Immaginate lo scenario: è uno dei giorni più belli della vostra vita, siete da poche ore diventati genitori e dovete scegliere come chiamare il vostro piccolo e recarvi all’anagrafe per la registrazione. Qui però arriva la doccia fredda: venite informati che la vostra scelta non va bene, perché nel nostro Paese è proibita. Quella dello Stato italiano ovviamente è una decisione che segue una logica di buon senso e non è certo un dispetto ai genitori di un bebé. Vediamo dunque insieme tutto quello che è necessario sapere sul tema e quali sono tutti i nomi che oggi non possono essere assegnati ai neonati.
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Cosa dice la legge
La normativa italiana la troviamo nel Decreto del Presidente della Repubblica 396/2000, che all’articolo 34 precisa quali sono le regole per la determinazione del nome da dare ai bambini.
La prima regola è il divieto di assegnare ad un bambino lo stesso identico nome del padre, se quest’ultimo è ancora in vita, così come quello di un fratello o di una sorella viventi. Inoltre, non è consentito dare un cognome come nome di battesimo ad un bambino, così come un nome definito “ridicolo” dalla legge (un esempio tra tanti potrebbe essere “clown“, ma ovviamente gli esempi sono innumerevoli e li vedremo di seguito).
La legge impone anche alcuni precisi parametri per quanto riguarda i nomi stranieri dati a bambini che abbiano la cittadinanza italiana, che dovranno sempre essere espressi con le lettere dell’alfabeto italiano (comprese la J, K, X, Y e W). Il comma 3, inoltre, specifica che “ai figli di cui non sono conosciuti i genitori non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l’origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l’atto di nascita è formato”.
Può comunque accadere che un cittadino decida di assegnare al proprio figlio o figlia un nome proibito dal comma 1 o 2 dell’articolo. In questo caso, la legge precisa che “l’ufficiale dello stato civile lo avvertirà del divieto, e, se il dichiarante persisterà nella sua determinazione, riceverà la dichiarazione, forma l’atto di nascita e, informandone il dichiarante, ne darà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promovimento del giudizio di rettificazione”.
Il tema del genere
Si tratta di un tema meno scontato di quello che si potrebbe pensare. Secondo il sopracitato decreto, infatti, andrebbe assegnato ad un bimbo di sesso maschile un nome maschile e ad una bimba di sesso femminile un nome femminile, coerentemente con il loro sesso biologico. Ecco dunque che, per esempio, non si potrebbe chiamare “Giovanni” una bambina. La situazione però è cambiata negli ultimi anni, anche per l’effetto delle influenze da parte di altre culture, e dunque rispetto al passato la differenza tra nomi maschili e femminili non è più così netta.
A seconda dei casi, dunque, la legislazione potrebbe prendere in considerazione la possibilità di lasciare maggior spazio di manovra ai genitori. Si pensi, d’altra parte, ai casi di nomi come Andrea, che generalmente vengono assegnati ai “maschietti” ma che all’estero possono essere ritrovati anche nelle donne.
L’importante è che il nome scelto non rechi in alcun modo danno al soggetto minore a cui è stato assegnato e che non sia inappropriato.
I tipi di nomi vietati
Vediamo a questo punto le categorie di nomi che non possono essere dati ai propri figli. Come anticipato, sono proibiti quelli che potrebbero generare imbarazzo o sofferenza per il bambino o l’adulto, così come quelli lesivi della dignità personale. Proibiti anche quelli che potrebbero generare della confusione amministrativa come l’attribuzione del codice fiscale. Non è inoltre possibile assegnare ad un neonato nomi di oggetti o di marchi commerciali registrati. Non sono concessi nemmeno i nomi di personaggi famosi, storici o meno, né nomi che fanno riferimento a titoli nobiliari. Sono anche proibiti, ovviamente, i nomi che si legano a personaggi storici deplorevoli, come Adolf Hitler. Contrariamente a quanto accade negli USA, non è nemmeno concesso chiamare un figlio con il proprio nome e cognome e poi aggiungere il jr (cioè junior).
Qualche esempio
Niente da fare dunque per tutti quei genitori appassionati di sport che avrebbero voluto chiamare il loro figlio Diego Armando Maradona, o semplicemente Maradona. Stesso discorso vale anche per tutti i fan di Pelè!
Vietatissimi tutti i nomi legati a celebri dittatori, come Benito Mussolini o Iosif Vissarionovich Stalin. In Italia non è strettamente vietato chiamare il proprio figlio Benito, o Adolfo: l’importante è che il cognome sia Mussolini o Hitler, o che lo si voglia chiamare proprio con la combinazione di nome e cognome.
Va da sé che un figlio non potrà nemmeno essere chiamato, per esempio, Napoleone Bonaparte, Dracula, Dio, Satana o Pincopallino.
Il principio per la decisione finale dovrebbe essere, essenzialmente, quello del buon senso: prima della scelta bisognerebbe interrogarsi su quanto quel nome potrebbe influire sulla qualità della vita di quella persona una volta diventata adulta.
E se scelgo un nome proibito?
L’ufficiale dell’anagrafe, come visto in precedenza, non ha la facoltà di rifiutare la trascrizione del nome indicato, ma potrà in ogni caso segnalare la situazione al Procuratore locale, il quale potrà richiedere una modifica del nome in conformità con la legge. Le limitazioni sui nomi sono state introdotte, ovviamente, per assicurare che non causino danno o imbarazzo ai minori e rispettino l’ordine pubblico.
Si può cambiare nome?
Sì, nel caso in cui i propri genitori abbiano scelto un nome che, per un motivo o un altro, non ci rappresenta il nome si può cambiare.
Chi desidera modificare il proprio nome o aggiungerne un altro dovrà presentare un’istanza presso la Prefettura del luogo di residenza o di nascita. Nella richiesta andranno specificati il cambiamento desiderato e le ragioni a sostegno della domanda (per esempio, perché si è persone transgender). Il Prefetto, dopo aver valutato le informazioni raccolte, se riterrà la richiesta fondata, emetterà un decreto che autorizzerà il richiedente a pubblicare il relativo sunto nell’Albo Pretorio online del Comune di nascita e di residenza. Per la pubblicazione nell’Albo Pretorio sarà necessario rivolgersi allo Sportello S@C con la lettera di accompagnamento e il sunto. Se entro 30 giorni non vi saranno opposizioni, il richiedente potrà ottenere il decreto di autorizzazione.