Soprattutto negli ultimi anni, la piaga delle cosiddette plusvalenze fittizie, è salita alla ribalta con particolare riferimento alle inchieste di alcune procure italiane sugli artifici contabili posti in essere da alcune illustri società di calcio. Un tema piuttosto complesso che non riguarda solo il calcio, ma che coinvolge da sempre il mondo finanziario nel suo complesso.
Approfondimenti
Le “plusvalenze fittizie” rappresentano un espediente illegale utilizzato dalle società coprire problemi di bilancio, generando quella fattispecie che viene penalmente punita falso in bilancio. Per comprendere come vengono alterate le plusvalenze, occorre comprendere il meccanismo con il quale questi artiifici contabili vengono posti in atto.
Che cosa sono le plusvalenze
Prendendo come riferimento le inchieste svolte negli ultimi mesi sulle societò di calcio, è opportuno chiarire quando un club effettua una plusvalenza. La plusvalenza si concretizza quando la cessione di un proprio tesserato permette di ottenere un guadagno rispetto al valore di acquisto del giocatore stesso. Per fare un esempio pratico, se il calciatore X viene acquistato a 5 milioni di euro e viene rivenduto successivamente a 20 milioni, la plusvalenza maturata sarà di 15 milioni di euro. Ma è davvero tutto così semplice?
La risposta è no. La gestione delle plusvalenze è soprattutto di natura amministrativa. L’unico elemento rilevante nelle operazioni di compravendita dei tesserati è ciò che viene messo a bilancio e giammai la quantità effettiva di soldi scambiati nelle operazioni. Se il giocatore X acquistato per 20 milioni firma un contratto di quattro anni, la cifra spesa viene spalmata per i quattro anni dell’accordo e quindi il passivo annuo da mettere a bilancio sarà di -5 milioni. Questo procedimento prende il nome di “ammortamento” dei costi.
Se lo stesso giocatore dovesse essere rivenduto a 10 milioni di euro dopo il terzo anno, non si realizzerà una minusvalenza di 10 milioni (20-10), ma nel terzo anno si realizzerà una plusvalenza di 5 milioni di euro, perchè quella era la spesa sostenuta per l’acquisto del calciatore in quel determinato anno (10-5). I profitti così ottenuti dalla cessione vanno subito a bilancio, mentre i costi per l’acquisto erano stati spalmati in 4 anni.
Quando siamo in presenza di plusvalenze fittizie?
Per realizzare plusvalenze fittizie, le società di calcio fanno leva soprattutto sui valori “gonfiati” dei giocatori provenienti dal settore giovanile. Ad esempio, il club X potrebbe decidere di vendere un giovane della squadra “Primavera” a 5 milioni di euro, mentre il suo reale valore di mercato non supererebbe il milione di euro. Ma perchè un club dovrebbe acquistare un calciatore per un costo pari a 5 volte il suo reale valore? La risposta è semplice: perchè i due club effettueranno l’operazione inversa con un altro calciatore della Primavera.
E quindi il club che precedentemente ha acquistato il giovane calciatore a 5 milioni, venderà allo stesso club un proprio giovane calciatore allo stesso prezzo. Ad entrambi i calciatori verranno stipulati contratti quinquennali da spalmare in 5 anni (1 milione di passivo per ogni anno), mentre la plusvalenza realizzata con la cessione del proprio giocatore (pari a 5 milioni di euro) verrà subito portata a bilancio, realizzando così un attivo di 4 milioni di euro. Si tratta delle famose “plusvalenze a specchio”.
Questo meccanismo coinvolge soprattutto i giocatori più giovani e meno noti, spesso non assistiti da procuratori scaltri e che hanno stipendi bassi. Fra l’altro, trattandosi di giocatori meno noti, le loro sorti calcistiche non finiscono sulle prime pagine dei giornali.
A cosa servono queste plusvalenze
La maggior parte dei club che ricorrono alle plusvalenze a specchio lo fanno coprire buchi di bilancio nel breve periodo, mascherando così i passivi contabili. Ricorrendo a questi stratagemmi, tutti i club coinvolti negli scambi di calciatori hanno da guadagnare e non hanno nulla da perdere.
Ma il vero “inghippo” sta nel fatto che le plusvalenze fittizie non prevedono un effettivo scambio di denaro, poiché i reali benefici sono meramente di natura contabile. Effettuando queste operazioni, anno dopo anno, è possibile mascherare costantemente i problemi di bilancio. Questi trucchi contabili non risolvono i problemi di bilancio, ma li spostano nel tempo. Sommando pluvalenze fittizie ad altre plusvalenze fittizie, anno dopo anno, non è facile riuscire a far quadrare i conti. Spesso la situazione diventa totalmente ingestibile nell’arco di 4-5 anni.
Queste plusvalenze fittizie, inoltre, non sono facili da dimostrare in sede legale, anche perchè è difficile stimare il reale valore di un calciatore. Chi può dimostrare che un calciatore è stato realmente pagato più del dovuto? L’unica risorsa a disposizione della magistratura per dimostrare l’intenzione di realizzare plusvalenze fittizie è quella di ricorrere alle intercettazioni telefoniche, come avvenuto di recente in un caso che ha coinvolto Chievo e Cesena. Entrambe le società furono condannate in virtù di intercettazioni telefoniche che inchiodarono i dirigenti di entrambe le squadre. Dalle loro conversazioni emerse la chiara volontà di gonfiare il valore dei calciatori per realizzare, appunto, delle plusvalenze fittizie per mettere a posto i bilanci.