La lunga storia della questione araba e della guerra israelo palestinese si arricchisce, purtroppo, di un altro triste capitolo con la nuova escalation davanti alle porte dell’Europa, su una linea di faglia tra le più calde del pianeta. Le origini del conflitto sono storiche e vanno ben oltre l’attacco dello scorso 7 ottobre, in cui Hamas ha lanciato un’offensiva inaspettata che ha causato centinaia di morti, migliaia di feriti e un numero di ostaggi di cui non si ha ancora un’entità certa. Dietro non ci sono solo motivazioni religiose, etniche, o di territorio; lo scacchiere su cui le diverse parti si stanno muovendo richiama l’attenzione su questioni di controllo regionale e di confronto tra attori di più alte ambizioni. Facciamo dunque chiarezza sulle logiche e le ragioni dello scontro, per capire come ci si è arrivati e a quali possono essere gli scenari possibili, seguendo quanto tracciato dai maggiori esperti dell’argomento.
Approfondimenti
Cosa c’era prima dello Stato di Israele: storia di una questione mai affrontata
Le tensioni che hanno portato all’avvio della guerra israelo palestinese nascono nel 1917, quando il movimento sionista invita gli ebrei europei a trovare rifugio in Israele, a riparo dai fenomeni antisemiti sempre più frequenti. Nel periodo 1917-1920 i territori palestinesi passano di mano svariate volte, con Ottomani, Arabi e Inglesi che si scontrano con risultati alterni. Con la fine della Prima Guerra Mondiale arriva la disgregazione dell’impero ottomano e il controllo delle città palestinesi e dei territori limitrofi passa ai Britannici. Con la Dichiarazione Balfour proprio da parte del Mandato Britannico, gli ebrei europei trovano ufficialmente in Palestina una casa, ma con il rispetto delle comunità non ebraiche, che in quel momento costituivano il 90% della popolazione stanziale.
Con l’aumentare delle tensioni in Europa e con i regimi che portano alla Seconda Guerra Mondiale, sempre più ebrei si rifugiano in Palestina: è l’inizio delle tensioni religiose ed etniche, che sfociano nel primo conflitto del 1947-1949 e porta alla nascita dello Stato di Israele il 14 maggio 1948. Oltre 700 mila palestinesi si rifugiano in Egitto e la risoluzione ONU 181 crea di fatto lo stato di Israele, con cui si dà avvio alla questione palestinese, alle guerre della lega araba contro il vicino israeliano e a uno scontro tra popoli che si verifica tutt’oggi.
Al nocciolo dei conflitti ci sono questioni di confine e di appartenenza dei territori: e dunque una dopo l’altra si susseguono le operazioni militari e le sommosse popolari. La Guerra dei 6 giorni del 1967, la Prima e la Seconda Intifada, il conflitto dello Yom Kippur. Scontri intervallati da accordi e prove di risoluzione come quelli di Oslo e il Piano di disimpegno unilaterale israeliano. La Guerra israelo-palestinese, tuttavia, non si è mai fermata, anzi dal 2005, quando Hamas prende il controllo della Striscia di Gaza, le tensioni si sono acutizzate, con un gioco “al rialzo” e un costo in vite umane sempre maggiore.
Perché Israele è stata attaccata
Quali sono i diversi conflitti che hanno portato all’escalation della guerra oggi?
- 1917: Dichiarazione Balfour.
- 1920: Moti palestinesi del 1920.
- 1921: Moti di Giaffa.
- 1929: Massacro di Hebron del 1929.
- 1936 – 1939: Grande rivolta araba.
- 1947: Approvazione del piano di spartizione delle Nazioni Unite secondo il quale la Palestina sarebbe divisa in due stati: uno stato ebraico e uno arabo.
- 1947 – 1948: Guerra civile nel mandato della Palestina.
- 1948: Guerra arabo-israeliana, esodo palestinese e istituzione dello stato di Israele.
- 1948 – 1952: Creazione del problema dei Rifugiati palestinesi (-1951) e l’Esodo ebraico dai paesi arabi (1948-).
- 1956: Crisi di Suez.
- 1964 – 1967: Guerra dell’acqua.
- 1967: Guerra dei sei giorni – Israele occupa territori popolati da palestinesi dalla Giordania e dall’Egitto, innescando un nuovo esodo palestinese.
- 1968, – 1970: guerra di logoramento.
- 1970: Settembre nero in Giordania – l’espulsione dell’OLP dalla Giordania al Libano.
- 1972: Parte della delegazione israeliana viene assassinata alle Olimpiadi di Monaco da un gruppo terroristico palestinese.
- 1978: Operazione Leonte – Campagna militare israeliana che spinge le forze dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina a nord del fiume Leonte.
- 1982: Prima guerra del Libano – invasione israeliana del Libano per espellere le forze dell’OLP nel paese.
- 1987: Prima intifada, rivolta palestinese contro Israele nei territori palestinesi.
- 2000: Seconda intifada.
Cosa è successo dal 2000 in poi? Dal 2002 al 2006 sono seguite in successione una serie di operazioni difensive, che poi sono sfociate nella battaglia di Gaza del 2007. Una seconda escalation è avvenuta nel 2014, dopo l’omicidio di 3 adolescenti israeliani e l’assassinio di Mohammed Abu Khdeir. Questi eventi hanno poi portato alla guerra tra la Striscia di Gaza e Israele sempre nel 2014. Negli ultimi anni non sono mancate delle crisi, ma questi attacchi-lampo si sono sempre conclusi con un cessate il fuoco grazie alla mediazione egiziana o occidentale. Un copione ricorrente, dunque, che porta a chiedersi quali interessi vengano messi a nudo ogni qual volta le due fazioni ricorrono alla violenza.
Proprio lo scontro odierno si innesta in una convergenza di due importanti anniversari: i 50 anni dalla guerra dello Yom Kippur del 1973 e i 30 anni dagli Accordi di Oslo, i primi in cui si è parlato di due Stati indipendenti, Palestinese e Israeliano.
Convergenza tutt’altro che casuale, specialmente per chi ha preso parte a quegli scontri e agli attori che da accordi passati e futuri ha più da perderci. E sugli accordi futuri che si hanno le frizioni più importanti, come le tensioni legate agli Accordi di Abramo del 2020 e l’avvicinamento tra Arabia Saudita e Israele con la regia degli Stati Uniti.
Cause geopolitiche
In questo innesco geopolitico, il vero attore protagonista ovviamente è l’Iran. La nazione persiana, retta da un regime sciita, è al centro delle linee di tensione tra Occidente e paesi BRICS, ma soprattutto rivendica le sue ambizioni come guida del Medioriente. Già nel conflitto in Ucraina, l’Iran starebbe aiutando Putin e il fronte russo, fornendo droni, tecnologie e approvviggionamenti militari. Non sorprende dunque che molti esperti e diverse testate nazionali, paventino una regia Iraniana, nell’attacco palestinese.
Secondo Il Fatto Quotidiano proprio l’Iran avrebbe un ruolo nell’istigare e supportare logisticamente la nuova offensiva di Hamas. È un fatto che questa volta vi è stato un cambio di strategia da parte dei miliziani, passati da un attacco mordi e fuggi, ad un tentativo di occupazione dei kibbutz vicini alla striscia. Il gran numero di ostaggi risponde ad un esigenza di destabilizzazione dell’avversario, di portare ad uno stallo militare su cui poi avanzare richieste e indebolire la posizione geopolitica di Israele. Degradare l’attività israeliana è funzionale proprio al progetto Iraniano che vede nella distensione tra il paese di David e l’Arabia Saudita una forte minaccia alla leadership dell’area.
Accordi di Abramo
Secondo gli addetti ai lavori, il problema principale degli accordi pregressi – inclusi gli Accordi di Abramo – sarebbe che lo Stato Palestinese si sentirebbe scavalcato in qualche modo, perché Israele gestirebbe le questioni estere solo con i Paesi arabi vicini e interessati a nuovi rapporti con l’Occidente, non riconoscendo l’autorità di Gaza. Cosa dicono questi ultimi accordi? Firmati da Israele, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, sono dichiarazioni congiunte tese alla normalizzazione dei rapporti con Israele, all’incremento degli interscambi commerciali e alla ripartizione delle sfere di influenza reciproche.
Ed ecco dunque che dietro la facciata palestinese, riappare prepotentemente l’Iran. Il nemico del mio nemico è mio amico; proprio l’avvicinamento tra Sa’ud e Sionisti è la concretizzazione di questa constatazione, che porta la potenza iranica con l’acqua alla gola, catapultata come sarebbe in uno scenario dove sia ad ovest che a sud della mezzaluna araba, si avrebbe un fronte unico pronto a stroncare le influenze sciite di Teheran.
Il quadro di interessi e azioni viene allo scoperto. Un quadro quanto mai conosciuto che porta il nome di proxy war.
Iran e Hamas
Anche se al momento non ci sono prove di un coinvolgimento diretto dell’Iran nell’ultimo attacco a Israele da parte delle forze palestinesi, il portavoce dell’Ayatollah ha espresso la propria solidarietà nei confronti dei combattenti della striscia. La dissonanza con il resto della comunità internazionale e la presa di posizione così netta, sono la riprova di uno schema ben preciso, che ha come perimetro il blocco del fronte israelo-saudita e il monito per gli Stati Uniti.
L’influenza americana, infatti, resta il maggior problema per i persiani. Teheran vede in Israele un avamposto statunitense nel proprio territorio di influenza. Una minaccia diretta al proprio modello culturale ed economico, una spina nel fianco per qualsiasi velleità di espansione.
Arabia Saudita e la guerra per procura
Sul secondo versante vi sono i Sa’ud: Iran e Arabia Saudita hanno una rivalità definita “storica” dagli analisti. La maggioranza sciita presente in Iran influenza le scelte dei Paesi arabi, influenza alla quale l’Arabia Saudita, di fede sunnita, ambisce da tempo. Con le sempre crescenti tensioni con gli USA, l’Iran ha perso in parte questa sfera di influenza e l’Arabia Saudita ne avrebbe approfittato, diventando di fatto l’interlocutore principale dell’Occidente nell’area.
L’Arabia Saudita non può però mostrarsi direttamente amico dell’Occidente e cerca di mantenere la propria posizione attraverso comunicazione, attività diplomatiche e lo scontro con il vicino Iranico. È proprio in questo contesto che, accanto alla guerra israelo palestinese, si svolge da tempo una contesa parallela, “per procura“, tra i due Paesi Arabi. Ne è un esempio il conflitto in Yemen e il sostegno di Riad e Teheran per le diverse parti in guerra.
Con le pedine sul campo, la pioggia di dichiarazioni e la “nebbia” della diplomazia, si ha una sola certezza, chi sono gli sconfitti. A perdere questo “Risiko” delle influenze sono le popolazioni, le persone. Sconfitti siamo tutti noi, oramai abituati a leggere e guardare le scie di razzi e raid aerei. Perdenti siamo noi che non sappiamo più turbarci davanti alle notizie di kamikaze, nei mercati e nelle piazze. Siamo schiacciati tutti dall’idea che pace e normalità siano aliene ai luoghi più santi delle religioni umane, che la “terra che fu promessa” sia solo questo, una parola privata di speranza.