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Quando e come dichiarare le cryptovalute: guida aggiornata 2024 per non rischiare sanzioni

Tre cryptovalute

Negli ultimi anni si è iniziato a parlare molto, online e offline, del fenomeno delle cryptovalute, un’opportunità alternativa di guadagno che ha permesso ai più esperti di arricchirsi attraverso questo tipo di investimento innovativo. Quella che in molti hanno definito come una vera e propria rivoluzione finanziara, indubbiamente interessante per molti versi, presenta in ogni caso anche alcune criticità e degli aspetti che non andrebbero in alcun modo sottovalutati. Trattandosi di una fonte di reddito a tutti gli effetti, infatti, si tratta di un’opzione che nel nostro Paese va debitamente dichiarata per non rischiare di incappare in sanzioni anche piuttosto salate da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ecco dunque tutto quello che è necessario sapere nel merito della questione.

Cosa sono le criptovalute

L'Agenzia delle Entrate ha delle nuove regole molto precise per la dichiarazione delle cryptovalute: ecco cosa devi sapere a riguardo.
Rappresentazione del mercato delle crypto

Partiamo dalle basi: le criptovalute (o cryptovalute, a volte chiamate semplicemente crypto) sono come suggerisce il nome un particolare tipo di valuta “nascosta”, nel senso che per avere accesso alle sue informazioni e per utilizzarle è necessario essere in possesso di un codice di accesso. Non esistono dunque in una forma fisica come le monete e le banconote, ma sono limitate esclusivamente all’ambito online. Non c’è dubbio rispetto al fatto che la più nota forma di cryptovaluta attualmente in circolazione sia il Bitcoin.

Si tratta com’è ovvio di uno strumento molto innovativo e di recente invenzione, e proprio per questo, forse più di altri, può essere difficile da inquadrare da un punto di vista normativo e fiscale. Ad ogni modo, dopo un vuoto normativo durato diversi anni, all’interno della Legge di Bilancio 2023 è stata finalmente fatta una maggior chiarezza nel merito della questione.

Caratteristiche delle cryptovalute

Ci sono due elementi essenziali da considerare quando parliamo di crypto: innanzitutto, non sono fisiche ma digitali, create, memorizzate e utilizzate su dispositivi elettronici come smartphone, dove vengono conservate in “portafogli elettronici” (noti come wallet, protetti da password). Ciò consente ai proprietari, che possiedono le credenziali necessarie, di accedervi e trasferirle liberamente in qualsiasi momento, senza bisogno di intermediari. In secondo luogo, i bitcoin sono generati e operano attraverso codici crittografici e complessi calcoli algoritmici: essi vengono creati con un particolare processo chiamato mining (che significa “estrazione”), e coloro che sviluppano e gestiscono questi algoritmi sono noti come miner.

Crypto come redditi diversi

Attraverso la circolare 72/E 2016, l’AdE ha chiarito come le crypto siano in tutto e per tutto assimilabili alle valute estere ed essendo strumenti finanziari capaci di generare reddito diverso sono sottoposte a tassazione come indicato anche nell’articolo 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Anche se in un anno fiscale non sono stati generati redditi tramite criptovalute sarà comunque necessario compilare la dichiarazione dei redditi utilizzando il modello Redditi Persone Fisiche per fini di controllo fiscale. All’interno del quadro RW della dichiarazione sarà dunque necessario dichiarare il costo in euro delle criptovalute acquistate e il loro valore alla fine dell’anno. Per fare ciò bisognerà ricevere una certificazione dall’intermediario presso cui è custodito il proprio wallet.

In parallelo, nel quadro Quadro RT bisognerà indicare i redditi e gli strumenti finanziari come azioni, obbligazioni e criptovalute che hanno generato profitti soggetti all‘imposta del 26%.

La regolarizzazione per l’Agenzia delle Entrate

Di recente (a febbraio del 2024) l’Ade ha precisato la sua posizione riguardo alla regolarizzazione dei guadagni legati alle crypto raccolti fino alla fine del 2021.

La procedura di regolarizzazione di tale attività è stata inquadrata nello specifico dall’articolo 5 del DPR n. 917/1986, che ha fornito indicazioni precise a tutti i residenti in Italia in possesso di cripto-attività entro il 31 dicembre del 2021. La regolarizzazione è stata dunque concessa proprio per i periodi d’imposta fino al 2021 per i quali non sono ancora scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione delle violazioni degli obblighi di dichiarazione e delle imposte sui redditi e relative addizionali.

La procedura è stata approvata dal direttore dell’AdE in data 7 agosto del 2023 e prevede:

  1. La presentazione volontaria, consapevole e autonoma dell’istanza di regolarizzazione da parte del richiedente;
  2. Il pagamento di una sanzione per la mancata osservanza degli obblighi di monitoraggio fiscale (omessa dichiarazione come indicato nell’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990) pari allo 0,5% del valore delle criptovalute non dichiarate per ogni anno;
  3. Il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle eventuali addizionali, pari al 3,5% del valore delle cryptoattività, ivi comprese le cryptovalute, a cui si riferiscono i redditi non dichiarati.

I soggetti interessati hanno avuto come termine ultimo per la presentazione dell’istanza e il versamento delle relative somme il 30 novembre 2023.

Per le crypto serve partita Iva?

Ecco tutto quello che devi sapere riguardo alla tua posizione fiscale se decidi di investire in cryptovalute.
Alcune banconote e tre bitcoin

Non è strettamente necessario aprire partiva Iva se si investe in crypto, poiché si tratta di un investimento in moneta estera. Diverso invece è il discorso se si fosse o si volesse diventare un consulente in materia: in questo scenario, trattandosi di un’attività organizzata e continuativa, l’apertura di partita Iva è obbligatoria per legge. Il codice ATECO di riferimento per questa seconda attività lavorativa da libero professionista è il 70.22.09.

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