
Il concetto di Beta (β) può sembrare complicato a chi non ha familiarità con il linguaggio della finanza. Si parla spesso di volatilità, rischio e mercati di riferimento, ma non sempre è facile capire cosa significhino davvero questi termini e come influenzino le decisioni di investimento.
Approfondimenti
In questo articolo cercheremo di spiegare in modo semplice e chiaro cos’è il Beta, a cosa serve e come può aiutare gli investitori a valutare il comportamento di un titolo rispetto al mercato, come ad esempio l’indice S&P 500, che ha un beta di riferimento pari a 1,0.
Indice contenuto
Il Beta spiegato in modo semplice

Il Beta (β) serve sostanzialmente a confrontare quanto un’azione o un portafoglio è volatile rispetto al mercato di riferimento. Si tratta di una misura molto utile perché aiuta gli investitori a capire quanto rischio in più stanno assumendo quando aggiungono un determinato titolo al proprio portafoglio.
Il valore di riferimento per eccellenza è l’indice S&P 500, che ha un beta pari a 1,0: viene considerato il punto di partenza per confrontare tutto il resto. Se un titolo ha un beta diverso da 1, significa che si comporta in modo più o meno imprevedibile rispetto al mercato nel suo insieme.
Come funziona il Bet
Il coefficiente beta misura la volatilità di un’azione rispetto al rischio sistematico dell’intero mercato. Beta rappresenta la pendenza della retta ottenuta tramite una regressione tra i rendimenti di un titolo e quelli del mercato.
Il beta descrive come reagiscono i rendimenti di un titolo alle oscillazioni del mercato. È usato nel Capital Asset Pricing Model (CAPM), che descrive la relazione tra rischio sistematico e rendimento atteso. Il CAPM serve a determinare il prezzo di titoli rischiosi e a stimare i rendimenti attesi in base al rischio e al costo del capitale.
Calcolo del Beta
Il beta di un titolo si calcola dividendo il prodotto della covarianza tra i rendimenti del titolo e quelli del mercato per la varianza dei rendimenti del mercato. Questo calcolo aiuta a capire se un’azione si muove nella stessa direzione del mercato e quanto sia rischiosa rispetto ad esso.
È importante usare un benchmark coerente con il titolo analizzato. Ad esempio, il beta di un ETF obbligazionario rispetto all’S&P 500 non è utile, perché obbligazioni e azioni sono troppo diverse.
Formula del coefficiente Beta (β): β=Covarianza(Re,Rm)Varianza(Rm)\beta = \frac{\text{Covarianza}(R_e, R_m)}{\text{Varianza}(R_m)}β=Varianza(Rm)Covarianza(Re,Rm)
Dove:
- ReR_eRe = rendimento del titolo
- RmR_mRm = rendimento del mercato
- Covarianza = come i cambiamenti nei rendimenti del titolo sono legati ai cambiamenti nel mercato
- Varianza = quanto si disperdono i dati del mercato attorno alla media
Valori del Beta
- Beta = 1: il titolo si muove in linea con il mercato. Aggiungerlo a un portafoglio non cambia il rischio complessivo;
- Beta < 1: il titolo è meno volatile del mercato. Riduce il rischio del portafoglio. Tipico delle utility (fornitori di servizi pubblici);
- Beta > 1: il titolo è più volatile del mercato. Aumenta il rischio, ma anche il potenziale di rendimento. Tipico delle azioni tecnologiche;
- Beta negativo: un beta di -1 indica una correlazione inversa con il mercato. È tipico di strumenti come opzioni put e ETF inversi.
Come gli investitori usano il Beta
Gli investitori usano il beta per valutare quanto rischio aggiunge un titolo a un portafoglio. Un titolo che si discosta poco dal mercato aggiunge poco rischio, ma anche poco potenziale di extra-rendimento.
È importante confrontare un titolo con il benchmark corretto e considerare il valore R-quadro (R²), che misura quanto bene i movimenti del titolo sono spiegati dal benchmark. Un R² elevato indica un confronto valido.
Ad esempio, un ETF sull’oro come SPDR Gold Shares (GLD) è legato all’andamento dell’oro, non all’S&P 500, quindi avrà un basso beta e un basso R² rispetto a quel benchmark.
Tipi di rischio
- Rischio sistematico: riguarda l’intero mercato (non diversificabile);
- Rischio non sistematico: riguarda un’azienda o settore specifico (può essere ridotto con la diversificazione).
Una piccola curiosità a proposito: Il beta di un’azione può cambiare nel tempo, in base a come variano le sue prestazioni rispetto al mercato.
Teoria vs Pratica
La teoria del beta assume che i rendimenti siano distribuiti normalmente, ma in pratica non è sempre così. Un titolo con beta basso può oscillare poco ma seguire un trend ribassista nel lungo periodo.
Allo stesso modo, un titolo con beta elevato e tendenza rialzista aumenta il rischio del portafoglio, ma anche il rendimento potenziale. Gli investitori usano anche analisi fondamentali e tecniche, non solo il beta, per valutare il rischio.
Il Beta è utile per investimenti a lungo termine?
Il beta può essere utile per analisi a breve termine e valutare la volatilità, ma ha dei limiti per chi investe nel lungo periodo. È basato su dati storici e non predice i movimenti futuri. La volatilità di un titolo può cambiare molto nel tempo.
Il Beta è una buona misura del rischio?
Solo in parte. Il beta fornisce informazioni sulla volatilità passata, ma non predice i movimenti futuri e non considera i fondamentali dell’azienda, come utili o potenziale di crescita.
Come interpretano gli investitori il Beta?

- Beta 1,0: il titolo è tanto volatile quanto il mercato (es. se l’indice sale o scende dell’1%, lo fa anche il titolo);
- Beta > 1,0: più volatile (es. beta 1,5 → varia del 1,5% quando il mercato varia dell’1%):
- Beta < 1,0: meno volatile (es. beta 0,5 → varia del 0,5% quando il mercato varia dell’1%).