Il Regno Unito potrebbe essere in recessione.
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Questo è quanto riporta il Fondo Monetario Internazionale (FMI) secondo cui nel 2023 ,
gli UK saranno probabilmente l’unica forza economica con un PIL in negativo dello -0,6%.
Le cause sono varie e differenti: l’inflazione al 10%, il rincaro energetico determinato dalla guerra e per finire il rialzo dei tassi di interesse.
Vanno poi considerati gli scioperi che stanno interessando circa mezzo milione di dipendenti pubblici.
Circa l‘85% delle scuole statali in Inghilterra e Galles risultano totalmente o parzialmente chiuse.
La protesta è contro l’immobilità dei salari che non permette di contrastare l’alta inflazione.
Le contestazioni stanno avvenendo anche nel settore dei trasporti, si prevede infatti un incremento dei disagi negli aeroporti causati dagli scioperi del personale.
Nonostante questa situazione di certo non ottimale e un’economia non da meno, la borsa londinese (FTSE100) rispetto allo scorso novembre è in rialzo del +16,1%.
Ci si domanda come sia possibile una controtendenza di questo genere.
La risposta sta nel fatto che gli indici principali della borsa sono costituiti per lo più da holding petrolifere, ad esempio Shell e BP. Queste ultime sono riuscite a moltiplicare il fatturato grazie della guerra in Ucraina e ai conseguenti e rincari energetici.
Oltre ai colossi petroliferi, molte banche e assicurazioni che rappresentano un’altra fetta importate dei titoli di borsa, risultano decisamente meno volatili rispetto ai quelli Big Tech.
Per non farsi mancar nulla, il Governo Britannico ha stabilito inoltre un aumento della tassazione e la riduzione delle spese con l’obiettivo di riemprire un buco di £55 miliardi formatosi nelle casse dello Stato.
Dopo questo anno nero, i pareri sul futuro economico della Gran Bretagna sono discordanti. Il FMI ha pronosticato una crescita del +0,9% nel 2024 al contrario di un’analisi governativa che si aspetta una diminuzione del -4% del PIL entro il 2026 causato della Brexit.