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Chi finanzia Hamas: origini e flussi finanziari dell’organizzazione

Una donna palestinese manifesta in strada

È uno delle grandi questioni del conflitto in atto in terra santa; Chi finanzia Hamas e le sue attvità paramilitari? Fin da quando sono riprese le ostilità tra Israele e Palestina, a partire dallo scorso ottobre, si è tornati prepotentemente a parlare sui mezzi di informazione di Hamas, l’organizzazione che controlla la striscia di Gaza. Per alcuni si tratta di un gruppo terrorista vero e proprio, per altri si tratta di una sorta di esercito di liberazione legittimo che da anni combatte contro lo Stato israeliano, creato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale dalle Nazioni Unite (e con il supporto economico degli Stati Uniti).

C’è dunque chi, alla luce di questa nuova fase del conflitto, si sta chiedendo chi stia contribuendo alle attività di Hamas, fornendo armi, munizioni e più in generale flussi di carattere finanziario. Proviamo a rispondere a questa domanda.

Indice

I finanziamenti ad Hamas: una questione complessa

Israele e USA impegnati a bloccare i fondi ad Hamas

Il tema delle criptovalute

Finanziamenti che arrivano, in un caso o nell’altro

I finanziamenti ad Hamas: una questione complessa

 chi finanzia Hamas? Ecco tutto quello che c'è da sapere riguardo l'organizzazione islamica che a ottobre è tornata ad attaccare Israele.
Manifestanti sventolano la bandiera della Palestina

Secondo la maggior parte degli esperti e dei funzionari locali, il gruppo militante palestinese Hamas ha sfruttato fino ad oggi una rete finanziaria globale per canalizzare il sostegno da organizzazioni benefiche e nazioni amiche, facendo passare denaro attraverso i tunnel di Gaza o utilizzando criptovalute per eludere le sanzioni internazionali.

Tuttavia, Hamas, dopo l’attacco da parte dei membri del gruppo che ha ucciso centinaia di israeliani, principalmente civili, incontrerà ancora più ostacoli nell’accesso ai fondi. L’organizzazione dovrà dunque riuscire a giocarsi bene le sue carte se non vuole rischiare di essere tagliata fuori. E in questo contesto, ovviamente, stanno cercando anche di inserirsi gli Stati Uniti, nemici giurati di Hamas insieme allo Stato di Israele, che fin dall’attacco dello scorso ottobre si sono attivati per bloccare i finanziamenti all’organizzazione tramite un incontro organizzato già lo scorso ottobre tra il Dipartimento del Tesoro US e le autorità qatariote.

Israele e USA impegnati a bloccare i fondi ad Hamas

A conflitto (nuovamente) iniziato, la polizia israeliana aveva confermaro di aver congelato un conto bancario Barclays che le autorità sostenevano fosse collegato alla raccolta fondi di Hamas e ha inoltre bloccato account di criptovalute utilizzati per raccogliere donazioni, senza tuttavia specificare quanti account o il valore degli asset. Questa mossa da parte di Israele ha messo in luce quello che già abbiamo anticipato, vale a dire il fatto che Hamas è supportato da una rete finanziaria più complessa di quello che potremmo pensare.

A dare manforte a questo punto di vista è stato a sua volta Matthew Levitt, un ex funzionario statunitense esperto di antiterrorismo, che ha stimato come la maggior parte del bilancio di Hamas, superiore a 300 milioni di dollari, provenga dalle tasse sulle attività commerciali, nonché da paesi come l’Iran e il Qatar o da altre organizzazioni benefiche. Si tratta in realtà di opinioni non del tutto inedite: già a febbraio del 2023 il Dipartimento di Stato USA aveva specificato che Hamas raccoglie fondi in altri Paesi del Golfo e riceve donazioni da palestinesi e altri espatriati.

Il tema delle criptovalute

La questione del finanziamento tramite criptovalute è ancora aperta. Secondo quanto dichiarato da Tom Robinson, co-fondatore della società di ricerca blockchain Elliptic, “Hamas è stato uno dei casi più riusciti di finanziamento ad organizzazioni terroristiche attraverso le criptovalute”. Questa versione, ad ogni modo, è stata smentita dalla stessa Hamas, che proprio nel 2023 ha annunciato che si sarebbe allontanata dalle criptovalute, dopo aver subito una serie di ingenti perdite. Il punto è che, tra le altre cose, il sistema di contabilità delle criptovalute può rendere tali transazioni tracciabili. Il giornale The Marzak Review ha nel frattempo fatto notare che dallo scoppio di questa nuova guerra i gruppi di sostegno legati ad Hamas avevano spostato solo poche migliaia di dollari attraverso le criptovalute (“Una delle ragioni probabili per il basso volume di donazioni recenti è legata al fatto che le autorità israeliane li stanno prendendo di mira immediatamente”, ha scritto TRM, precisando inoltre che Israele è riuscita a sequestrare criptovalute del valore di “decine di milioni di dollari” dagli indirizzi legati a Hamas negli ultimi anni).

Finanziamenti che arrivano, in un caso o nell’altro

Bandiera palestinese sventolante contro un cielo azzurro, parzialmente oscurata da rami di alberi in primo piano.
La bandiera della Palestina

Qualunque sia la fonte del denaro che arriva nelle casse di Hamas e permette all’organizzazione di armarsi fino ai denti e supportare le sue operazioni militari è certo che i suoi alleati hanno trovato modalità per sviare i controlli. Secondo il Dipartimento di Stato statunitense, a proposito, un Paese come l’Iran fornisce fino a 100 milioni di dollari all’anno in sostegno a gruppi palestinesi, compreso Hamas, e ha citato metodi per trasferire il denaro anche attraverso (per esempio) società fantasma e metalli preziosi. Sempre secondo le autorità USA, entro il 2022 Hamas era riuscita a sviluppare una rete segreta di società che gestivano 500 milioni di dollari di investimenti in aziende dalla Turchia all’Arabia Saudita.

Per quanto riguarda l’Iran in modo particolare non è certo un mistero che il regime iraniano sostenga la causa palestinese fin dal 1979, una strategia molto utile per posizionarsi come leader del mondo musulmano. Il Qatar, in passato, ha ammesso a sua volta di supportare la Palestina, attraverso i commenti di alcuni suoi funzionari: il Paese, che tra l’altro ospita un’importante base USA, ha versato a partire dal 2014 circa 30 milioni di dollari al mese a Gaza per aiutare a far funzionare l’unica centrale elettrica dell’enclave e sostenere famiglie bisognose e funzionari pubblici nel governo di Hamas.

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