La Riforma Pensioni del 2024 sta pian piano prendendo forma, anche se il percorso ad ostacoli che il governo sta incontrando ne sta rallentando l’iter. Nel mese di luglio si sono svolti due incontri tra governo e parti sociali per approfondire gli aspetti più importanti della nuova riforma che dovrà rivoluzionare il panorama “previdenziale” del nostro paese e che impatterà in modo deciso sul destino lavorativo di milioni di italiani.
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I vertici che si sono svolgi a Palazzo Chigi l’11 e il 26 luglio sulla flessibilità in uscita si sono risolti sostanzialmente in un nulla di fatto. Le posizioni dei sindacati sono nettamente divergenti rispetto a quelle manifestate dal governo a tal punto che, presumibilmente, neanche gli altri due incontri programmati a settembre, in cui si discuterà di Opzione Donna e previdenza complementare, faranno registrare passi in avanti.
La Riforma delle Pensioni del 2024 dovrebbe prendere forma solo in autunno con un budget minimo a disposizione (1,5 miliardi) che consentirà al governo di introdurre dei provvedimenti “spot” di breve durata, mentre la riforma complessiva vera e propria del sistema pensioni dovrebbe essere rinviata al 2024.
Le richieste dei sindacati sono volte soprattutto ad assicurare maggiori tutele a donne, giovani e lavoratori con mansioni usuranti mentre l’intento del governo è quello di evitare ad ogni costo il ripristino della Riforma Fornero allo scadere della sperimentazione di Quota 103.
Il nodo della carenza delle risorse sta condizionando le scelte di fondo del governo, anche alla luce di quanto è emerso dalla NADEF 2022 che ha evidenziato un aumento preoccupante della spesa pensionistica destinata a crescere del 7,9% nel 2023 per via della rivalutazione ISTAT degli assegni.
Le intenzioni del governo
Basta leggere il programma elettorale 2022 di Fratelli d’Italia, per individuare le principali proposte che il governo ha avanzato ai sindacati e che mirano ad innalzare le pensioni minime e di invalidità. Il governo chiede anche una maggiore flessibilità in uscita, agevolando così il cosiddetto “ricambio generazionale”.
Allo studio del governo c’è una nuova forma di pensione anticipata che prevede la cosiddetta “Quota 103” con 62 anni di età e 41 anni di contributi versati. Si tratta di requisiti che varrebbero solo per il 2023 in attesa di una riforma più organica delle pensioni. Il governo intende anche prorogare l’Ape Sociale per un altro anno e Opzione Donna con innalzamento dell’età a 60 anni.
L’esecutivo, inoltre, mira a introdurre una nuova rivalutazione con percentuali maggiori per le pensioni fino a 4 volte il minimo e una riduzione delle percentuali per le pensioni più alte. Si prevede inoltre un aumento (provvisorio) delle pensioni minime a 600 euro ma solo per i pensionati over 75.
Le posizioni manifestate dalla ministra Calderone
Nel corso del primo tavolo tecnico con i sindacati che si svolse il 19 gennaio 2023, la ministra del Lavoro, Calderone, aveva manifestato alcune posizioni del governo per monitorare costantemente la spesa previdenziale, proponendo il ripristino del Nucleo di valutazione della spesa per le pensioni, in modo da agevolare una revisione sostenibile del complesso sistema pensionistico vigente.
Nelle intenzioni della ministra vi è anche la necessità di migliorare il quadro normativo che riguarda la flessibilità in uscita, soprattutto per coloro che svolgono lavori usuranti e per le donne con figli. La nuova riforma dovrà anche includere dei meccanismi di “staffetta generazionale” per introdurre i giovani nel mondo del lavoro senza però compromettere il patrimonio di competenze maturate dai lavoratori più anziani. Il governo intende anche ampliare la platea dei beneficiari di Opzione Donna, introducendo delle opportune modifiche.
Riforma pensioni: i giovani e la previdenza integrativa
Nel corso del vertice che si è svolto il 26 giugno uno degli argomenti cardine avrebbe dovuto essere la “copertura previdenziale” dei giovani. La fine del sistema retributivo e il passaggio al metodo contributivo di fatto potrebbe materializzare scenari a tinte fosche per le nuove generazioni, per i quali si prospetta un futuro di “povertà pensionistica” a causa delle carriere frammentate e della diffusa precarietà.
Per ovviare a questa drammatica piaga, il governo intende introdurre contribuzioni figurative già a partire dal percorso scolastico, agevolando anche i riscatti della laurea. Per incrementare le pensioni future, il governo intende anche avviare un piano di rilancio dei fondi pensione privati, introducendo il principio di silenzio-assenso per il versamento delle quote di TFR direttamente nella previdenza integrativa.
Le proposte dei sindacati
Le principali sigle sindacali. CGIL CISL e UIL hanno già inviato al governo un documento unitario denominato “Cambiamo le pensioni adesso” che contiene tutte le proposte fondamentali per la futura riforma delle pensioni. Le parti sociali hanno chiesto l’accesso alla pensione per tutti con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. oltre ad una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione a partire dai 62 anni di età, senza alcuna penalizzazione a carico di chi esce anticipatamente dal mercato del lavoro.
I sindacati hanno anche chiesto la riduzione dei vincoli che nell’attuale sistema condizionano il diritto di andare in pensione a determinati importi minimi del trattamento, penalizzando chi ha un reddito più basso. I sindacati hanno anche proposto un rafforzamento dei contratti di espansione e della ISOpensione.
E’ stato anche richiesto un sostegno maggiore alla categorie più deboli come gli invalidi, i disoccupati, le donne e coloro che svolgono lavori usuranti. Infine i sindacati, nel loro documento, hanno anche auspicato una valorizzazione della previdenza complementare attuando una campagna di informazione molto più pressante per i lavoratori e un semestre di adesione attraverso il silenzio assenso.