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Costo dell’importazione delle materie prime in Italia: le sfide dell’economia globale

nave cargo container al porto

Per quel che riguarda le materie prime l’Italia si conferma uno degli Stati maggiormente dipendenti. Nella penisola sono importati materiali strategici per 686 miliardi.

Una questione piuttosto delicata e che senz’altro merita soluzioni e alternative dinamiche quanto rapide. Ci sono potenzialità non sfruttate e valori inespressi che darebbero una grossa mano in vista di un futuro di maggiore autonomia. 

Costo dell’importazione delle materie prime in Italia, il quadro generale

In questo scenario condito di poche certezze e di assoluta soggezione dalle importazioni dall’estero, un’alternativa strategica per moderare il rischio di approvvigionamento potrebbe giungere dal riciclo dei rifiuti connessi ai prodotti elettronici. All’interno delle abitazioni urbane si dispone di un vero e proprio patrimonio tutto da valorizzare.

L’Italia, del resto, si attesterebbe, stando all’inchiesta Le opportunità per la filiera dei Raee all’interno del Critical Raw Materials Act, curata da The European House – Ambrosetti e delegata da Erion, sistema multi-consortile italiano di Responsabilità Estesa del Produttore, in cima alla classifica tra gli Stati dipendenti da importazioni extra-Ue per l’approvvigionamento di Materie Prime Critiche (Crm – Critical Raw Materials) ritenute fondamentali per lo progresso di comparti considerati strategici per l’economia del Paese.

Costo dell’importazione delle materie prime in Italia, valori

La “soggezione italianadalle materie prime extra Unione Europea avrebbe un prezzo tradotto in circa 686 miliardi di euro (uguale al 38% del Pil al 2022). Un panorama che palesa difficoltà e rischi se si considera come, in soli 365 giorni, tale esposizione sia maturata del 22% (nel 2021 si contavano 564 miliardi di euro con un impatto generale sul Pil di circa il 33%).

L’esame sulle materie prime critiche, condotto nel contesto dell’Osservatorio avviato lo scorso anno con un’edizione che aveva tracciato, per la prima volta nella penisola, ciascun comparto industriale nel quale le Crm sono chiamate in causa nell’economia italiana, aggiorna e completa quanto finora svelato anche alla luce del Critical Raw Materials Act una serie di mozioni richieste della Commissione Europea orientate ad assicurare all’Unione un approccio garantito, concorrenziale e sostenibile alle materie ritenute strategiche.

Materie prime critiche

Di cosa si parla quando ci si riferisce al concetto di “materie prime critiche”, quale la loro importanza per l’iter produttivo italiano? La recente relazione della Commissione Europea Study on the Critical Raw Materials for the Eu di marzo 2023 ha allargato il ventaglio delle Materie Prime Critiche registrandone 34, quattro in più rispetto al report del 2020, e include 17 Materie Prime Strategiche, stimate come essenziali per la duplice transizione, ecologica e digitale, oltre che per il comparto dell’aerospazio e della difesa.

Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti, ha affermato che “Per un terzo delle Materie Prime Critiche censite l’Ue è totalmente dipendente (100%) dalle importazioni di Paesi terzi. La dipendenza, unita alla crescente domanda e alla rilevanza delle Materie Prime Critiche in tecnologie chiave, rende vulnerabili le catene del valore.”

Basandosi su questo quadro in evoluzione, l’edizione 2023 dell’analisi targata Ambrosetti per Erion immette diversi fattori di novità a partire proprio dalla schedatura dei comparti nei quali le Materie Prime Critiche appaiono attualmente essenziali.

Per quel che interessa la questione dell’approvvigionamento, il Critical Raw Materials Act incoraggia, tra gli obiettivi da centrare per gli Stati dell’Unione, che non oltre il 65% dei materiali d’importazione debba giungere da un unico Paese, a fronte dell’odierno contesto che mostra un’assoluta concentrazione della fornitura di Materie Prime Critiche tra Cina (65%), Sud Africa (10%), Repubblica democratica del Congo (4%) e Stati Uniti (4%), e che perlomeno il 15% delle materie prime critiche debba derivare dal riciclo.

Ragion per cui l’analisi mette in conto come un apporto al potenziamento dell’indipendenza da Paesi terzi possa essere connesso proprio al riciclo dei prodotti elettronici che garantirebbe la riduzione della dipendenza dall’estero.

Costo dell’importazione delle materie prime in Italia, le difficoltà

Per l’Italia il percorso è solo all’inizio, in quanto la raccolta di Raee non va oltre il 37%, a dispetto di un traguardo posto a livello europeo al 65% del complessivo rispetto all’immesso sul mercato nel triennio precedente. 

Un’indicazione che colloca lo Stato italiano tra i 5 Paesi posizionati peggio, meglio solo di Portogallo, Cipro, Malta e Romania. Per di più, gli standard di raccolta calano ancor di più nella circostanza dei piccoli Raee (si pensi a smartphone, tablet, laptop, console) e dei Raee Professionali (ossia quei rifiuti provenienti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche riservate ad attività commerciali e industriali) che rappresentano, nondimeno prodotti aventi un più grande quantitativo di materie prime critiche.

Sugli scarsi standard di raccolta, per i Raee Domestici e per i Professionali, incide sia la poca cura da parte dei fruitori, sia il fenomeno dei “flussi paralleli”, ossia la ricezione dei rifiuti da parte di soggetti non aventi autorizzazioni e permessi che sono la primaria causa di impatti ambientali e perdita di chance per il non riuscito rinvenimento della gran parte delle materie prime critiche nei medesimi presenti.

Prospettive e futuro per l’Italia

Tuttavia, stando all’inchiesta di The European House – Ambrosetti, se in Italia si approdasse all’obiettivo di raccolta stabilito a livello europeo (65%), al 2030 si potrebbe dare avvio al sano trattamento delle 312mila tonnellate di Raee Domestici e Professionali in più

La crescita delle quantità raccolte e la costruzione di impianti appropriati al loro riciclo, potrebbe essere alla base di un recupero pari a circa 17mila tonnellate di Materie Prime Critiche, ossia al 25% di quelle soggette a importazione dalla Cina nel 2021.

Allo stesso modo, con un investimento ad hoc in un consono equipaggiamento impiantistico capace di riciclare i Raee riscattando Materie Prime Critiche, lo sviluppo dell’indice di raccolta potrebbe portare, tra il 2025 e il 2030, a una diminuzione di circa 2,5 milioni di tonnellate di CO2 rilasciate nell’atmosfera. 

Il beneficio ambientale partorirebbe anche un miglioramento sociale per la comunità calcolabile in circa 487 milioni di euro, senza tralasciare il favore economico proveniente dall’opportunità di rinvenire Materie Prime Seconde, moderando la stima delle importazioni e la soggezione dall’estero che, parola dell’inchiesta, eguaglierebbe circa 31 milioni di euro.

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