Ha fatto discutere un articolo pubblicato sul Wall Street Journal dal titolo “Perché gli Stati Uniti dovrebbero vietare le criptovalute”, scritto da Charlie Munger. Per molti questo nome non solo non ha un volto ma neanche una storia: in America invece quest’uomo è assai conosciuto: ha 99 anni e da 45 anni lavora nell’alta finanza e, per ultimo, è il braccio destro di Warren Buffet.
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Munger è una vera e propria istituzione negli Stati Uniti, non solo perché ha 99 anni e da 45 lavora nel settore finanziario ai massimi livelli in veste di avvocato, ma soprattutto perché è il braccio destro di Warren Buffett, l’abile “oracolo di Omaha”. Sebbene Munger operi nel settore finanziario e degli investimenti da anni, la carriera forense da un lato lo rende attento alle questioni legali, dall’altro risulta poco propenso alle questioni riguardanti la tecnologia e l’innovazione.
L’articolo che ha scritto per il Wall Street Journal ha suscitato molte discussioni, anche per i più attenti “Munger avrebbe scritto vere e proprie assurdità”.
La più sensazionale è l’esplicito invito al governo statunitense nel seguire l’esempio dei comunisti cinesi, una frase che anni fa, avrebbe potuto causarli seri problemi finanziari. Munger ha chiesto ai democratici di seguire l’esempio di una dittatura totalitaria.
Le critiche mosse al suo articolo sono numerose: gli Stati Uniti sono un Paese libero, e gli americani sono orgogliosi del proprio paese. Anche altrove nel mondo l’America è vista come il baluardo delle libertà e dei diritti civili, proprio contro le tirannie che si ostinano a negarli, come la Cina.
Ma Munger è una vera e propria istituzione e ha ancora molti sostenitori. In alcune parti del suo articolo, fornisce informazioni corrette, ma la sua conclusione ha fatto storcere il naso a molti.
E come lui anche il suo capo, Warren Buffet, si è detto riluttante nei confronti delle criptovalute e ha dimostrato di non essere sempre in grado di comprendere l’innovazione. Il loro approccio sugli investimenti si basa sull’analisi del passato e poco sulla ricerca d’innovazioni.
Nel suo articolo, Munger scrive che le criptovalute sono un contratto di gioco d’azzardo con un margine di guadagno del 100% per chi l’ha creato, o come lui ama definire, la “casa”. Questo è vero per molte criptovalute, ma non certo per il Bitcoin che, insieme a Ethereum e alle StableCoins, domina l’80% del mercato delle criptovalute. Il Bitcoin non è un contratto e non ha nemmeno una “casa”, dal momento che Satoshi Nakamoto ha dato all’umanità il suo protocollo pubblico e Open-source.
Tuttavia, Munger è troppo lontano dal settore delle criptovalute per conoscere e comprendere questi aspetti. Dall’articolo del Wall Street Journal si evince chiaramente il riferimento alle criptovalute emesse dalle aziende, ma commette un grave errore ignorando completamente il fatto che queste rappresentano solo una piccola parte del mercato delle criptovalute.