Quando si parla di Credit Default Swap, anche chiamati CDS, si fa riferimento ad uno swap (ovvero ad un particolare tipo di strumento derivato) attraverso il quale è possibile trasferire il rischio di credito, cioè la possdibilità che il debitore non sia in grado di ripagare la cifra dovuta al suo creditore. Gli esperti li hanno classificati come strumenti di copertura e risultano ad essere attualmente uno dei derivati creditizi di uso più comune in assoluto. Vediamo insieme le loro caratteristiche e perché, da alcuni punti di vista, potrebbero essere per così dire controversi.
Approfondimenti
Cosa sono i Credit Default Swap
Qualunque sia il portafoglio titoli a disposizione di un individuo una delle sue caratteristiche intrinseche è il suo livello di rischio, che può però essere affrontato e gestito attraverso alcuni particolari strumenti finanziari derivati, come i CDS, e alle operazioni di cartolarizzazione, che consentono concretamente di trasformare alcuni strumenti finanziari non trasferibili in strumenti finanziari trasferibili. Gli operatori finanziari possono dunque affrontare i rischi legati ai loro portafogli sia mantenendosi esposti al rischio di insolvenza (anche chiamato default) sia acquistando un CDS e, nel concreto, scaricando il rischio sul mercato. In poche parole, poiché proteggono l’investitore dal rischio concreto di fallimento, i CDS possono fungere da assicurazione finanziaria.
Ma non finisce qui. I CDS possono infatti rivelarsi anche molto utili per tutti gli intermediari esposti ad elevati rischi, poiché questi ultimi possono facilmente vendere ingenti quantità di CDS concedendo protezione contro il rischio di fallimenti: in parallelo, chi si vuole proteggere dal rischio di default sarà ben disposto ad accaparrarsi questo tipo di strumenti. Viene dunque da chiedersi, a questo punto, perché alcuni intermediari siano così tanto disposti ad assumersi determinati rischi, alla luce dei fattI: la risposta è da ritrovare nella remunerazione legata al valore dei CDS, un premio che ricevono in cambio della vendita della “protezione” garantita dai CDS stessi. Risulta evidente come in questo contesto lo spettro della speculazione possa facilmente essere dietro l’angolo.
Come funzionano i CDS, concretamente
Abbiamo visto che si tratta di strumenti finanziari utili a scongiurare il default o il pagamento ritardato di interessi o cedole, entrambi momenti definiti come “eventi creditizi”.
I CDS sono a tutti gli effetti dei contratti bilaterali che vengono stipulati da due parti: da un lato troviamo l’acquirente (il protection buyer), mentre dall’altro c’è il venditore (il protection seller). In questa situazione il venditore promette di effettuare una copertura “di sicurezza” nel caso in cui il compratore si trovi nelle condizioni di non poter onorare un debito: in cambio, il venditore riceve un premio rateale da parte dell’acquirente.
In sostanza, si concede la possibilità a soggetti che hanno portafogli titoli di cedere il rischio di perdite nel caso di fallimento dell’emittente delle obbligazioni (come per esempio uno Stato, in caso di default). Vale la pena ricordare, in ogni caso, che a volte questa possibilità viene concessa anche ad investitori privi di portafogli di titoli e, quindi, a palesi speculatori.
La storia dei CDS e come sono stati utilizzati
Questo tipo di strumento è di invenzione relativamente recente: ad introdurli per la prima volta in assoluto è stata infatti la celeberrima banca d’affari statunitense J.P. Morgan, all’inizio degli anni ‘90.
In linea di principio, i CDS dovrebbero essere uno strumento importante e molto prezioso per aiutare gli investitori a controllare i rischi di investimento, a patto ovviamente che vengano utilizzati in maniera oculata e consapevole. La storia ci ha però purtroppo insegnato che molto spesso la realtà dei fatti è ben diversa dalle aspettative e dalle speranze dei più ottimisti.
Basti pensare a quello che è accaduto in Grecia a partire tra il 2009 e il 2012, dove i CDS sul debito greco a 5 anni erano schizzati a livelli record mai visti prima, in una situazione in cui si era presentato il 99% di probabilità di default dello Stato nel giro di un quinquennio. In quell’occasione, alla fine, il debito greco fu fortunatamente rinegoziato (con la ristrutturazione più corposa della storia) evitando al Paese la catastrofe: il problema in quel caso fu che i CDS non avevano rimborsato nulla, poiché la rinegoziazione non era stata interpretata come evento creditizio coperto dalle clausole dei CDS.
Il ruolo dei CDS nello scoppio della bolla finanziaria del 2007-2008
Un paio di anni prima della grande crisi economica internazionale esplosa neglI Stati Uniti, il fondatore dell’hedge fund Scion Capital Michalr Burry si rese conto quanto fossero aumentati i rating delle agenzie legate agli investimenti immobiliari: la sua ricerca lo portò a concludere che molti dei derivati dei mutui ipotecari (comprese le tranche di CDO a tripla A) erano stati gonfiati dalle agenzie di rating. Ecco che Burry, alla luce della situazione, cominciò a pagare i premi di CDS e quando la bolla scoppiò definitivamente le principali banche si affrettarono a riacquistare i CDS che Burry aveva stipulato generando successivamente profitti spaventosi.
Parlando del ruolo dei CDS nella crisi del 2008, inoltre, il dottor Steven Spagnolo )nella sua tesi di laurea magistrale in Banca e Finanza presso l’Alvec) aveva commentato:
L’attore principale della crisi è stata infatti una tra le banche d’affari più grandi e conosciute al mondo, l’americana Lehman Brothers Inc., il cui default verificatosi il 15 Settembre 2008 ha originato la più intensa fase della crisi rappresentando contemporaneamente uno spartiacque nella storia dei Credit Default Swap – CDS. Proprio la Lehman B. assieme al conglomerato assicurativo American International Group – AIG – salvata dalla bancarotta in extremis grazie ad un intervento governativo, erano infatti fortemente impegnate nel settore dei CDS.