Quale lo stato delle biodiversità in Italia? Numeri alla mano il 68% degli ecosistemi del territorio della nostra penisola si presenta in serio pericolo. In particolare, il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine sono addirittura a rischio estinzione. Gli studi e le ricerche del WWF parlano chiaro.
Approfondimenti
Biodiversità in Italia, allarme rosso
Si è di fronte a un’autentica catastrofe, la portata del declino degli ecosistemi del pianeta sfiora livelli inimmaginabili. Gli addetti ai lavori hanno calcolato come l’impatto dell’essere umano su ogni altra forma vivente sia giunto a incrementare tra le 100 e le 1.000 volte lo standard di estinzione naturale delle specie, dando il là alla sesta estinzione di massa.
Permane uno scarso 12,5% della foresta atlantica, si è detto addio a più del 50% delle barriere coralline e una quanto mai abbondante area della foresta amazzonica (quasi certamente il 20% se non oltre) è stata abbattuta.
Una crisi naturale che abbraccia ovviamente anche la penisola italiana, territorio in cui la biodiversità tocca valori decisamente elevati (l’Italia conta metà delle specie vegetali e circa 1/3 di ciascuna delle specie animali europee), sebbene con sprezzante fermezza taluni atteggiamenti e decisioni la stiano erodendo e annientando, ponendo in pericolo la medesima sicurezza e benessere del genere umano.
Riferendosi alla biodiversità d’Italia, il WWF ha parlato della nostra penisola come un bicchiere di cristallo: di bellezza e preziosità straordinaria, colmo di risorse ma incredibilmente fragile.
Biodiversità in Italia, quando la natura segnala il pericolo
Prendendo in considerazione le Liste Rosse nazionali della flora dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), è chiaro che nella penisola italiana circa l’89% degli habitat di valore comunitario si trovi in una condizione di conservazione non propriamente favorevole.
Su 43 habitat forestali, in Italia, 5 presentano uno status conservativo “criticamente minacciato” e 12 sono “in pericolo”. Numeri alla mano il 68% degli ecosistemi del territorio della nostra penisola si presenta in serio pericolo, 35% in pericolo critico. Non è tutto, il 30% delle specie di vertebrati e il 25% delle specie animali marine sono addirittura a rischio estinzione.
Tutti gli ecosistemi sono a forte rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica.
Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi rivela uno status dal punto di vista ecologico non propriamente ottimale. E le indicazioni sulla condizione conservativa delle specie non sono meno preoccupanti. Sempre analisi del WWF rammentano come il 30% delle specie di animali vertebrati e il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo siano a rischio scomparsa. Urgono riflessioni e azioni rapide.
Biodiversità in Italia, minacce e conseguenze della crisi idrica
Non esistono solamente le criticità su specie, habitat ed ecosistemi, messe in atto dall’insaziabile richiesta di risorse naturali avanzata dalle società, si contano anche altre forze che muovono velatamente senza erodere o annientare l’ambiente, ma intralciando e rallentando la risoluzione delle problematiche.
In primis quella che viene chiamata governance ambientale (si prenda a esempio la normativa sulla regolamentazione dello sfruttamento della risorsa idrica), non all’altezza in confronto alla complessità delle problematiche e frenata da finanziamenti circoscritti, come pure dalla riluttanza di soggetti aventi finalità politiche o economiche a breve scadenza, con manchevole attenzione alla salvaguardia della biodiversità, alle comunità più fragili ed esposte e alle generazioni che verranno.
Il fattore cambiamento climatico
Tra le cause che contribuiscono alla crisi della biodiversità c’è anche il cambiamento climatico, fenomeno fortemente intrinseco e connesso all’estinzione delle specie. La perdita di biodiversità incide sul clima, per la sua ripercussione sull’azoto, sul carbonio e sul ciclo dell’acqua.
Allo stesso modo, il cambiamento climatico lede la biodiversità per mezzo di fenomeni quali l’exploit della temperatura e il diminuire delle precipitazioni. Queste si palesano frequentemente come piogge torrenziali, causa di frane e alluvioni devastanti. Altra conseguenza della crisi climatica l’innalzarsi sempre più costante del livello del mare.
In Italia si contano 21.500 km quadrati di suolo cementificato, mentre ben oltre i 1.150 km quadrati di suolo consumati in quasi due decenni, una estensione quasi corrispettiva a quella di una metropoli come Roma. Intanto nel mar Mediterraneo le temperature registrano un aumento del +20% rispetto alla media planetaria.
Occorre considerare anche le specie aliene invasive, riconosciute da non pochi ricercatori come la seconda maggiore minaccia alla biodiversità mondiale, che ha dato un contributo purtroppo determinante al 54% delle estinzioni delle specie animali note, attraverso predazione su specie locali o battaglia per le risorse (basti pensare a cibo, luoghi di riproduzione). Oggi si calcola che nella penisola italiana siano presenti intorno a 3.000 specie aliene, con una crescita pari al 96% nell’ultimo trentennio.
Biodiversità in Italia, pericolo imminente
Questo declino della natura non è lesivo solo per la medesima, ma mette a repentaglio sistemi garanti della nostra stessa esistenza, in primis quello che tiene in piedi l’equilibrio della crisi idrica. Per via del riscaldamento globale in corso, ogni anno la disponibilità media di acqua potrebbe ridursi da un minimo del 10% entro il 2030 a un massimo del 40% entro il 2100, con margini fino al 90% per il Mezzogiorno della penisola.
La sequenza ciclica e perversa della crisi idrica produce effetti sulla biodiversità come l’estinzione (già in corso) di diverse specie, la perdita delle aree umide, l’aumento di parassiti e di connesse malattie, la costanza e violenza degli incendi forestali. Le conseguenze sulle persone, oltre al netto e allarmante calo delle disponibilità di acqua, saranno l’incremento dell’abrasione del suolo e la diminuzione della fertilità dei campi agricoli.
Biodiversità in Italia, possibili alternative
Una delle ultime relazioni del WWF non ha dubbi: urge un intervento concreto che metta repentinamente in atto la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che auspica che quantomeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui status conservativo non è soddisfacente, siano in grado di raggiungerlo entro il 2030.
Il piano mette in conto la tutela degli ecosistemi per mezzo dell’incremento della superficie salvaguardata al 30% del territorio terrestre e marino e che il 30% degli ecosistemi a oggi deteriorati siano ripristinati.
Per ciascun ambiente da proteggere il fascicolo WWF analizza le alternative da predisporre: recuperare e ripristinare le aree umide, potenziare la rete di osservazione delle acque interne superficiali e sotterranee; occorrenza di un Piano di Adattamento alla crisi climatica, dando impulso alle Nature Based Solutions, all’amministrazione forestale; ridurre drasticamente l’utilizzo dei pesticidi in agricoltura, fino all’allargamento della superficie marina protetta.
Ovviamente la premessa fondamentale, prima ancora di parlare di soluzioni e alternative, sta nella volontà e nell’attivarsi di ciascuno: società civile, cittadini, istituzioni, siamo tutti coinvolti. Il futuro è anche nelle nostre mani!