Troppo spesso è stato rinvenuto negli articoli di cronaca il reato commesso per opera di una turbativa d’asta. La Cassazione, con l’ex articolo 353 ha precisato di riferire il reato della turbativa d’asta “a chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni provate per conto di Pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti” e, di conseguenza, “è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da Euro 103 a Euro 1.032”.
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Ma, nel dettaglio, cosa s’intende per turbativa d’asta? Sono certamente coinvolti tutti coloro i quali intervengono attivamente e passivamente alla turbativa, alterandone il leale andamento e ponendosi contro la Pubblica Amministrazione; sono infatti menzionabili anche le aste immobiliari, sia di tipo esecutivo che fallimentare.
Il reato è stato introdotto poiché, con le turbative, vengono oscurati i principi di trasparenza e correttezza per i quali le aste dovrebbero essere svolte, come per esempio in materia di gare d’appalto per gli enti pubblici o di mezzi fraudolenti applicabili sui pignoramenti degli immobili all’asta.
Recenti notizie sulle indagini giudiziarie hanno fatto emergere una preoccupazione sempre più importante da parte del Legislatore da associare alla corruzione e alla concussione per i crimini rivolti alle turbative d’asta: il numero fittizio dei reati che riguarda questo fenomeno deve essere in qualche modo legato anche alle presunte modalità con cui vengono alterati gli esisti delle gare. Infatti, a titolo meramente esemplificativo, si può fare riferimento a come gli imprenditori scelgano di accordarsi, predeterminando il risultato della gara con mezzi fraudolenti, e partecipando in modo illegittimo a una determinata vendita dopo aver deciso in maniera occultata il prezzo dell’offerta.