La scelta di vivere insieme senza sposarsi è sempre più diffusa, ma la legge italiana non garantisce automaticamente una tutela completa ai conviventi sul piano economico e successorio. Proprio per questo il patto di convivenza è diventato uno strumento fondamentale per chi desidera proteggere il proprio compagno in caso di imprevisti, difficoltà economiche, malattia o morte.
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In una realtà in cui la convivenza more uxorio ha diritti riconosciuti ancora limitati, definire per iscritto obblighi e impegni aiuta a evitare conflitti e assicura una maggiore serenità nella gestione della vita quotidiana e dei patrimoni.
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Patto di convivenza: come tutelare il partner dal punto di vista patrimoniale
Il patto di convivenza permette di disciplinare diversi aspetti economici della vita comune, stabilendo regole chiare e vincolanti. Non è un contratto matrimoniale e non produce gli stessi effetti, ma consente ugualmente di creare una rete di protezione patrimoniale per il partner. Molte coppie scelgono questo strumento anche per gestire situazioni delicate come la casa di proprietà in convivenza, la divisione delle spese o le eventuali conseguenze della separazione conviventi. La legge offre alcune tutele minime, ma è attraverso un accordo personalizzato che si può davvero garantire una ripartizione equa dei carichi e dei benefici.

Convivenza di fatto: quali diritti (pochi) tutela la legge
La legge Cirinnà ha introdotto un sistema di riconoscimento per i conviventi di fatto, ma le differenze rispetto al matrimonio restano significative. La differenza tra matrimonio e convivenza è evidente soprattutto nella regolazione dei rapporti patrimoniali e nella protezione in caso di decesso del partner. Chi convive senza sposarsi non ha diritti successori automatici, non eredita la casa e non può contare su una tutela piena in caso di crisi. La disciplina base riconosce soltanto alcuni diritti relativi all’assistenza sanitaria, alla permanenza nella casa comune in caso di morte del titolare del contratto di locazione e poco altro. Per tutto il resto serve un intervento volontario della coppia attraverso strumenti giuridici alternativi.

Casa familiare e intestazione dei beni
La gestione della casa di proprietà in convivenza è uno dei temi più delicati. Se l’immobile è intestato a uno solo dei partner, l’altro non acquisisce alcun diritto reale né alcuna garanzia di poter continuare ad abitarvi, salvo rare eccezioni previste dalla legge. Nel caso di acquisto condiviso, è fondamentale indicare chiaramente le quote di proprietà per evitare future contestazioni. Il patto di convivenza può intervenire stabilendo criteri per la ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie, regolando l’uso dell’immobile e prevedendo indennizzi o rimborsi in caso di investimenti sostenuti da uno solo dei conviventi.

Cosa accade in caso di malattia o morte di un partner
La convivenza non garantisce automaticamente diritti in ambito sanitario o successorio. Chi vive una relazione non matrimoniale può trovarsi in difficoltà quando occorre prendere decisioni mediche o quando bisogna affrontare le conseguenze della convivenza e successione. In caso di morte, il partner non sposato non è erede per legge e rischia di perdere anche il diritto di abitare la casa comune, salvo che sia prevista una disciplina specifica. Immaginiamo che la casa sia intestata solo a uno dei due partner. Senza strumenti aggiuntivi, alla sua morte il convivente superstite non avrebbe alcun diritto a restare nell’immobile, perché la legge non gli riconosce diritti successori.
Per tutelarlo, si può predisporre una disciplina specifica attraverso testamento, diritto di abitazione, usufrutto, o anche tramite donazione con riserva.

Cos’è il patto di convivenza
Il patto di convivenza è un contratto che i conviventi possono stipulare per regolare i loro rapporti economici durante la vita comune. La forma è rigorosa: deve essere redatto da un notaio o avvocato patto convivenza e poi registrato presso l’ufficiale di stato civile. Le parti possono definire obblighi di contribuzione alle spese familiari, criteri di gestione dei beni acquistati insieme e previsioni utili a evitare squilibri patrimoniali. Questo accordo, pur rimanendo distinto dal matrimonio, permette di creare regole certe che diventano legalmente vincolanti.

Cosa si può regolare in chiave patrimoniale
Nel patto di convivenza confluiscono tutte le scelte economiche che la coppia desidera disciplinare. È possibile stabilire la proporzione con cui ciascuno contribuirà alle spese comuni, le modalità di acquisto di beni mobili o immobili e le conseguenze economiche dell’eventuale cessazione della convivenza. Uno strumento utile anche per definire rapporti patrimoniali riguardanti la convivenza e figli, in particolare nel caso in cui uno dei due partner sia più impegnato nella cura familiare e rinunci a opportunità lavorative.
Spese comuni, immobili, mobili registrati
Gestire le spese quotidiane è una delle questioni più frequenti tra conviventi. Nel patto di convivenza si possono inserire regole dettagliate su come dividere i costi della vita comune, comprese spese come affitto, mutuo o manutenzione della casa. Possono essere regolati anche beni più complessi come automobili e altri mobili registrati. Definire tutto per iscritto riduce i conflitti e permette a entrambi di muoversi con maggiore chiarezza, specie quando i redditi sono molto diversi.
Protezione del partner economicamente più debole
Uno degli aspetti più importanti è la tutela del convivente che contribuisce meno dal punto di vista economico perché più coinvolto nella gestione familiare. Il patto di convivenza consente di prevedere rimborsi, indennità o forme di compensazione in caso di fine della relazione, evitando che la separazione conviventi lasci uno dei due in una posizione di svantaggio. Questa previsione diventa una vera forma di tutela partner non sposato, particolarmente utile nelle convivenze di lunga durata.

Collegamenti con testamento e assicurazioni
Il patto di convivenza non basta da solo per garantire una protezione completa, soprattutto in caso di morte. Per questo è utile integrarlo con un testamento, con polizze assicurative e con la designazione del beneficiario del trattamento di fine rapporto. Solo così la tutela può dirsi davvero efficace anche nei momenti più delicati.
Perché il patto non sostituisce il testamento
Sebbene il patto di convivenza possa regolare molti aspetti economici, non ha alcun effetto sulla successione. La legge continua a escludere il partner non sposato dall’eredità, a meno che non venga redatto un atto testamentario. Un testamento consente di attribuire beni specifici, diritti di abitazione o somme di denaro, nel rispetto delle quote riservate ai legittimari. Per chi convive, si tratta di un passaggio essenziale per completare la protezione patrimoniale.
Uso di polizze vita e TFR a favore del partner
Oltre al testamento, un altro strumento utile è la polizza vita, che permette di indicare liberamente il beneficiario, offrendo una protezione immediata e sottratta alle dinamiche della successione. Anche il TFR può essere destinato al partner in qualità di beneficiario, ampliando ulteriormente la sicurezza economica del convivente in caso di eventi gravi.

Clausole tipiche
| Aspetto Regolamentato | Esempio di Clausola Tipica (Generica) |
| Contribuzione Economica | Le parti convengono che la contribuzione alle necessità della vita comune e alle spese familiari avverrà in misura proporzionale ai rispettivi redditi netti annuali. |
| Beni e Proprietà | In caso di acquisto di beni mobili registrati o immobili, le quote di proprietà e i relativi oneri saranno determinate e gestite in base al contributo finanziario effettivo di ciascun convivente. |
| Tutela del Convivente Debole | Qualora la convivenza cessi, e uno dei partner dimostri di aver subito uno squilibrio patrimoniale significativo a causa dell’impegno prevalente nella cura della famiglia, sarà dovuta una indennità una tantum nella misura concordata. |
| Uso della Casa Familiare | In caso di scioglimento del patto di convivenza, le parti si accordano sull’assegnazione temporanea della casa familiare al convivente con l’interesse prevalente o che continuerà a convivere con eventuali convivenza e figli, in attesa di una diversa soluzione abitativa. |