Qual è il reale valore di Esselunga, il maggior gruppo di supermercati italiano? È una domanda che, per molti anni, dopo la scomparsa del fondatore Bernardo Caprotti, è rimasta senza risposta. Per lungo tempo i due rami della famiglia si sono dati battaglia a suon di carte bollate, affidandosi ad una serie di consulenti e di studi legali per ottenere una stima attendibile del valore di Esselunga e poter definire l’accordo tra i familiari.
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La materia del contendere dell’Eredità Caprotti è stata, per lungo tempo, il valore del 30% delle azioni, quelle controllate da due dei tre figli di Bernardo Caprotti, Violetta e Giuseppe, figli della precedente consorte di Bernardo. Mentre il 70% delle azioni sono state ereditate dalla seconda moglie del fondatore di Esselunga, Giuliana, e dalla figlia Marina, la cui volontà è stata, fin dall’inizio, quella di acquisire il controllo totale dell’azienda e di rilevare il 100% del capitale e quindi le quote rimanenti in mano agli altri due figli.
Le battaglie legali
Per stimare il valore di quella porzione di azioni anelate da Giuliana e Marina, sono stati chiamati in causa, per lungo tempo, studi legali e banchieri d’affari. Violetta ha scelto di farsi assistere dal legale, Gianpiero Succi dello studio BonelliErede, mentre il gruppo Mediobanca venne scelto come Advisor. In ottemperanza alle ultime volontà di Bernardo Caprotti, scomparso il 30 settembre 2016, Giuliana e Marina si sono adoperate per acquisire l’intero controllo del gruppo che vanta circa 8 miliardi di ricavi e 24 mila dipendenti.
In vita, Bernardo aveva esautorato i figli Giuseppe e Violetta dalla gestione del gruppo imprenditoriale. Nel testamento, il fondatore di Esselunga aveva parlato esplicitamente della sua “decisione di fondo” di lasciare un saldo controllo di Esselunga in mano alla moglie Giuliana e alla figlia Marina, per agevolare la vendita del gruppo ad un grande colosso estero come Ahold. Il timore di Bernardo era che, alla sua morte, si sarebbero sviluppate faide e lotte intestine tra familiari col rischio che le aziende venissero “dilaniate”.
I timori di Bernardo Caprotti si sono poi rivelati realtà, perchè Giuseppe e Violetta, che avevano in mano una quota inferiore del Gruppo Esselunga rispetto a quella assegnata dalla quota legittima, hanno dichiarato battaglia per ottenere la parte spettante. Mentre la quota legittima era stata fissata al 17,5% del patrimonio da ereditare, i due fratelli avevano in mano una quota dei supermercati pari al 15%, ma detenevano una quota maggiore (il 22,5%) nella Villata, la società immobiliare del gruppo.
Prima della morte di Bernando, il controllo del gruppo immobiliare venne ceduto a Esselunga per una cifra pari a 1,42 miliardi, mentre prima della dipartita del fondatore, i private equity stimavano in 4 miliardi di euro il valore dei supermercati. A conti fatti, tenendo conto delle stime del valore di Esselunga e della società immobiliare, i due figli Giuseppe e Violetta, si sono ritrovati con in mano una quota inferiore al 17,5% del patrimonio del padre. Se invece avessero ricevuto quanto spettante, e cioè il 17,5%, avrebbero avuto insieme il 35% dell’azienda, con la possibilità di bloccare decisioni fondamentali. Ecco perchè i legali hanno agito per “lesione della quota legittima”.
La quotazione in Borsa
Per risolvere il problema, era stato deciso, salomonicamente, di quotare l’azienda in borsa nel giugno 2017 per consentire al mercato di diventare l’arbitro migliore per stimare il valore delle azioni di Esselunga, concedendo a Marina una prelazione per consentirle di trattare con un eventuale acquirente.
Nel gennaio del 2018, Marina ha bloccato la quotazione, liquidando i due fratelli ed esercitando il diritto di prelazione. Una decisione che ha riaperto lo scontro con Violetta e Giuseppe che hanno puntato i piedi affinchè le loro azioni venissero vendute ad un prezzo da loro ritenuto equo. Per risolvere la nuova contesa è stato chiamato in causa un arbitrato. Gli advisor di Violetta, ma anche quelli di Giuseppe, hanno stimato il valore del gruppo in almeno 6 miliardi, contro i 4 miliari della stima effettuata da Marina. A lungo si è cercata una mediazione per porre fine alla tormentata vicenda dell’eredità Caprotti.
La decisione dell’arbitrato
Nel 2020, l’arbitrato su Esselunga si è concluso con la valutazione del gruppo a 6,1 miliardi di euro. Una decisione che sostanzialmente ha dato ragione ai figli, Violetta e Giuseppe, chiudendo una controversia durata per anni in cui sono emerse visioni diametralmente divergenti sul valore del gruppo di supermercati. Gli arbitri hanno effettuato una stima del valore del gruppo Esselunga al 31 dicembre 2016, l’anno in cui è deceduto il fondatore. Alla luce di questa decisione le quote in mano a Violetta e Giuseppe sono risultate pari a 915 milioni a testa.