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Perché le pensioni delle donne sono più basse rispetto a quelle degli uomini?

Perché le pensioni delle donne sono più basse rispetto a quelle degli uomini? Ecco cosa dice una ricerca scientifica

Le disuguaglianze di genere, con il passare degli anni, aumentano sino a toccare anche una tematica calda come quella delle pensioni. Le donne in italia continuano a lavorare poco, guadagnare meno e avere assegni pensionistici più bassi, oltre che possibilità di carriera ridotte rispetto agli uomini.

Secondo il monitoraggio fatto da Inps sui flussi di pensionamento sono state liquidate 174.610 pensioni: se per gli uomini l’importo medio è stato pari a 1.357€ euro per le donne è stato di 904 euro, ovvero un buon 33,38% in meno. 

Sempre secondo i dati Inps, le disparità pensionistiche sono evidenti anche per quanto concerne le pensioni anticipate. Infatti se gli uomini percepiscono una pensione di poco oltre i 2.000 euro, le donne hanno una pensione anticipata di circa 1.527 euro (-25,26%)

Su scala globale, le donne giungono mediamente alla pensione con a malapena il 74% della ricchezza rispetto a quella degli uomini. Sempre su scala globale l’Italia con il suo 76% registra un divario in linea con la media europea.

Dati che sono stati rilevati dalla ricerca “Global Gender Wealth Equity 2022” a cura di WTW, azienda leader nella consulenza, brokeraggio e proposta di alternative alle società e alle istituzioni. La discrepanza tra gli Stati annoverati nell’inchiesta a livello mondiale, parte dal 60% nella peggiore delle circostanze (Nigeria) al 90% nella migliore (Corea del Sud).

L’analisi mette in evidenza per di più quanto il gap nelle pensioni tra i generi incrementi con il margine di seniority. Giunto il giorno della pensione, le donne che rivestono posizioni di responsabilità e di leadership sono prossime solamente al 62% dal patrimonio stipato dai medesimi ruoli maschili. 

Per le posizioni professionali e tecniche di medio livello, la differenza è ancora lampante (69%), sebbene si riduca sensibilmente (89%) per i ruoli operativi e di sostegno. Il medesimo trend affiora in Italia con le rispettive percentuali: 61% (leadership), 72% (professionisti e tecnici) e 93% (operativi).

Dunque, perché le pensioni delle donne sono più basse rispetto a quelle degli uomini?

Donne e pensioni, le discrepanze a livello geografico

La situazione del gender gap nel mondo, invece, appare variegata con una media mondiale che si attesta al 74%. La Nigeria, con il più alto livello di disparità tra generi, è la peggiore nel mondo, seguita a poca distanza da Argentina, Messico e Turchia. Gli USA si sono attestati poco sopra la media mondiale, mentre un risultato decisamente migliore è stato ottenuto dal Canada. Infine la Corea del Sud si è rivelata la Nazione in cui il gender gap è quasi azzerato.  

Stando all’inchiesta, la Nigeria conta il più elevato dislivello di ricchezza tra i generi (60%), a seguire Argentina (61%), Messico e Turchia (63%). Il divario tra gli Stati coinvolti nello studio a livello globale, come si diceva, parte dal 60% nella peggiore delle circostanze al 90% nella migliore (Corea del Sud).

Complessivamente, il continente europeo ha censito il gap economico medio migliore rispetto agli altri continenti, con le donne che raccolgono poco più di tre quarti, uguale al 77%, degli standard patrimoniali degli uomini appena giunti alla pensione. L’Italia, registrando una percentuale del 76%, presenta pertanto un gap gender coerente rispetto alla media europea, e al di sopra di quella globale. Nel vecchio continente è la Spagna ad ottenere il punteggio migliore (86%), con i Paesi Bassi fanalino di coda (70%).

Donne e pensioni, alle radici del gender gap 

L’analisi mette in evidenza per di più quanto il gap nelle pensioni tra i generi incrementi con il margine di seniority. Arrivate al pensionamento, le donne che rivestono incarichi di peso e di leadership sono prossime solamente al 62% dal patrimonio stipato dai medesimi ruoli maschili. 

Dietro i numeri delle pensioni, appare evidente come vi sia un problema occupazionale e lavorativo. In Italia il tasso di occupazione femminile è al 55%, oltre un 14% in meno rispetto alla media europea. Nonostante un ricambio generazionale, le donne continuano ad essere impiegate nei servizi pubblici, in particolare istruzione e sanità, oltre che servizi alla persona. Inoltre le donne sono più soggette rispetto agli uomini a contratti precari. 

Inoltre un peso determinante nella vita delle donne è il conciliare la vita lavorativa con quella familiare, che ha un influsso negativo sulla carriera. Basta pensare che su 100 donne, in età tra i 25 e i 49 anni, hanno figli piccoli e di queste 27 non lavorano e non hanno reddito.  

Manjit Basi, senior director, Integrated & Global Solutions di WTW, ha affermato quanto i risultati di tale studio siano straordinari, dimostrando un gap economico di genere in ciascuno dei 39 Paesi presi in esame.

Le matrici essenziali alla base di tale fenomeno di divario tra sessi sarebbero i gender pay gap e i rallentamenti censiti nel percorso professionale. Non è tutto, i vuoti in ambito finanziario e le responsabilità connesse alla cura della famiglia, incidono e non poco sulla presenza delle donne all’interno del lavoro stipendiato e pertanto sulla loro facoltà di edificare ricchezza. Come dichiarato da Manjit Basi

i principi di diversità, equità e inclusione di genere siano tenuti in considerazione anche per la ricchezza economica delle donne a fine carriera. 

La retribuzione è un elemento primario alla base del gender gap e, fare fronte al divario retributivo potrebbe diminuire in una certa misura la discrepanza economica in senso più largo, sebbene non riesca a colmarla interamente.

Donne e pensioni, situazione italiana

Riferendosi all’Italia, Maria Delli Pizzi, executive compensation e board advisory, senior director di WTW, ha chiarito come nella penisola italiana i rallentamenti censiti nel percorso professionale e i gap retributivi di genere accrescono le complessità nel partorire un risparmio pensionistico pari tra i generi.

Andrea Scaffidi, director total reward & executive solutions di WTW, ha inoltre ribadito che, come sempre in Italia, la carenza di servizi assistenziali ai figli con costi alla portata e la fetta sproporzionata di lavoro non compensato che le donne effettuano a livello familiare, fomentino tale gap

Sebbene sia esistente un congedo parentale partecipato, è sporadicamente impiegato dagli uomini, una consuetudine che dovrebbe cambiare per conseguire una più rilevante equità in quanto a ricchezza.

L’analisi palesa in ultimo quanto il recente appeal intorno alle tematiche ESG abbia condizionato positivamente anche la ricerca di alternative connesse alla discriminazione gender. I tentativi da parte delle società per dare impulso a diversità, equità e inclusione stanno cooperando alla riduzione del divario retributivo di genere e alla sottorappresentanza delle donne nei CdA e nelle posizioni di punta. La strada, ovviamente, è ancora lunga.

Lo studio “Global Gender Wealth Equity”

Lo studio in questione, “Global Gender Wealth Equity” di WTW, è stato concepito dalla partnership tra il World Economic Forum (WEF) e WTW, che ha reso note le prime indicazioni sul gap di ricchezza all’interno del suo “Global Gender Gap Report”. 

Il Global Gender Wealth Equity Report 2022 di WTW si è basato sul “Wealth Equity Index” (WEI) di WTW, partorito in partecipazione con il World Economic Forum.

L’indice prende in considerazione una prospettiva olistica dell’esistenza lavorativa delle donne e prova a calcolare l’entità del gap economico di genere all’interno di alcuni Stati su scala mondiale. Il WEI ha preso in esame gli elementi quantitativi e qualitativi della equità patrimoniale di genere, con inchieste su 39 Stati in tutto il globo.

La strada per ridurre le disparità tra uomini e donne ha due possibilità sostanziali. Una è rappresentata da un cambiamento strutturale del mercato del lavoro, perché solo incrementando il numero delle donne occupate e riducendo il più possibile la disparità di carriera, si potranno ottenere effetti sulle pensioni. Questi cambiamenti richiedono tempo, a causa degli interventi governativi, ma serve anche un cambiamento culturale della figura femminile. La seconda possibilità è rappresentata dall’iniziativa imprenditoriale femminile che sceglie di creare la propria stabilità economica e pensionistica.

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