
Uno dei più grandi problemi che il nostro Paese è ancora oggi costretto ad affrontare è il lavoro in nero: basti pensare che secondo gli ultimi dati forniti dalla CGIL ad aprile del 2024 risultavano oltre 3 milioni di lavoratori italiani “invisibili”, impiegati senza un regolare contratto e pagati con denaro fuori busta paga. Le normative che oggi regolano il pagamento degli stipendi dovrebbero teoricamente garantire trasparenza e tracciabilità, riducendo così il rischio di evasione fiscale. Ci si potrebbe chiedere a questo punto se ricevere lo stipendio in contanti sia legale o meno: la risposta a questa domanda è meno semplice di quello che potreste pensare.
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Cosa prevede la normativa vigente sul pagamento degli stipendi

Il quadro normativo di riferimento da prendere in considerazione in questo caso è l’articolo 1, commi 910-913, della Legge n. 205/2017, che a partire dal 1 luglio del 2018 ha introdotto l’obbligo formale per i datori di lavoro di corrispondere ai loro sottoposti uno stipendio che fosse tracciabile tramite strumenti come il bonifico bancario, l’assegno o il pagamento elettronico.
Questo principio vale per tutti i settori e per tutti i rapporti di lavoro subordinato, e include anche collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) e contratti di apprendistato.
In linea molto generale, nel nostro Paese è vietato pagare lo stipendio dei lavoratori contanti, ma questo non significa che il principio valga in modo assoluto. Esistono infatti una serie di casistiche specifiche dove questa opzione può essere presa in considerazione. Per il resto, la legge chiarisce che i datori di lavoro devono utilizzare modalità che consentano la verifica dell’avvenuto pagamento, come bonifici su conti correnti intestati al lavoratore, assegni bancari o postali, o carte prepagate. L’obbligo si estende anche alle retribuzioni straordinarie e alle indennità.
Quando è ancora possibile ricevere il salario in contanti
Nonostante il divieto generale, esistono situazioni in cui il pagamento in contanti è ancora ammesso, ma solo in contesti strettamente regolati. Ad esempio, il pagamento in contanti è consentito:
- Per anticipazioni di cassa: i datori di lavoro possono erogare piccoli anticipi in contanti, a patto che l’importo venga poi regolarizzato tramite strumenti tracciabili nella busta paga successiva;
- Per rapporti di lavoro non subordinato: la normativa non si applica a rapporti di lavoro autonomo, come quelli dei liberi professionisti o partite IVA, dove il pagamento in contanti è possibile entro i limiti stabiliti dalla normativa antiriciclaggio (attualmente 5.000 euro per transazione, come previsto dal D.Lgs. 231/2007, aggiornato al 2025);
- Per enti pubblici o pagamenti effettuati tramite sportello bancario/postale: in alcuni casi, come per i dipendenti pubblici, il pagamento può avvenire in contanti presso sportelli autorizzati, ma solo se il lavoratore non dispone di un conto corrente.
Casi specifici: colf, badanti, agricoltura, microimprese
La normativa prevede in aggiunta alcune eccezioni per categorie specifiche, come lavoratori domestici (colf e badanti di persone anziane o a mobilità limitata), lavoratori agricoli stagionali e microimprese. Tuttavia, anche in questi casi, il pagamento in contanti è soggetto a precise restrizioni:
- Colf e badanti: per i lavoratori domestici, l’obbligo di tracciabilità si applica, ma il pagamento in contanti è tollerato solo se accompagnato da una ricevuta firmata che attesti l’avvenuto pagamento. Tuttavia, per evitare contestazioni, si raccomanda l’uso di strumenti tracciabili, come bonifici o assegni.
- Agricoltura: i lavoratori stagionali agricoli, spesso impiegati con contratti a termine, rientrano nell’obbligo di tracciabilità. Tuttavia, per importi inferiori a 1.000 euro mensili, il pagamento in contanti può essere accettato se documentato adeguatamente;
- Microimprese: le imprese con meno di 10 dipendenti possono, in casi del tutto eccezionali, utilizzare il contante per piccoli importi, ma solo previa registrazione e presentazione di apposita documentazione. Tuttavia, la prassi consigliata è sempre quella di utilizzare strumenti tracciabili per evitare problemi in caso di controlli.
Sanzioni per datori di lavoro non in regola
Attenzione perché il mancato rispetto della normativa vigente può creare non pochi problemi ai datori di lavoro.
Se violano l’obbligo di tracciabilità tali soggetti possono incorrere in sanzioni amministrative significative. Secondo la legge in vigore nel 2025, il pagamento in contanti non documentato comporta una multa che va da 1.000 a 5.000 euro per ogni violazione accertata. Le sanzioni sono applicate dall’Ispettorato del Lavoro, che può effettuare verifiche a seguito di segnalazioni o controlli a campione. Inoltre, il pagamento in contanti non tracciato può essere considerato un indicatore di lavoro nero, con conseguenti ulteriori sanzioni penali e amministrative, come il recupero delle somme evase e contributi previdenziali non versati.
Alternative legali: bonifico, assegno, prepagataPer rispettare la normativa, i datori di lavoro possono utilizzare diverse modalità di pagamento tracciabili:
- Bonifico bancario o postale: è il metodo più diffuso e garantisce la tracciabilità e la documentazione automatica del pagamento;
- Assegno bancario o circolare: adatto per chi non dispone di un conto corrente, ma richiede la consegna fisica del titolo;
- Carte prepagate: le carte prepagate intestate al lavoratore sono un’opzione valida, specialmente per lavoratori senza conto corrente (e si tratta di un’opzione piuttosto diffusa tra i più giovani;
- Pagamento tramite sportello: in casi eccezionali, il pagamento può essere effettuato presso sportelli bancari o postali, con rilascio di una ricevuta.
Modalità di pagamento ammesse per tipo di contratto
Riportiamo a questo punto, per maggiore chiarezza, una tabella dove riassumiamo tutte le varie modalità di pagamento ammesse per tipo di contratto.
Tipologia di contratto | Bonifico | Assegno | Contanti | Prepagata |
Tempo indeterminato | Sì | Sì | No | Sì |
Tempo determinato | Sì | Sì | No* | Sì |
Collaborazione (co.co.co.) | Sì | Sì | No | Sì |
Lavoro domestico | Sì | Sì | Sì** | Sì |
Lavoro agricolo stagionale | Sì | Sì | Sì** | Sì |
*Contanti ammessi solo per anticipi o importi minimi documentati.
**Contanti ammessi con ricevuta firmata o per piccoli importi.
Situazioni borderline e consigli pratici
Il quadro che abbiamo presentato fino a questo punto è piuttosto chiaro: nella stragrande maggioranza dei casi il contante come pagamento non è norma di legge. Quello che emerge, in ogni caso, è anche la presenza di alcune zone grigie. Qui sotto un breve riassunto di cosa consigliamo di fare negli scenari borderline:
- Mancanza di conto corrente: se il lavoratore non ha un conto corrente, il datore può proporre una carta prepagata o un assegno. In alternativa, può effettuare il pagamento presso uno sportello bancario/postale;
- Piccoli importi o anticipi: gli anticipi in contanti sono ammessi, ma devono essere regolarizzati con un pagamento tracciato nella busta paga successiva;
- Lavoratori stranieri: per i lavoratori senza IBAN italiano, il datore può fornire una carta prepagata o utilizzare servizi di pagamento internazionali conformi alla normativa;
- Consiglio pratico: i lavoratori devono sempre richiedere una busta paga chiara e verificare che il pagamento sia tracciato. In caso di dubbi, invitiamo a contattare un consulente del lavoro o un avvocato.
Cosa fare se ti propongono un pagamento in nero

Qui è necessario essere molto chiari: la pratica del pagamento in nero è non solo illegale ma anche rischiosa. Ecco cosa fare se si dovesse ricevere una proposta di lavoro senza un regolare contratto:
- Rifiutare l’offerta: spieghiamo al datore di lavoro che il pagamento in contanti non tracciato è illegale e può comportare sanzioni per entrambe le parti;
- Segnalare alle autorità: se il datore dovesse insistere, possiamo segnalare la situazione all’Ispettorato del Lavoro o all’Agenzia delle Entrate, anche in forma anonima.
- Documentare tutto: conserviamo copie di contratti, buste paga e qualsiasi comunicazione scritta per dimostrare la regolarità del rapporto di lavoro;
- Consultare un esperto: un consulente del lavoro o un avvocato potrà aiutarci a tutelare i nostri diritti e a ottenere quanto ci spetta legalmente.