Quando si parla di reverse charge IVA ci si riferisce a un preciso meccanismo per cui chi deve pagare l’IVA è il committente e non chi offre il servizio. Per questo motivo si parla anche di inversione contabile ed è applicabile quando entrambi i soggetti hanno partita Iva e il destinatario deve avere la residenza in Italia. Ecco perché non può realizzarsi, ad esempio, tra un soggetto passivo di Iva e un soggetto privato. Tuttavia, bisogna conoscere bene come funziona questo meccanismo per non imbattersi in sanzioni in caso di errata applicazione. Ecco tutto quello che serve sapere per non sbagliare.
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Che cos’è il reverse charge Iva e come funziona
Come detto con il reverse charge è obbligato al pagamento dell’Iva chi riceve il bene o il servizio e non, invece, come funziona di solito, il prestatore dello stesso. La fattura emessa sarà quindi senza Iva: questa dovrà essere inserita da chi riceve la fattura.
Ci sono alcuni settori in cui si applica questa inversione contabile del pagamento dell’Iva come ad esempio nei casi in cui si prevede la cessione dei beni comunitari, per servizi ricevuti da soggetti intracomunitari o nei subappalti in edilizia. Dovranno scrivere questa annotazione (sia nel registro dell’Iva vendite che dell’Iva acquisti) e versare l’imposta quando dovuta anche i professionisti a regime forfettario.
Se si riceve una fattura con reverse charge, entro il 15 del mese successivo alla data in cui si riceve il documento contabile serve inviare un’autofattura all’agenzia delle entrate. Se, invece, la fattura che si riceve riguarda beni in intra o extra comunità europea, entro il 15 del mese successivo alla data che si trova in fattura bisognerà inviare sempre un’autofattura all’agenzia delle entrate. Inoltre, anche se i beni sono di proprietà estera serve effettuare il reverse charge. Nello specifico serve integrare la fattura con l’esposizione dell’Iva e registrarla nel registro acquisti. Inoltre, bisogna registrare l’autofattura nel registro delle vendite per rendere la fattura neutra.
In un primo momento questo meccanismo fu adottato tra le aziende dell’Unione europea che cedevano merci. Successivamente, invece, è stato ampliato a diversi settori come ad esempio l’edilizia, fabbricati, computer e accessori, imprese di demolizione e di installazione di impianti, completamento di edifici, materiali lapidei e così via. Questa pratica può essere utilizzata anche nel settore dell’energia elettrica. Sarà, dunque, l’utilizzatore del servizio a pagare direttamente l’Iva. In questo modo il carico tributario si sposta dal cedente al cessionario (nel caso in cui si sta parlando di beni) o dal prestatore al committente (in caso dei servizi).
Se, invece, si lavora con le pubbliche amministrazioni si parla di split payment (o scissione dei pagamenti) ma in linea teorica il meccanismo è lo stesso: sarà l’amministrazione a corrispondere l’Iva.
Ad esempio, nel settore dell’edilizia sono diversi i soggetti interessati da questo meccanismo:
- Chi fattura servizi come subappaltatore
- Chi fattura servizi di pulizia o completamento di edifici
- Chi cede fabbricati
- Chi cede rottami come pallet senza merce.
I vantaggi, i contro e le sanzioni del reverse charge
Contrariamente a quanto si possa pensare, questa inversione dell’Iva è molto utilizzata da soggetti professionisti. Tuttavia, prima di scegliere questa modalità, è necessario conoscere i pro e i contro. Il reverse charge ha diversi vantaggi.
La prima motivazione è legata alla volontà da parte dello Stato italiano di evitare le truffe sull’Iva. Molto spesso, infatti, soprattutto nel campo edile erano molti i casi in cui il committente detraeva l’Iva, mentre il ricevente (ad esempio il subappaltatore) non la versava. La conseguenza è, ovviamente, un grande danno erariale, che molto spesso non è quantificabile. Inoltre, da parte dello Stato sarebbe impossibile riscuotere questa somma dovuta o perché vengono cessate le attività o perché chi truffa fa risultare al fisco di essere nullatenente.
Tuttavia, questa modalità sottrae liquidità alle aziende. Serve, infatti, attendere l’anno successivo a quello di imposta per poter recuperare l’Iva, ma in molti casi bisogna aspettare diverso tempo prima di avere la liquidità. Per questo motivo, tanti professionisti sono costretti a ricorrere al credito bancario.
Infine, poiché il reverse charge è definito, come visto, da un’apposita legge, dal 1 gennaio 2022 è prevista una sanzione amministrativa di due euro per ciascuna fattura in cui viene omessa l’integrazione o l’auto-fatturazione. Infatti, sono violazioni sanzionate ad esempio il mancato assolvimento dell’Iva, il versamento dell’imposta con violazione nell’applicazione di questo meccanismo o l’omessa fatturazione. Il limite massimo di sanzione è di 400 euro al mese. Bisogna considerare, però, che sono esclusi dal reverse charge le cessioni di beni come le forniture di beni con posa in opera.
In conclusione, il reverse charge è una strategia molto utilizzata in tutti i settori, soprattutto in quello dell’edilizia, che permette un’inversione tra chi deve versare l’Iva. Conoscere questo meccanismo evita molte truffe sull’Iva e, come visto, presenta diversi vantaggi.