Con una mossa in extremis, a inizio giugno 2023 il Congresso americano ha accettato di imporre un tetto al debito USA, evitando così per un pelo il rischio di default e del relativo mancato pagamento per gli USA. Il Senato ha dunque approvato un disegno di legge già passato per la Camera dei Deputati in prima battuta e il cui testo permetterà agli Stati Uniti di onorare tutti i pagamenti previsti da qui al 2025. Parlando al Congresso, il presidente USA Joe Biden ha a proposito manifestato soddisfazione rispetto al traguardo raggiunto, nonostante sia ancora necessario mantenere alta l’attenzione per prepararsi ad eventuali tempeste future. La prudenza, insomma, non è mai troppa. Il politico dem ha a proposito commentato:
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L’accordo rappresenta un compromesso, il che significa che non tutti hanno ottenuto tutto ciò che volevano. […] Si tratta di una buona notizia per il popolo americano, perché evita quello che sarebbe potuto essere un default catastrofico, capace di portare a una recessione economica, a conti pensionistici devastati e alla perdita di milioni di posti di lavoro.
La conferma della bella notizia è giunta nella notte fra giovedì 1 e venerdì 2 giugno, mentre il termine ultimo per risolvere i problemi interni e scongiurare definitivamente la bancarotta sarebbe stato il lunedì successivo, il 5 giugno. In parole povere, gli Stati Uniti sono stati ad un passo dal baratro, letteralmente. Per fortuna, alla fine, si è riusciti ad arrivare ad un accordo tra Repubblicani e Democratici, altrimenti sarebbe stato il disastro. Sospiro di sollievo dunque per tutti gli investitori, e non solo, consapevoli che da questo momento in poi e fino alle prossime elezioni presidenziali e legislative l’importo massimo di indebitamento degli USA sarà fissato a 31.400 miliardi di dollari. Il primo possibile default nella storia statunitense, nel quale in tanti hanno a lungo temuto, è dunque per il momento relegato allo status di incubo del passato.
Tetto debito USA: le buone notizie e i rischi per i mercati finanziari
La notizia dissipa finalmente tutti i dubbi e i timori degli investitori a livello internazionale, preoccupati per un possibile fallimento USA che avrebbe potenzialmente pouto avere effetti catastrofici. Tra l’altro, all’accordo bipartisan raggiunto si è arrivati senza dover necessariamente imporre un’importante stretta fiscale che avrebbe potuto generare ulteriori inquietudini rispetto alla crescita. In un contesto in cui gli Stati Uniti sono in grado di pagare il loro debito gli investitori saranno, per esempio, più portati a scommettere in Titoli di Stato statunitensi.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Già, perché nonostante tutto il quadro fiscale degli USA non sembra comunque essere destinato a migliorare nel lungo termine. Stando ai dati riportati dal Fondo Monetario Internazionale, infatti, alla fine del 2022 il debito pubblico statunitense superava del 120% il PIL. Si tratta di dati importanti, perché fanno riferimento a cifre doppie rispetto a quelle della crisi finanziaria mondiale del 2007 e generalmente più aleo della maggior parte dei Paesi appartenenti alla Comunità Europea. Stando alle ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale, inoltre, il debito pubblico USA potrebbe raggiungere un valore superiore al PIL ancor più accentuato, per arrivare addirittura ad un +140% rispetto al Prodotto Interno Lordo USA. Se poi consideriamo il debito di pubblico possesso la situazione non migliora poi di molto. Giusto per fare un esempio e per semplificare ancor di più la questione, ci troviamo in questo momento in un periodo storico in cui il rapporto debito pubblico/PIL ha quasi raggiunto i livelli del secondo dopoguerra.
A rendere ancor più complesso l’attuale quadro USA c’è il fatto che i costi associati alle attività commerciali non collegate alle procedure operative corrispondono a poco più di un quarto delle spese federali (nel 2022 rappresentavano il 6,6% del PIL), mentre le spese sociali rappresentano solo il 3,6% del PIL, decisamente troppo poco perché si possa parlare di veri aggiustamenti fiscali. La spesa pubblica è per il resto rappresentata per gli altri tre quarti da spese obbligatorie (il 16,3% del PIL) legate essenzialmente al benessere delle persone (è il caso delle spese per l‘assistenza sanitaria, per esempio, che com’è noto degli USA è a pagamento).
In un simile contesto, risulta difficile pensare alla possibilità di efficaci aggiustamenti a livello di entrate e spese pubbliche, anche in considerazione del fatto che mai come ora la società USA è polarizzata e qualunque tipo di accordo tra le parti su questi temi risulta molto difficoltoso.
Il rischio di default USA come tattica
Va detto che il rischio concreto di fallimento degli Stati Uniti d’America era comunque considerato uno scenario piuttosto improbabile, motivo per il quale mercati e investitori sono rimasti tendenzialmente piuttosto calmi anche quando la situazione tra fine maggio e i primissimi giorni di giugno era evidentemente molto tesa. Proprio alla luce di quanto detto fino a questo punto, non è da escludere che in futuro gli USA utilizzino il default come minaccia utile a sbloccare un Congresso diviso. Scontato dire, in ogni caso, che applicando n approccio simile il Paese a stelle e strisce non farebbe una gran bella figura a livello internazionale.