Gli ultimi dati riportati da Ministero dell’Istruzione, dall’ISTAT e dai test ’INVALSI dipingono un quadro quantomani desolante relativo ai fenomeni di povertà educativa e di dispersione scolastica in Italia. La situazione è senza ombra di dubbio molto preoccupante e ci dovrebbe portare a fare delle riflessioni profonde sul nostro sistema educativo, sulla formazione degli insegnanti e sull’accesso scolastico in diverse Regioni italiane. Vediamo dunque insieme cosa dicono i più recenti report sulla situazione generale italiana e perché ci dovrebbero spaventare.
Approfondimenti
Cosa sono la dispersione scolastica e la povertà educativa
Vediamo innanzitutto con che tipo di fenomeno stiamo avendo a che fare. Da un lato c’è la dispersione scolastica, vale a dire un percorso scolastico incompleto o irregolare da parte dei ragazzi e delle ragazze in età scolare. Questo problema include al suo interno anche l’abbandono scolastico, l’assenteismo, la ripetenza o l’accumulo di lacune di vario genere. Le conseguenze sono molto serie e includono:
- La disoccupazione e i salari bassi: gli studenti che abbandonano prematuramente la scuola hanno maggiori probabilità di affrontare la disoccupazione o lavori a basso reddito. Questo può portare a una qualità di vita inferiore e alla dipendenza dai sistemi di assistenza sociale.
- La criminalità: gli individui che lasciano la scuola hanno maggiori probabilità di coinvolgimento in attività criminali o antisociali, aumentando i tassi di criminalità nelle comunità.
- La salute precaria: la dispersione scolastica è spesso associata a comportamenti a rischio per la salute, come il consumo di droghe e l’abuso di alcol. Questi comportamenti possono avere un impatto negativo sulla salute fisica e mentale di ragazzi e ragazze.
- La mancante opportunità di crescita personale: gli studenti che abbandonano la scuola possono perdere l’opportunità di sviluppare abilità, conoscenze e competenze necessarie per il successo nella vita adulta.
- I costi economici: la dispersione scolastica può avere costi sociali ed economici significativi per la società, tra cui una minore produttività economica e una maggiore dipendenza dai servizi pubblici.
La povertà educativa è definita da Save the Children come “la privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. Questo secondo fenomeno è altrettanto problematico perché può generare a sua volta disparità economiche, carenza di competenze, difficoltà nell’accesso all’istruzione secondaria e, in ultima istanza, svantaggi da un punto di vista finanziario.
Gli ultimi dati sulla scuola italiana
I numeri italiani sugli attuali livelli di dispersione scolastica sono tra i più alti in Europa: con il suo 12,7% l’Italia è dietro soltanto alla Romania (15,3%) e alla Spagna (13,3%). Si tratta di un risultato davvero molto deludente e soprattutto parecchio distante dall’ideale 9% che l’UE si augura che l’Italia possa raggiungere entro il 2030. Molto alta è inoltre la percentuale di NEET (gli individui tra i 15 e i 19 anni che non studiano né cercano lavoro) che nel nostro Paese si attesta attualmente al 23,1%, mentre la media della Comunità Europea è al 13,1%. Il dato risulta ancora più allarmante se prendiamo in considerazione alcune Regioni in particolare come la Campania, la Sicilia o la Puglia, dove questi NEET hanno superato persino i coetanei che lavorano. Gli analisti hanno inoltre evidenziato che il fenomeno della dispersione scolastica si presenta soprattutto:
- Nel caso degli studenti tra i 14 e i 15 anni
- Tra gli alunni di sesso maschile
- Tra gli studenti delle regioni del Meridione (in testa troviamo Molise, Campania, Sicilia, Puglia e Calabria)
- Tra gli alunni stranieri nati all’estero (per i quali, evidentemente, l’integrazione è più complessa)
- Tra gli alunni che effettuano il delicato passaggio da medie a superiori
- Tra gli studenti di alcuni istituti nello specifico: la dispersione scolastica si presenta più raramente nei licei (1,8%) e più spesso negli istituti professionali (7,7%)
Anche i recenti test INVALSI presentano un panorama inquietante: la percentuale di studenti italiani che non raggiunge la basilare comprensione di un testo è aumentata di ben 5 punti percentuali negli ultimi 5 anni, passando dal 34% del 2018 al 39% del 2022. Va male anche per quanto riguarda la matematica, dove gli studenti che hanno dimostrato rendimenti del tutto insufficienti sono passati dal 39% al 44%.
I risultati appaiono ancor più impressionanti se si vanno ad analizzare le differenze regionali: tra Nord e Sud Italia, infatti, gli INVALSI hanno evidenziato un gap di ben dieci punti percentuali.
Dispersione scolastica e PIL
Da qualche tempo il nostro Paese sembra essere sull’orlo della recessione economica: a dirlo sono gli ultimi dati dell’ISTAT, che parlano di un Prodotto Interno Lordo in Calo nel secondo trimestre del 2023. Ebbeme il fenomeno della dispersione scolastica ha un evidente impatto, oltre che sulla salute psicofisica degli studenti, anche sull’economia italiana nel complesso. Azzerare questo problema potrebbe dunque avere un impatto molto positivo sul PIL, compreso tra un minimo dell’1,4% ed un massimo del 6,8%.
È importante ricordare, infatti, che tutti gli investimenti nell’istruzione sono poi destinati a tornare grazie ai livelli di produttività e al talento di chi si è formato adeguatamente. Non dobbiamo inoltre dimenticare che chi ha studiato sarà in grado non soltanto di utilizzare le nuove tecnologie ma sarà al contempo capace di sviluppare importanti innovazioni fondamentali per la crescita di un Paese.