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Comproprietà forzosa: come uscirne e cosa prevede il diritto civile

: "Un esempio di comproprietà forzosa: le parti comuni di un condominio, come scale e cortili, devono rimanere indivise per garantire la funzionalità dell’edificio, secondo il Codice Civile italiano

Provate ad immaginare lo scenario in cui in un palazzo di 10 appartamenti, i proprietari siano comproprietari del cortile interno, delle scale e dell’ascensore. Questi beni si trovano in un regime definito di comproprietà forzosa: questo significa che questi beni non possono essere divisi senza compromettere la loro funzione (ad esempio, non si può dividere il cortile in lotti separati senza limitare l’accesso agli altri condomini). Ora, ipotizziamo che uno di loro voglia sciogliere la comproprietà forzosa, per esempio per costruire un garage: che cosa dovrà fare?

Risulta piuttosto evidente che questa situazione sia piuttosto complessa e molto delicata: vediamo insieme come è possibile uscirne e che cosa prevede esattamente il nostro diritto civile in materia.

Cos’è la comproprietà forzosa e in quali casi si verifica

Muro di mattoni
Un muro maestro, parte integrante della comproprietà forzosa in un condominio, non può essere diviso senza compromettere la struttura, vincolando i comproprietari alla gestione condivisa

Anche chiamata “comunione”, è la contitolarità da parte di un gruppo di soggetti di un diritto su di uno medesimo bene, disposta per legge. Essa si distingue dalla comproprietà ordinaria per l’impossibilità di richiedere la divisione del bene in assenza di un accordo tra le parti o di specifiche condizioni legali.

I casi più comuni di comproprietà forzosa riguardano come abbiamo anticipato nel paragrafo introduttivo beni condominiali, come scale, cortili, muri portanti o aree comuni di un edificio, che devono rimanere indivisi per garantire in ogni caso la funzionalità del complesso. Altri esempi possono includere beni destinati a uso pubblico (come strade private consortili) o beni gravati da vincoli urbanistici o storici. La comproprietà forzosa si instaura spesso per legge, per eredità o per atti amministrativi, e i comproprietari non possono uscirne autonomamente senza rispettare le normative vigenti.

Diritti e doveri dei comproprietari

I comproprietari di un bene in regime di comproprietà forzosa hanno diritti e doveri regolati dagli articoli 1100 e seguenti del Codice Civile. Ogni comproprietario ha il diritto di utilizzare il bene comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne uso. Ad esempio, in un condominio, ogni proprietario può utilizzare il cortile comune, ma non può occuparlo in modo esclusivo.Tra i doveri, vi è l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione e gestione del bene in proporzione alla propria quota di proprietà, salvo accordi diversi. Inoltre, le decisioni sull’amministrazione ordinaria richiedono la maggioranza dei comproprietari, mentre per atti di straordinaria amministrazione, come modifiche strutturali, è necessario il consenso unanime. La mancata osservanza di questi obblighi può portare a controversie legali o richieste di risarcimento.

Come sciogliere una comunione forzata

Sciogliere una comproprietà forzosa è complesso, poiché il bene è spesso indivisibile. Tuttavia, esistono alcune opzioni per uscirne, a seconda delle circostanze. Eccole spiegate nel dettaglio.

Vendita volontaria e accordo tra le parti

La soluzione preferibile (anche se non certo facile da ottenere!) è raggiungere un accordo unanime tra i comproprietari per vendere il bene a terzi o per cedere le quote tra di loro. Ad esempio, i condomini di un palazzo potrebbero decidere di vendere un cortile comune a un costruttore. Il ricavato verrebbe così diviso in proporzione alle quote di proprietà.

Questo accordo tra le parti dovrà comunque essere formalizzato tramite atto notarile per garantire validità legale.

Azione giudiziale di divisione

In assenza di consenso, un comproprietario può avviare un’azione giudiziale di divisione ai sensi dell’articolo 1111 del Codice Civile. Tuttavia, nella comproprietà forzosa, la divisione è possibile solo se il bene può essere frazionato senza comprometterne la funzione o il valore. Se il bene è indivisibile, come un muro maestro, il giudice può ordinarne la vendita all’asta, con successiva ripartizione del ricavato. Questo percorso è lungo, costoso e soggetto a valutazioni tecniche, quindi è consigliabile come ultima opzione.

Casi in cui la divisione è vietata

La divisione è vietata quando il bene è soggetto a vincoli legali o funzionali che ne impongono l’indivisibilità. Ad esempio, un cortile condominiale necessario per l’accesso al palazzo o un bene storico vincolato non possono essere divisi. In questi casi, la comproprietà forzosa persiste, e l’unica alternativa è la gestione condivisa o la cessione della propria quota.

Quote, prelazione e valore delle parti

Ogni comproprietario possiede una quota ideale del bene, espressa in frazioni (per esempio è proprietario di un terzo, di un quarto del bene eccetera), che determina il diritto di godimento e l’obbligo di contribuire alle spese. In caso di vendita di una quota, gli altri comproprietari hanno il diritto di prelazione (art. 732 del Codice Civile), cioè la priorità nell’acquisto alle stesse condizioni offerte a terzi. Il valore delle quote è stabilito tramite perizia tecnica, considerando il valore di mercato del bene e i vincoli che lo gravano.

Implicazioni fiscali in caso di uscita dalla comunione

Uscire da una comproprietà forzosa comporta implicazioni fiscali. La vendita di una quota o del bene intero è soggetta all’imposta di registro, calcolata sul valore della transazione, e a eventuali imposte sulle plusvalenze se il bene è stato acquistato a un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita. Ad esempio, se un comproprietario vende la propria quota realizzando un guadagno, potrebbe dover pagare l’imposta sulle plusvalenze (IRPEF) o, in alcuni casi, l’imposta sostitutiva. Inoltre, la divisione giudiziale può comportare costi notarili e imposte di registro proporzionali al valore del bene. È consigliabile consultare un commercialista per valutare l’impatto fiscale specifico.

Passaggi chiave per sciogliere una comunione forzata:

  • Valutazione del bene: ottenere una perizia tecnica per determinarne il valore;
  • Negoziazione tra le parti: cercare un accordo unanime per la vendita o la cessione delle quote;
  • Formalizzazione dell’accordo: redigere un atto notarile per la vendita o la cessione.
  • Azione giudiziale (solo in casi estremi e in troppo complessi da gestire): rivolgersi al tribunale per richiedere la divisione o la vendita all’asta;
  • Gestione fiscale: calcolare e versare le imposte dovute, con l’assistenza di un professionista.

Differenza tra comproprietà ordinaria e forzosa

Casa con garage
Un garage condominiale, soggetto a comproprietà forzosa, rappresenta un bene comune che richiede l’accordo unanime dei proprietari per qualsiasi modifica o vendita

La comproprietà ordinaria si verifica quando più soggetti condividono un bene divisibile, come un terreno o una casa, e ciascuno può richiedere la divisione in qualsiasi momento (art. 1111 del Codice Civile). La comproprietà forzosa, invece, riguarda beni indivisibili per legge o per natura, come le parti comuni di un condominio, e la divisione è possibile solo in casi eccezionali o con il consenso unanime. Nella comproprietà ordinaria, i comproprietari hanno maggiore libertà di azione, mentre in quella forzosa sono vincolati a mantenere il bene in comune, salvo accordi o interventi giudiziari.

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