Quanti soldi riusciremo a prendere, quando finalmente riusciremo ad andare in pensione? Questa è una domanda che, comprensibilmente, pesa sulle spalle di milioni di italiani che attendono con impazienza il giorno in cui finalmente potranno smettere di lavorare. Per quanto la questione di per sé sia influenzata di una serie di fattori difficilmente prevedibili, va ricordato che esiste ad ogni modo la possibilità della perequazione automatica della pensione, ovvero la rivalutazione dell’importo pensionistico. Tale processo dipende essenzialmente dall’inflazione e ha lo scopo di proteggere il potere di acquisto dei cittadini.
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La perequazione delle pensioni, ad ogni modo, non interessa chiunque, in maniera indiscriminata, bensì una fetta ben precisa della popolazione e secondo determinate condizioni. Ecco dunque più nel dettaglio tutto quello che è necessario sapere a proposito!
La perequazione delle pensioni per far fronte all’inflazione
In estrema sintesi, come anticipato, il termine fa riferimento ad un adattamento dell’importo della pensione al costo della vita attuale. Tanto più quest’ultimo sarà elevato, tanto più alto sarà l’importo erogato dall’INPS, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. D’altra parte il principio di base è corretto: non sarebbe giusto mantenere lo stesso livello di reddito a fronte di aumenti costanti di beni di prima necessità e di servizi. Nel concreto, quando si parla di perequazione delle pensioni non ci si riferisce a nulla di realmente nuovo, visto e considerato che annualmente, a gennaio, vengono rivalutate le pensioni in base alle stime relative al costo della vita. A lungo, a dire il vero, il problema praticamente non si è nemmeno presentato, perlomeno fino al 2022, quando con lo scoppio della guerra in Ucraina abbiamo assistito ad un incremento vertiginoso dei costi dell’energia e, di conseguenza, di molte materie prime. Non è in effetti un caso se, proprio per ovviare ai problemi economici di una grossa fetta della popolazione, si sia deciso di adeguare le pensioni a ottobre 2022 e non a gennaio come di consueto.
Per affrontare la delicata questione il governo di Giorgia Meloni, entrato in carica a settembre 2022, ha varato il nuovo Decreto Aiuti Bis, tramite l’articolo 21 della Legge 115 del 2022. Con la circolare n. 120 del 26 ottobre 2022, in modo particolare, l’INPS ha stabilito che per permettere ai cittadini di affrontare l’inflazione “il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni, di cui all’articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per l’anno 2021 è anticipato al 1° novembre 2022”.
L’istituto aveva inoltre definito le condizioni per determinare l’importo complessivo da prendere in considerazione come base della perequazione: verranno dunque prese in considerazione tutte le prestazioni memorizzate del Casellario Centrale delle Pensioni erogate da enti diversi dall’INPS e per le quali è stata indicata l’assoggettabilità al regime della perequazione cumulata, oltre alle prestazioni erogate dall’INPS escluse:
- Le prestazioni a carico delle assicurazioni facoltative (VOBIS, IOBIS, VMP, IMP), delle pensioni a carico del fondo clero ed ex ENPAO (CL, VOST), dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale (INDCOM), che vengono perequate singolarmente;
- Le prestazioni a carattere assistenziale (AS, PS, INVCIV) e delle pensioni che usufruiscono dei benefici previsti per le vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206, che vengono rivalutate singolarmente e con criteri propri;
- Prestazioni di accompagnamento a pensione (027-VOCRED, 028-VOCOOP, 029-VOESO, 127–CRED27, 128–COOP28, 129–VESO29, 143–APESOCIAL, 198-VESO33, 199-VESO92, 200-ESPA), che non vengono rivalutate per tutta la loro durata;
- Le pensioni di vecchiaia in cumulo a formazione progressiva, per le quali non siano stati utilizzati tutti i periodi assicurativi accreditati presso le gestioni di cui all’articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificata dall’articolo 1, comma 195, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
L’aumento delle pensioni a partire dal 1° marzo 2023: le condizioni
Con l’ulteriore articolo 1, comma 309, della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, il meccanismo della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici è stato nuovamente rivisto in riferimento al biennio 2023-2024. Per quanto riguarda i trattamenti pari o inferiori a quattro volte il minimo (2.101,52 € al mese ai valori lordi del dicembre 2022) la rivalutazione, pari al 100% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, è stata applicata dall’INPS a partire dal 1° gennaio 2023: in questo senso, l’aumento delle pensioni è stato pari al 7,3%. In ogni caso, a partire dal 1° marzo 2023 sono stati rivalutati anche i trattamenti superiori di quattro volte al minimo INPS. Queste le condizioni e gli incrementi come riportati sul sito dell’istituto:
- nella misura dell’85% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 6,205%;
- nella misura del 53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 3,869%;
- nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 3,431%;
- nella misura del 37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 2,701%;
- nella misura del 32% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 2,336%.