Dopo l’ultimo incremento voluto dalla Bce agli inizi di maggio, il tasso sui depositi è balzato al 3,25% mentre il tasso di rifinanziamento principale ha raggiunto quota 3,75%. La conseguenza per chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile è che la rata avrà ancora un ritocco al rialzo, mentre per le aziende sarà ancora più complicato (e costoso) riuscire a finanziarsi attraverso il credito bancario.
Approfondimenti
Il monito della Lagarde alle imprese
Il presidente della Banca Centrale Europea, dopo i dati deludenti relativi alla cosiddetta inflazione sottostante, ha bacchettato le aziende che stanno approfittando dell’elevata inflazione per aumentare ancora di più i prezzi. La presidente della Bce ha anche “denunciato” le crescenti pressioni salariali nella zona euro dovute al fatto che i lavoratori, fomentati e spalleggiati anche dai sindacati, stanno cercando di recuperare parte del potere d’acquisto perso negli ultimi mesi a causa dell’inflazione, sottolineando anche come alcune aziende si stanno impegnando nel far lievitare i prezzi con grande “avidità”. “In alcuni settori – ha spiegato la Lagarde – le aziende sono state in grado di aumentare i propri margini di profitto grazie agli squilibri tra domanda e offerta e all’incertezza creata dall’inflazione elevata e volatile”.
Un rialzo meno aggressivo
Si tratta del settimo ritocco al rialzo consecutivo degli oneri finanziari nel blocco della moneta unica, arrivato dopo che mercoledì 3 maggio la Federal Reserve americana aveva alzato i tassi ai livello più alti degli ultimi 16 anni, nonostante le preoccupazioni per la peggiore crisi bancaria dal 2008. L’ultimo aumento deciso dalla Banca Centrale Europea, ha elevato il tasso sui depositi al 3,25%.
Tuttavia, va sottolineato come l’aumento sia stato inferiore rispetto ai rialzi di mezzo punto percentuale imposti dalla BCE nei mesi precedenti. Questo rallentamento potrebbe preludere ad una minore aggressività nei mesi a seguire, con rialzi non superiori al quarto di punto anche nel mese di giugno, mentre in estate piena i tassi potrebbero addirittura rimanere fermi.
L’impatto dell’aumento dei tassi sul credito e sulle aziende italiane
Inevitabilmente l’aumento dei tassi di interesse ha comportato un consequenziale incremento del costo del denaro. La stretta sul credito ha anche causato una riduzione delle emissioni delle carte di credito, come ha rivelato uno studio del Cetif, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica.
Sappiamo che le piccole e medie imprese utilizzano proprio questo strumento di credito alternativo, per onorare e fronteggiare le spese correnti, ma anche quelle straordinarie.
La stretta sulle nuove emissioni e sull’utilizzo di carte di credito da parte di famiglie e imprese, avrà impatti rilevanti già nella seconda parte del 2023. Ma se la stretta monetaria dovesse proseguire, potrebbero esserci conseguenze non indifferenti anche tra il 2024 e il 2025. Secondo il Cetif l’impatto sarà maggiore soprattutto sulle carte revolving, che sono connesse in maniera incisiva con l’andamento dei tassi di interesse.
Secondo il Cetif, l’aumento del costo della carta di credito finora è stato ammortizzato in qualche modo dagli enti creditizi e dai circuiti emittenti. Ma i prossimi rincari potrebbero ricadere direttamente sulle tasche di aziende e privati. Senza contare che già dai prossimi mesi gli analisti si attendono una contrazione marcata dei finanziamenti alle Pmi, con conseguenze rilevanti anche su investimenti, assunzioni e sviluppo di nuovi progetti. Tante aziende saranno costrette a dover rinviare assunzioni e a dover destinare ad altra data eventuali investimenti per aumentare il volume d’affari, a causa della mancanza di liquidità. E non sembra che la BCE voglia fermarsi. Lagarde ha ribadito come l’obiettivo finale è quello di tornare al 2% nel medio termine anche se verrà monitorata attentamente anche la forza dell’economia e l’impatto dei passati aumenti dei tassi.
Le regioni più colpite
Le regioni che maggiormente stanno patendo questo ritocco all’insù dei tassi di interesse sono quelle dove è più concentrata l’attività produttiva e dove sono ubicate quelle aziende, grandi, piccole e medie, che si avvalgono del sostegno degli istituti di credito. In primis la Lombardia, poi Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Secondo gli analisti, l’impatto del rialzo dei tassi potrebbe essere anche nell’ordine dei 15 miliardi di euro per maggior costo del credito, 2/3 dei quali graveranno proprio sulle aziende del Nord.