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Efficientamento energetico: la nuova direttiva europea

Abitazione che sfrutta l'efficientamento energetico

La direttiva europea efficientamento energetico ha lasciato perplessi i cittadini italiani per via dell’adeguamento degli edifici ai nuovi consumi energetici in tempi considerati troppo brevi. Cos’è davvero questa normativa, cosa dice e quali sono gli obblighi che scattano per i proprietari di appartamenti che hanno una bassa efficienza energetica e alti consumi? Scoprilo in questa guida per tutelare il tuo investimento immobiliare e non solo.

Direttiva Europea Efficientamento Energetico: quando è obbligatorio

Direttiva Europea Efficientamento Energetico: quando è obbligatorio
Impianto fotovoltaico al tramonto

Il conflitto in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno spinto l’Unione Europea a cercare soluzioni che avessero un impatto energetico basso, per poter affrontare meglio eventuale carenze di fonti fossili per i consumi dei Paesi membri. La crescente sensibilità anche alle tematiche ambientali e i benefici dell’efficientamento energetico (come una maggiore autonomia energetica) ha portato l’UE a mettere nero su bianco un impegno concreto. Il risultato è stata la direttiva europea efficientamento energetico, pubblicata nei dettagli sul sito dell’UE.

La direttiva, partita in tempi non sospetti nel 2010 e modificata nel 2018, prevede che i singoli Paesi membri abbiano un patrimonio immobiliare ad alta efficienza energetica entro il 2050. In più, la direttiva prevede la decarbonizzazione delle attività produttive. Il 15 dicembre 2021 l’obiettivo diventa perentorio, con la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE del 55 % e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Nel 2022, in seguito alla guerra, la direttiva cambia ancora, questa volta per venire incontro alle esigenze del piano REPowerEU.

La normativa inizia così a definire nei dettagli la classificazione della prestazione energetica e la cosiddetta “Ondata di ristrutturazioni”. I tempi si fanno più stretti: gli immobili dei Paesi membri (Italia inclusa) devono passare alla classe E entro il 2030 e alla classe D entro il 2033. Altrimenti, non solo si andrà contro alla direttiva europea, ma sarà impossibile procedere con successioni, cessioni, o vendite delle proprietà. In Italia la situazione non è delle migliori, dato che gran parte degli edifici è stato costruito tra gli anni Trenta e gli anni Settanta, quando non c’era ancora la cultura dell’efficientamento energetico.

La normativa definisce anche l’obbligo di indicare la classificazione energetica per gli immobili in caso di passaggi di proprietà, contratti di locazione o controlli da parte delle Autorità. Interessati alla direttiva sono gli edifici indicati di classe G o F, che dovrebbero passare alla classe E e a seguire alla classe D con lavori sugli impianti. Per sapere se rientri nell’obbligo, verifica i documenti relativi all’immobile o agli immobili su cui investi o sei proprietario. Chiedi anche informazioni al tuo commercialista per capire se hai diritto ai bonus edilizi previsti dalla normativa vigente.

La normativa è stata resa meno stringente, anche perché prima di essere effettiva deve essere recepita dai Paesi membri con leggi nazionali. Per l’Italia:

  • gli edifici storici;
  • le chiese;
  • le seconde case abitate solo 4 mesi all’anno;
  • gli appartamenti con una metratura inferiore ai 50 metri quadri;

non comportano l’obbligo. Il governo Meloni si è dichiarato contrario al provvedimento e ha lasciato la cessione dei crediti (seppur in una percentuale più bassa rispetto al passato) per consentire ai proprietari e agli investitori immobiliari di procedere con i lavori di ristrutturazione dove risultassero obbligatorie.

Quali lavori rientrano nella direttiva europea efficientamento energetico

Quali lavori rientrano nella direttiva europea efficientamento energetico
Infrastruttura di trasmissione elettrica

Stando alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, gli interventi che sono validi per richiedere eventuali detrazioni fiscali sono:

  • quelli necessari per ridurre i consumi per il riscaldamento (nuovi impianti, modifiche di impianti, sistemi di coibentazione);
  • quelli che servono per l’isolamento termico (cappotti, coperture, interventi sugli infissi, ecc.);
  • per l’installazione di pannelli fotovoltaici;
  • per il cambio caldaia, sostituita da un impianto geotermico o altro impianto a energia rinnovabile per riscaldamento;
  • per sostituzione di scaldacqua o boiler con soluzioni a basso impatto energetico;

oltre a questo anche la manodopera e i materiali per i lavori rientrano nelle detrazioni previste dalla normativa vigente. Quali sono i documenti richiesti? Preventivi, bonifici parlanti, bolle di accompagnamento e fatture possono essere utilizzati per richiedere la detrazione in sede di dichiarazione dei redditi. Al momento il massimo della detrazione prevista è del 65% con utilizzo dello strumento normativo Ecobonus.

Questa percentuale di detrazione sarà valida anche nel 2024 e si potrà riferire anche a impianti di climatizzazione cambiati durante gli interventi di ristrutturazione. Infatti, i nuovi sistemi sono pensati nell’ottica del risparmio energetico e la documentazione allegata nei nuovi impianti fornisce la certificazione dell’effettivo risparmio energetico. Chi può chiedere la detrazione?

  • persone fisiche;
  • associazioni di professionisti;
  • enti pubblici e privati che non hanno finalità commerciali (come le no-profit);
  • contribuenti che rientrano nei titolari dei redditi d’impresa, come persone fisiche, società di persone, società di capitali.

Può accedere alla detrazione anche un coniuge, un parente fino al terzo grado e un affine fino al secondo grado che convive con la persona proprietaria dell’immobile, oppure un convivente more uxorio.