L’UE, soprattutto dopo l’inizio del conflitto tra Ucraina e Russa, è stata sottoposta a un’enorme pressione per contenere l’aumento esponenziale del prezzo del gas naturale importato e per contenere, in generale, i costi energetici. L’occasione per realizzare ottimi fatturati è stata molto propizia soprattutto per le aziende europee che vendono gas statunitense a buon mercato.
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Il gas naturale liquefatto (GNL) caricato sulle navi cisterna nei porti statunitensi costa quasi quattro volte di più quello prodotto nell’altra parte dell’Atlantico. La Commissione europea è stata sottoposta a forti pressioni per delineare l’applicazione di un tetto al prezzo del gas, ma alcuni paesi, guidati dalla Germania, hanno cercato di ostacolare questa strategia, temendo che avrebbe indotto molte aziende a vendere altrove il proprio gas.
Nonostante ciò, con grande fatica, nel mese di dicembre del 2022 i paesi dell’Ue sono riusciti a trovare un accordo sul price cap. entrato in vigore il 15 febbraio 2023. La misura prevede l’applicazione di un tetto massimo solo quando i prezzi del gas superano la soglia di 180 euro/megawattora per tre giorni consecutivi. L’accordo prevede anche che, negli stessi tre giorni, il prezzo del gas naturale a livello globale non deve superare di 35 euro il prezzo contrattato nel mese precedente al Tft di Amsterdam.
Il price cap non ha frenato il business del gas americano
Gran parte del business del Gnl americano è nelle mani delle aziende europee. Si stima che il 90% di tutto il gas che viene prodotto viene venduto a terzi e la maggior parte dei clienti sono grandi aziende europee come Enel, Endesas, Naturgys, Centricas ed Engies. Cheniere Energy, uno dei grandi player americani nel mercato del Gnl, ha esportato nel 2022 gran parte del proprio gas in Europa (circa il 70%).
Le aziende che rivendono Gnl americano in Europa hanno potuto registrare, nello scorso inverno, un grosso margine di guadagno anche a causa dei timori di una eventuale carenza di scorte di gas.
I timori che il price cap avrebbe potuto indurre i grandi produttori americani a vendere altrove il proprio gas, sono stati fugati dai fatti. Gli affari tra i produttori americani e le aziende europee non hanno incontrato resistenze o ostacoli di sorta, generando un volume d’affari importante.
Nel 2023, Il Gnl americano ha sostituito metà delle forniture di Gazprom, mentre il petrolio made in Usa ha fatto affari d’oro, esportando gas in Europa tramite navi giganti che un tempo si dirigevano verso i paesi asiatici e che adesso prendono la rotta del Vecchio Continente. Ma l’aiuto di Washington è costato all’Ue cifre da capogiro, aumentando l’influenza politica ed economica da parte del paese a stelle e strisce sul nostro continente. La guerra in Ucraina, di fatto, ha spezzato il cordone che legava Russia ed Europa dal punto di vista energetico.
La guerra in Ucraina ha stravolto il mercato energetico, modificando le rotte e i prezzi. Alcuni produttori come Freeport hanno visto lievitare i propri fatturati da quando è iniziata la guerra in Ucraina. Se prima il 70% del gas prodotto veniva venduto in Asia, adesso quasi il 65% viene venduto in Europa. L’impianto di Freeport è tornato attivo dopo sei mesi di stop per via di un incidente che si verificò l’ 8 giugno.
Le partnership con aziende italiane
Negli ultimi mesi si sono consolidate anche le partnership tra alcune aziende strategiche italiane e americane. La Snam è entrata saldamente in affari con Cheniere Energy. Insieme, le due aziende stanno cercando di entrare nel mercato balcanico sfruttando gli impianti di Gnl già esistenti. Anche Intesa Sanpaolo ha sborsato circa 2,1 miliardi di dollari per finanziare le aziende del settore che gestiscono i terminal Gnl presenti sulla Costa del Golfo, per foraggiare un mercato dalle grandi prospettive e in via di espansione. Un miliardo di dollari sono stati appannaggio di Cheniere Energy che detiene circa la metà del volume di affari totale.
Tra il 1° marzo e il 31 ottobre 2022, si è registrata l’impennata maggiore di importazioni di GNL statunitense da parte dell’UE. Inizialmente la Francia è stato il paese che ha importato il maggior volume di GNL americano. Successivamente, a fare incetta di gas liquido a stelle e strisce, sono state l’Italia, la Spagna, la Grecia, la Croazia, la Polonia, il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Germania. Per l’Ue, rifornirsi di gas americano ha avuto un costo notevole, molto al di sopra di quello pagato a Gazprom.
Quanto ci costa il gas americano?
Anche se nel mese di settembre 2022, il gas americano ha registrato una forte flessione di quasi 13 punti percentuali rispetto ad agosto, il prezzo al megawattora è stato di circa 155 dollari, oltre 33 euro in più di quello del Qatar. In Italia l’impatto è stato importante dal punto di vista economico ma meno di altri paesi dell’Ue, soprattutto perchè il primo fornitore di gas resta il Qatar. L’Italia, nei primi nove mesi del 2022, ha importato dal Qatar ben 47,8 milioni di MWh, pari in media a 5,3 milioni al mese. Un dato che evidenzia un calo del 10% rispetto allo stesso periodo del 2021, ma che resta comunque ben solido.