli Usa è quello di primo grado. Quelli d’appello sono solo su questioni formali e durano pochissimo. E il processo di primo grado, purtroppo, ha visto una serie di errori fatti anche dalla difesa di Forti. I suoi legali non sono stati abbastanza incisivi”.

Ricorda Bruzzone: “L’avvocato Joe Tacopina, per esempio, si era impegnato a fare istanza di revisione entro il 2016, aveva già una serie di elementi di novità, ma questa non è mai stata depositata e sono passati 8 anni. A quel punto, ho fatto un passo indietro perché dall’altra parte non mi convincevano le risposte che ricevevo”.

La criminologa ci spiega anche che tipo di cambiamento rappresenta per Forti il passare da un carcere statunitense a uno italiano. “Io sono stata due volte a trovare Forti, nel carcere di massima sicurezza, e posso dire che è una cosa spaventosa. L’ospite, che deve essere accreditato con largo anticipo e fare tutta una serie di attività, viene perquisito prima di entrare. I detenuti, nonostante i vari visitatori siano arrivati da tempo, vengono tenuti almeno una ventina di minuti, mezz’ora, con l’obiettivo di far passare il messaggio: ‘Tu sei un numero, decidiamo noi quando devi incontrare queste persone'”, spiega.

“È proprio una gestione del detenuto completamente diversa. Tutti sono vestiti uguali con queste tute arancioni e non gli è consentito di avere oggetti personali. Anche il rapporto tra detenuti è differente. Per lui quindi si tratta di una situazione migliorativa perché qui Forti avrà accesso a tutta una serie di risorse che negli Stati Uniti poteva solo sognare. – aggiunge Bruzzone – Per quanto si parli in maniera drammatica delle carceri italiane, quelle americane sono una cosa molto vicina all’Inferno. E chissà che questa storia non ci riservi qualche bella sorpresa”.