Per lunghi mesi la Francia è stata teatro di scioperi, manifestazioni e blocchi per contrastare il pacchetto di riforma delle pensioni voluto dal governo guidato dal presidente Emmanuel Macron. Alla fine del mese di gennaio 2023, il governo francese ha varato alcune sostanziali modifiche ad una parte dei suoi regimi pensionistici discutendo le nuove riforme in parlamento e alla fine imponendo tali modifiche tramite speciali strumenti costituzionali.
In un sondaggio svolto nel mese di febbraio, il 67% dei francesi si è detto contrario alla riforma. La riforma delle pensioni si è così tradotta in una prova di forza da parte del governo Macron contro la maggioranza della popolazione, per dimostrare di poter attuare i cambiamenti nonostante le grandi difficoltà incontrate e la disapprovazione collettiva. Allo stesso tempo, mentre l’ostilità della maggioranza popolare si esprimeva in modo eloquente nelle piazze, alcuni esperti hanno dubitato sulla potenziale efficacia innovatrice di questa riforma che lascia fuori dal tavolo alcune opzioni e non si occupa seriamente del finanziamento delle pensioni del personale statale, una parte consistente del forza lavoro.
Approfondimenti
Sistema PAYGO
La riforma delle pensioni in Francia aveva preso di mira il sistema pay-as-you-go (PAYGO) che copre i lavoratori del settore privato e che, nel corso degli anni, è diventato insostenibile, a causa dell’invecchiamento della popolazione dovuto all’allungamento dell’aspettativa di vita (fino a 12 anni dagli anni ’60). Il sistema si è collocato fuori dalla portata dei conti francesi, anche per via del calo dei tassi di natalità evidenziato da mezzo secolo a questa parte e al frequente ricorso alle baby-pensioni che hanno consentito a molte categorie di lavoratori di lasciare il lavoro in età precoce.
La riduzione dell’età pensionabile legale da 65 a 60 anni nel 1983 – avviata dal presidente Francois Mitterrand nel 1981, contro ogni tendenza demografica, ma piuttosto per scopi politici – ha aggravato ulteriormente il problema. Con le successive “riforme” l’età pensionabile è stata elevata a 62 anni. A livello nazionale, il numero di contribuenti attuali per un pensionato in Francia si è ridotto da 4 negli anni ’60 a solo 1,7. Un dato drammatico che evidenzia la necessità di un intervento immediato per non far saltare i conti della previdenza francese.
Grazie al sistema PAYGO, i pensionati francesi ricevono i loro assegni grazie ai contributi versati dai lavoratori correnti, raccolti tramite le imposte sui salari. I crescenti squilibri demografici si sono tradotti, quindi, o in un aumento del costo del lavoro dovuto a maggiori contributi (con un grave deficit dei conti pensionistici e dei bilanci pubblici), o in pensioni di minore entità. Al fine di compensare questi squilibri, le riforme degli ultimi tre decenni sono state un mix di aumento dei contributi, innalzamento del numero di anni per i contributi obbligatori e posticipazione dell’età pensionabile legale.
Secondo il Consiglio sul futuro delle pensioni (COR), mentre il sistema è rimasto in bilico nel post-Covid, i disavanzi torneranno ad aumentare dallo 0,1 per cento del prodotto interno lordo (PIL) allo 0,4 nel 2030, fino ad arrivare allo 0,8 per cento nel 2050. Una stima persino troppo ottimistica secondo alcuni economisti (come quelli dell’Istituto economico Molinari) poiché, a loro avviso, la stima del COR non include nemmeno le pensioni dei dipendenti pubblici, che generano un ampio deficit aggiuntivo. Le prospettive sono a tinte fosche per il sistema previdenziale francese, ma se la riforma odierna sembra per certi versi più audace, rimane comunque in linea con gli sforzi passati.
Età di pensionamento
L’obiettivo della nuova riforma è quello di innalzare gradualmente l’età pensionabile legale – da 62 a 64 entro il 2030. Il numero massimo di anni di lavoro sarebbe 44, e le persone con “lunghe carriere” che hanno iniziato a lavorare in giovanissima età, potrebbero andare in pensione a 60 anni a determinate condizioni. Sessantasette anni rimane l’età massima per una pensione a “tassa intera”. Gli importi minimi della pensione verrebbero aumentati mentre per i lavoratori autonomi, il calcolo dei contributi sarebbe semplificato. Un’altra misura è quella di consentire ai pensionati che vogliono tornare al lavoro di innalzare loro pensioni successive (da aumentare quando torneranno nuovamente in pensione), incentivando gli anziani a lavorare.
La nuova riforma metterebbe una pietra tombale ai regimi speciali generosi concessi in passato, come i fondi pensione per i lavoratori delle utenze elettriche o per i lavoratori degli autobus e della metropolitana di Parigi. Alcuni di questi attualmente finiscono per essere sovvenzionati da altri, poiché la Francia non ha un sistema pensionistico monolitico. Lo sforzo che il governo francese sta intraprendendo è verso la direzione di un regime comune e integrato per i lavoratori appena assunti.
Obiettivi poco ambiziosi?
Sebbene tali mosse abbiano un po’ schiodato una situazione che si era incancrenita dal punto di vista pensionistico, secondo alcuni esperti queste novità non risolveranno del tutto il problema e potrebbero rivelarsi insufficienti. Sembra chiaro che, nonostante il pio desiderio di solidarietà intergenerazionale, i “diritti al benessere” di alcuni continueranno essere pagati da altri. Una riforma veramente sistemica dovrebbe promuovere seriamente i regimi finanziati, che alcuni economisti avevano sperato facessero parte dell’attuale pacchetto. Rimangono ancora delle disparità e delle situazioni di privilegio che non sono state intaccate e che in futuro potrebbero essere ancora oggetto di scontro e di rivendicazioni nelle pubbliche piazze.