Nel panorama italiano, pochi nomi incarnano la trasformazione dello chef in imprenditore quanto Cannavacciuolo e Borghese. Entrambi sono figure di spicco della televisione e della ristorazione, ma dietro il successo mediatico si nascondono due modelli di business profondamente diversi. Da una parte c’è l’impero dell’alta cucina e dell’hospitality di Antonino Cannavacciuolo, dall’altra la struttura più snella ma fortemente mediacentrica di Alessandro Borghese. Analizzare i loro percorsi permette di capire come uno chef possa monetizzare la propria notorietà e quali strategie funzionano davvero in questo settore.
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Chef in TV: quando l’immagine diventa un asset
Prima di entrare nel dettaglio dei due modelli, è utile chiarire un concetto: in TV non si va per guadagnare, ma per aumentare il valore del brand. La presenza televisiva di Cannavacciuolo e Borghese – dalle grandi produzioni come MasterChef ai format proprietari – è ciò che consente di generare ricavi indiretti da ristoranti, eventi, consulenze, sponsorship e product placement.
Nel caso dei cuochi più celebri, la televisione funziona come una vetrina permanente: porta clienti, crea domanda, rende riconoscibili i loro progetti. Tuttavia, da sola non basta a sostenere aziende complesse: servono strategie imprenditoriali solide, differenziate e capaci di generare valore anche quando le luci delle telecamere si spengono.
Modello 1: Antonino Cannavacciuolo
Il business e il ruolo della TV
Il modello di Antonino Cannavacciuolo si fonda su un asset chiaro: l’alta ristorazione affiancata dall’hospitality di fascia alta. Villa Crespi, con tre stelle Michelin, è il cuore del suo universo imprenditoriale; attorno gravitano bistrot, resort, locali in posizioni strategiche e un sistema di servizi costruito su qualità, accessibilità crescente e coerenza identitaria.
Nel suo caso, la televisione è un acceleratore di notorietà: programmi come MasterChef o Cucine da Incubo alimentano la domanda e rafforzano un’immagine di autorevolezza che si traduce in valore percepito. Tuttavia, la base solida del business rimane la ristorazione.
Analisi del fatturato: Cannavacciuolo Group
Il modello di Cannavacciuolo è quello di un gruppo strutturato, con diverse società operative sotto un’unica gestione. Secondo dati pubblici disponibili, il suo giro d’affari complessivo supera i 20 milioni di euro annui, raggiungendo nel 2023 una soglia intorno ai 24 milioni. Non si tratta di “crescita esponenziale”, come talvolta si legge, ma di una crescita costante, anno dopo anno, con un portafoglio attività diversificato e maturo.
Il fatturato deriva principalmente da:
- ristoranti (il core business);
- attività ricettive;
- eventi e matrimoni;
- consulenze;
- prodotti a marchio.
Il “modello Cannavacciuolo” è quello di una struttura manageriale che cresce in modo organico, investendo in location, personale e qualità. La notorietà televisiva è importante, ma la solidità finanziaria nasce dai ristoranti e dall’hospitality.
Modello 2: Alessandro Borghese
Il business
Il percorso di Alessandro Borghese segue una logica completamente diversa. La sua azienda, AB Normal S.r.l., lavora soprattutto nel mondo della produzione di contenuti, format televisivi, food consulting, eventi e attività di brand promotion. In questo schema, la ristorazione – come nel caso del ristorante “Il Lusso della Semplicità” – è più una vetrina fisica della sua immagine che il vero cuore del fatturato.
Il baricentro del suo business è il personaggio televisivo. Borghese è uno dei volti più riconoscibili della cucina in TV, e questa presenza è ciò che alimenta le opportunità commerciali: partnership, campagne pubblicitarie, showcooking, apparizioni, licensing.
Analisi del fatturato: AB Normal S.r.l.
Qui è importante correggere un equivoco molto diffuso: il fatturato della società AB Normal non è paragonabile a quello del Cannavacciuolo Group. I dati pubblici relativi all’ultimo bilancio disponibile indicano un giro d’affari di circa 940 mila euro annui, con una perdita d’esercizio di poco superiore ai 10 mila euro.
Questo non significa che Borghese non abbia altri flussi economici legati all’immagine – diritti, partnership o attività personali – ma questi non risultano nei bilanci di AB Normal, o non in misura tale da aumentare significativamente il volume d’affari.
Il risultato è un modello molto diverso: più leggero, più dipendente dalla TV, più basato sulla persona che sull’infrastruttura aziendale.
Cannavacciuolo e Borghese: due modelli a confronto
Analizzando i due percorsi, emerge con chiarezza che Cannavacciuolo e Borghese rappresentano due strategie imprenditoriali quasi opposte.
- Cannavacciuolo basa il suo impero su asset fisici, strutture, ristoranti, ospitalità di lusso, investimenti corposi e un marchio che vive anche al di fuori della TV.
- Borghese costruisce ricavi attraverso media, format, consulenze e brand identity, con un’azienda più snella e meno esposta ai costi operativi, ma più vulnerabile rispetto ai cicli televisivi.
Il primo ha un modello imprenditoriale scalabile e tangibile; il secondo ha un modello basato sulla reputation e sulla presenza costante nel mondo dell’intrattenimento.
Entrambi funzionano, ma richiedono competenze, rischi e prospettive completamente diverse.
Tabella di confronto: Cannavacciuolo Group vs AB Normal
| Voce | Cannavacciuolo Group | AB Normal (Borghese) |
| Core Business | Alta ristorazione (ristoranti stellati, bistrot, hotel) | Media / TV / produzione format + ristorazione leggera come vetrina del brand |
| Fatturato stimato 2024 | ~ 24 M€ (dato 2023 come riferimento) | ~ 0,94 M€ (dato bilanci AB Normal, ultimo esercizio disponibile) |
| Fonte principale ricavi | Clienti dell’alta ristorazione, ospitalità, consulenze, prodotti a marchio | Contratti TV, sponsorizzazioni, diritti d’immagine, food consulting, eventi |
| Rischio del modello | Costi elevati per mantenere standard di lusso, dipendenza dalle location di alto livello | Dipendenza forte dalla popolarità mediatica, vulnerabilità ai cicli televisivi o al calo di interesse |
Chi vince? L’imprenditore “stellato” vs l’imprenditore “mediatico”
Nel dibattito su chi sia l’imprenditore più vincente tra Cannavacciuolo e Borghese, la risposta non è univoca, ma dipende dalla metrica utilizzata.
Antonino Cannavacciuolo è l’esempio dell’imprenditore che ha elevato il suo mestiere tradizionale a un impero, mantenendo salda l’ancora con l’eccellenza gastronomica. Il suo successo è la dimostrazione che l’alta qualità, se supportata da una forte immagine mediatica, può generare un business solido e duraturo, meno esposto alle mode passeggere della televisione. Il suo modello è capitale-intensivo e fondato sulla qualità del prodotto, un elemento che può garantire stabilità nel tempo.
Alessandro Borghese, al contrario, è il prototipo dell’imprenditore mediatico che ha trasformato sé stesso in un marchio multi-channel. La sua forza sta nella scalabilità e nella versatilità della sua immagine, che gli permette di generare ricavi consistenti attraverso canali diversi dalla ristorazione. Il suo business è più leggero in termini di investimenti iniziali in location e personale di alta cucina, ma è più esposto al rischio di calo di interesse del pubblico televisivo.
La vera vittoria sta nell’aver saputo adattare la propria notorietà a un modello di business economicamente sostenibile. Cannavacciuolo e Borghese hanno entrambi avuto successo, ma il primo ha costruito un palazzo su fondamenta di alta cucina, mentre il secondo ha eretto una moderna corporation sulle colonne portanti dei media. Entrambi offrono lezioni preziose su come monetizzare il talento e la fama nell’era digitale, dimostrando che nel mondo degli chef star, l’ingrediente segreto non è solo la ricetta, ma il business plan.