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I modi per massimizzare le azioni di godimento

Immagine di pianificazione finanziaria

Le azioni di godimento non sono altro che azioni speciali volte ad assicurare la parità di trattamento degli azionisti qualora il capitale sociale dovesse “erodersi”. Trattandosi di azioni “postergate”, non hanno i vantaggi delle azioni normali rispetto al godimento dei diritti patrimoniali, poiché chi li possiede ha già recuperato parzialmente il valore nominale delle azioni. Sostanzialmente queste azioni partecipano alla divisione degli utili in condizione di “subordinazione” rispetto alle altre azioni. 

Vale a dire che non potranno partecipare alla divisione degli utili, a meno che non siano già stati corrisposti alle altre azioni i dividendi pari all’interesse legale sul valore nominale. A meno che lo Statuto societario non disponga diversamente, chi è titolare di azioni di godimento non può avere diritto ad intervenire in assemblea e non avrà alcun diritto di voto né di impugnazione delle delibere invalide. La giurisprudenza prevalente attribuisce a queste azioni il diritto di opzione, anche se la questione rimane ancora aperta e dibattuta. 

Azioni di godimento: a chi sono assegnate?

Il Codice Civile contiene alcune menzioni sulla disciplina delle azioni di godimento. Queste azioni vengono assegnate al titolare di azioni ordinarie, al posto di queste ultime, quando il titolare ha già conseguito il rimborso del valore nominale delle azioni in suo possesso, in caso di riduzione del capitale sociale. In questo modo vengono tutelati gli azionisti che in sede di rimborso potrebbero trovarsi a ricevere solo il valore nominale delle azioni, a dispetto del valore reale che potrebbe essere superiore. 

Le azioni di risparmio, a differenza di quelle di godimento, possono beneficiare di alcuni vantaggi e di alcuni “privilegi”, avendo anche il diritto ad un dividendo minimo e maggiorato. Chi è titolare di azioni di godimento non potrà partecipare all’utile societario, se non dopo che ai titolari di azioni non rimborsate non venga corrisposto un dividendo pari all’interesse legale.

Anche in caso di liquidazione delle società, le azioni di risparmio hanno dei vantaggi indiscutibili, perchè hanno il diritto di essere rimborsate per prime, mentre le azioni di godimento possono solo partecipare alla ripartizione del patrimonio residuo come disposto dall’articolo 2353 del Codice civile.

Come stabilito dall’art. 2353 C.C le società hanno la possibilità o l’obbligo, a seconda dei casi, di emettere azioni di godimento solo in caso di rimborso, attribuendo unicamente al titolare un valore nominale che non deve per forza coincidere con il valore reale. Se il beneficiario non potesse vedersi attribuite le azioni di godimento, verrebbe danneggiato patrimonialmente perchè verrebbe conseguentemente escluso dalla possibilità di beneficiare del maggior valore intrinseco della società. 

Grazie a questa tipologia di azioni, dunque, si consente al socio che ha già conseguito 

il rimborso di azioni al valore nominale, di poter beneficiare di un trattamento analogo ispetto agli altri soci, e di poter godere degli stessi diritti finanziari e patrimoniali. Con queste azioni, il socieo potrà, dunque, vedersi liquidata la propria partecipazione al patrimonio sociale riscuotendo (al pari degli altri soci) gli utili di esercizio che residuano dopo il pagamento alle azioni non rimborsate di un dividendo pari all’interesse legale sul valore nominale. 

Inoltre, il titolare di azioni di godimento potrà anche partecipare alla ripartizione del patrimonio sociale residuale, al netto del rimborso del valore nominale delle azioni non rimborsate. In dottrina sono diverse le dispute che riguardano i titolari di azioni di godimento, soprattutto in merito al rinoscimento dello status di socio e della titolarità dei diritti amministrativi che sono legati alla figurar del socio. La legge non ha invece alcun dubbio sul riconoscimento dei diritti patrimoniali connessi alla titolarità delle azioni di godimento. 

Azioni di godimento, le dispute dottrinali sulla natura giuridica

Il panorama dottrinale sulla natura giuridica, sulle attribuzioni e le limitazioni dei titolari delle azioni di godimento è piuttosto complesso e variegato. La disciplina normativa al riguardo è piuttosto frammentata e lacunosa, lasciando all’interpretazione diversi aspetti che sono stati colmati solo parzialmente dalla prassi e dalla dottrina attraverso orientamenti estemporanei. Spesso le teorie espresse dalla dottrina hanno creato problematiche di fondo se non veri e propri conflitti con i principi generali dell’ordinamento e con lo stesso codice civile che ne disciplina l’ambito applicativo.  

In un simile contesto, è opportuno che il legislatore in futuro intervenga normativamente o in via giurisprudenziale per dirimere eventuali controversie e chiarire le posizioni. La teoria prevalente è quella che non ritiene soci i titolari delle azioni di godimento anche per non pregiudicare i diritti patrimoniali dei titolari di azioni di risparmio. Ma la frammentazione dottrinale spesso pone grosse difficoltà anche agli operatori del diritto più esperti, per questo motivo urge una semplificazione normativa che faccia chiarezza e dirima ogni controversia in maniera definitiva.  

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