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Tassazione dei dividendi 2025: ecco quanto paghi davvero

Una calcolatrice e un bloc notes

Si torna anche quest’anno a discutere di un tema molto caldo e delicato dibattito fiscale italiano. Ancora una volta, investitori (di varia natura), risparmiatori e imprenditori si trovano a dover fare i conti con regole in parte rinnovate e con un sistema che, tra aliquote, ritenute e regimi fiscali alternativi, può diventare piuttosto complesso da decifrare. In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza sull’argomento: quanto si paga davvero sui dividendi nel 2025? E quali sono le differenze a seconda del tipo di soggetto percettore?

Cosa si intende con dividendi

Documenti per pagare le tasse
Dividendi in arrivo: nel 2025 la tassazione per le persone fisiche resta al 26% su tutte le partecipazioni, qualificate o meno

Partiamo dalle basi: i dividendi sono una quota degli utili distribuiti da una società ai propri soci o azionisti. Vengono pagati in genere in denaro, ma nulla vieta che possano anche essere distribuiti sotto forma di azioni (stock dividend). Rappresentano quindi una fonte di reddito da capitale per chi detiene titoli societari.

Nel sistema fiscale del nostro Paese, i dividendi vengono tassati in modo diverso a seconda che il soggetto percettore sia una persona fisica, una società o un soggetto estero. Inoltre, la modalità di tassazione può variare in base alla provenienza del dividendo (Italia o estero), al tipo di partecipazione (qualificata o non qualificata) e al regime fiscale scelto.

La tassazione dei dividenti per persone fisiche

Abbiamo visto che la situazione cambia sostanzialmente a seconda del soggetto che prendiamo in considerazione.

Per quanto riguarda le persone fisiche residenti in Italia che detengono partecipazioni non qualificate, nel 2025 i dividendi percepiti sono soggetti a una ritenuta a titolo d’imposta del 26%. Questo significa che l’imposta viene trattenuta direttamente dalla banca o dall’intermediario al momento dell’accredito del dividendo. Non è nemmeno necessario inserirli nella dichiarazione dei redditi.

Proviamo a fare un esempio pratico per spiegare meglio questo scenario: se si riceve un dividendo di 1.000 euro, verranno pagati 260 euro di tasse e si incasseranno 740 euro netti.

Dividendi da partecipazioni qualificate

Per le partecipazioni qualificate (ovvero quelle superiori al 2% dei diritti di voto o al 5% del capitale nelle società quotate, oppure superiori al 20% dei diritti di voto o al 25% del capitale nelle società non quotate), il regime fiscale è diverso.

Per quanto riguarda questo caso, i dividendi dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi e andranno a concorrere parzialmente alla formazione del reddito imponibile. Dal 2018, il regime è stato modificato: anche i dividendi da partecipazioni qualificate sono soggetti alla flat tax del 26%, uniformando il trattamento rispetto alle partecipazioni non qualificate.Tuttavia, se i dividendi derivano da utili prodotti prima del 2018 e non ancora distribuiti, si andranno ad applicare ancora le vecchie regole (inclusione parziale nel reddito con aliquote progressive IRPEF).

Tassazione dei dividendi per le società

Le società di capitali che percepiscono dividendi da altre società beneficiano generalmente di un regime agevolato. In linea di principio, il 95% dei dividendi ricevuti è esente da imposizione IRES, e solo il 5% è tassato secondo l’aliquota ordinaria (24%).

Esempio: una società che riceve 10.000 euro in dividendi pagherà le tasse solo su 500 euro, ovvero 120 euro (24% su 500 euro).

Questo regime mira a evitare la doppia imposizione economica (la società che distribuisce ha già pagato l’IRES sui propri utili).

Dividendi da estero: cosa cambia?

Se si percepiscono dividendi da società estere, bisogna fare attenzione alla tassazione nel paese d’origine e alle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione.

Cosa cambia per i dividendi esteri?

Se si percepiscono dividendi da società estere, bisogna fare attenzione alla tassazione nel Paese d’origine e alle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione. Le normative internazionali possono avere un impatto significativo su quanto si paga effettivamente sui dividendi esteri, in particolare se si tratta di investimenti da Paesi con aliquote più alte. Per evitare che gli stessi dividendi vengano tassati sia nel Paese di origine che in Italia, esistono ad oggi (fortunatamente!) delle convenzioni fiscali bilaterali che permettono di ridurre o eliminare la doppia imposizione.

Caso tipico: dividendi da società USA

Un uomo seduto alla scrivania
La tassazione dei dividendi dipende dal soggetto di cui si sta parlando

Negli Stati Uniti, la tassazione dei dividendi per gli investitori stranieri è generalmente del 30% alla fonte, ma grazie alla convenzione attualmente esistente tra Italia e USA è possibile ridurla al 15% compilando correttamente il modulo W-8BEN.

Questi dividendi sono poi tassati in Italia con la ritenuta del 26%, ma si può eventualmente richiedere un credito d’imposta per quanto già versato all’estero (fino a un massimo dell’imposta italiana dovuta su quel reddito).

Esempio: su 1.000 dollari di dividendo USA, vengono trattenuti 150 dollari. In Italia si dovrebbero pagare 260 euro (26%), ma potrai dedurre parte di quanto già pagato negli USA, evitando di pagare due volte.

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