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Quanto vengono pagati i permessi non goduti: una panoramica sui tuoi diritti finanziari

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La legge italiana vieta espressamente al datore di lavoro di liquidare con una indennità le ferie non godute dai dipendenti. Questo divieto è stato introdotto appositamente per garantire che ogni lavoratore possa godere di un numero certo e definito di ore o di giorni d’assenza giustificata dal lavoro e che tali ore siano comunque retribuite, per consentire di dedicarsi alla vita privata o sociale, andare in vacanza e recuperare le energie psicofisiche. 

Si tratta di un divieto assoluto che ammette rare eccezioni solo in determinati e tassativi casi. Ad esempio, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, l’ex dipendente non potrà più svolgere l’attività lavorativa. In questo caso, se ha maturato dei giorni di ferie non goduti, questi devono essere liquidati nell’ultima busta paga. 

I permessi retribuiti

Oltre al caso di assenza per le ferie, i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) permettono ai dipendenti di assentarsi dal proprio lavoro per determinati scopi. Questi permessi possono essere accordati dal datore di lavoro al fine di ridurre l’impegno lavorativo dei dipendenti (detti anche ROL) o a garantire ore di assenza per sostituire quelle ore non godute in quelle festività che sono state abolite per legge. 

I permessi vanno ben distinti dalle ferie perchè vengono riconosciuti per ragioni differenti. I contratti collettivi prevedono, come scritto in precedenza,  la fruizione dei permessi entro una determinata scadenza. Se tali permessi non vengono fruiti, allora devono essere liquidati

Un esempio classico è quello del CCNL Commercio e terziario – Confcommercio che riconosce “blocchi” di 4 o 8 ore di permesso individuale retribuito che vanno a sostituire le quattro festività abolite per legge (i permessi ex-festività). Lo stesso contratto prevede proprio il riconoscimento dei permessi Rol, che si sostanziano in 56 ore annue di permessi per le aziende fino a 15 dipendenti, che diventano 72 ore per le aziende con un numero di dipendenti superiore a 15, a titolo di permessi per riduzione dell’orario di lavoro. 

In relazione a questi permessi, il CCNL prevede che le ore non fruite nell’anno solare in cui sono maturate, decadranno definitivamente, ma dovranno essere liquidate con la retribuzione in atto al momento della scadenza. Il contratto relativo al commercio e al terziario ammette però anche la possibilità di poter godere ancora delle ore residue al 31 dicembre anche fino al 30 giugno dell’anno successivo. Se tali ore non sono godute, allora scatterà automaticamente la retribuzione in busta paga.

Cosa accade per i permessi ROL.

Qualora il contratto collettivo preveda la liquidazione dei permessi, l’azienda deve, in ogni caso, procedere d’ufficio ad inserire quanto spettante in busta paga. Pertanto il lavoratore perderà le ore di assenza, ma riceverà un aumento in busta paga. Se è per volontà del lavoratore che i permessi non vengono “goduti”, allora la legge attribuisce allo stesso lavoratore la possibilità di richiedere all’azienda la liquidazione delle ore non godute in ogni momento dell’anno, anche lontano dalle scadenze contrattuali. In questo caso dovrà essere premura del lavoratore comunicare al datore di lavoro, con richiesta scritta, la propria volontà  di ottenere in busta paga l’importo corrispondente alle ore dei permessi (ex festività) non godute e  maturate ai sensi del Contratto collettivo nazionale di lavoro. 

Pagamento permessi non goduti come avviene

I permessi non goduti vengono quindi liquidati dal datore di lavoro con l’integrazione di un apposito importo in busta paga, denominato a seconda dei casi “Permessi non goduti” o “Monetizzazione permessi”. Ma come si leggono in busta paga queste “voci”? In una colonna si potranno leggere il numero di ore di permessi pagate, mentre nell’altra colonna sarà indicato con precisione il valore della retribuzione oraria. L’importo da liquidare scaturirà dal prodotto tra ore di permessi pagati e retribuzione oraria. 

Permessi non goduti, sono tassati?

L’importo spettante al lavoratore a titolo di permessi non goduti e liquidati in busta paga, deve soggiacere al pagamento dei contributi INPS, sia per quanto concerne la parte dovuta dal lavoratore che per quella a carico dell’azienda. Gli stessi importi sono soggetti anche a tassazione Irpef. L’importo che viene liquidato in busta paga concorrerà, altresì, a formare il reddito complessivo ai fini fiscali del beneficiario e andrà inserito nella dichiarazione dei redditi (modello 730 o UNICO PF). Sul datore di lavoro ricadrà l’obbligo e l’onere di versare con modello F24. 

Le differenza tra i vari contratti nazionali

A differenza degli altri CCNL, il CCNL Commercio dà un ampio spazio di manovra, in materia di permessi, al datore di lavoro, che può decidere autonomamente se saldare quelli non goduti dopo il 31 dicembre o se consentire ai propri dipendenti di poterne fruire anche entro il 30 giugno del successivo anno. Per i Metalmeccanici la flessibilità è ancora maggiore: i dipendenti potranno infatti recuperare i permessi non goduti entro i successivi 24 mesi, trascorsi i quali saranno liquidati in busta paga. Il Ccnl Metalmeccanici-Artigianato prevede invece, in maniera decisamente più rigida, che i permessi non goduti debbano essere liquidati obbligatoriamente entro il mese di gennaio dell’anno successivo, subito dopo la scadenza.

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