La vita da condominio è scandita anche dalle assemblee, incontri degli inquilini nel corso dei quali si prendono diversi tipi di decisioni di comune accordo. A volte però può accadere che quello che è stato deciso scontenti alcuni abitanti della relativa palazzina: in questi casi sarà possibile, se lo si riterrà necessario, impugnare la delibera. Ricordiamo che in un simile scenario sarà fondamentale conoscere 5 diversi step/elementi, vediamo insieme quali più nel dettaglio.
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1. Comprendere come funziona un’assemblea condominiale
All’interno del condominio un’assemblea costituisce l’organo con il maggior numero di competenze rispetto alle diverse problematiche che si possono presentare, dai lavori di ristrutturazione ad eventuali contese tra vicini di casa. Basti pensare per esempio che lo stesso amministratore possiede poteri estremamente limitati, legati essenzialmente solo alla gestione dei relativi documenti e al rispetto delle leggi, per “eseguire gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio” (secondo quanto riporta l’articolo 1130, numero 4 del codice civile). A questo tipo di incontri hanno diritto di partecipare in presenza tutti i condomini, delegando eventualmente qualcun altro al loro posto.
Sarà responsabilità dell’amministratore convocare i condomini; in alternativa, in assenza di un amministratore la convocazione potrà essere organizzata da un inquilino, annualmente, mediante l’invio di una comunicazione agli altri abitanti della struttura abitativa. Qualora, al contrario, l’amministratore fosse presente ma non assolvesse al proprio compito nel condominio, l’incontro potrà essere convocato da almeno due proprietari che rappresentino almeno un sesto del valore complessivo dell’edificio.
Rispetto alla validità dell’assemblea sarà necessario raggiungere un certo quorum, cioè un numero minimo di partecipanti: il quorum richiesto per avviare la prima convocazione dell’assemblea è pari ai due terzi e al 50% più uno dei condomini, calcolati per ciascun partecipante. Nel caso in cui non si dovesse raggiungere il numero minimo di partecipanti necessario per deliberare in modo valido nella prima convocazione, l’assemblea si terrà in seconda convocazione entro il giorno successivo alla data della prima convocazione, ma non oltre il decimo giorno. In questa seconda convocazione, il numero minimo di partecipanti necessari sarà costituito da almeno un terzo del valore totale dell’edificio e un terzo dei partecipanti al condominio.
Alcune delle decisioni da prendere richiederanno a loro volta il raggiungimento di un determinato quorum. Stiamo parlando di:
- La nomina o la revoca dell’amministratore;
- La ristrutturazione dell’edificio o riparazioni di notevole portata;
- L’installazione di impianti di videosorveglianza per garantire la sicurezza degli inquilini;
- L’approvazione di modifiche al regolamento condominiale.
2. Approfondire l’ipotesi di annullabilità
Come anticipato, e com’è normale che sia, può accadere che un inquilino non apprezzi né condivida la decisione presa, per i più svariati motivi. Ecco dunque che in questo senso viene in suo aiuto l’articolo 1137 del codice civile, che spiega nel dettaglio quali sono le situazioni in cui è possibile contestare le decisioni prese dall’assemblea condominiale. Ricordiamo che come in tutti gli altri casi di contestabilità, le decisioni contestate rimangono valide fintanto che non verranno ufficialmente annullate da un tribunale. Le decisioni possono essere contestate quando risultano senza dubbio “contrarie alla legge o al regolamento condominiale”. Il difetto che porta all’annullabilità, come vedremo, è generalmente meno grave rispetto a quello che rende una decisione nulla. La sentenza che annulla la delibera, ricordiamo, sarà definitiva.
3. Conoscere i termini per l’impugnazione
Come precisato dal secondo comma dell’articolo 1137 del codice civile, il termine massimo di impugnazione per annullabilità della delibera condominiale è di trenta giorni a partire dalla data in cui l’assemblea si è svolta, e questo nel caso in cui l’inquilino fosse presente all’incontro con i suoi vicini di casa; nel secondo caso invece il termine verrà calcolato “dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.
4. Considerare l’ipotesi di nullità
Per quanto riguarda l’impugnazione di una delibera condominiale è altresì importante conoscere il concetto di nullità, che si riferisce a un difetto così grave che impedisce alla decisione di avere effetti legali. È un difetto più serio rispetto alle situazioni in cui una decisione dovesse essere semplicemente annullabile. Quando si contestano le decisioni condominiali considerate nulle, il tribunale emette una sentenza di accertamento e non di costituzione. Poiché la decisione sarà già nulla in principio, il tribunale si limiterà banalmente a constatare questa circostanza anziché ad annullarla. La legittimazione della nullità sarà estesa a qualunque condomino vi abbia interesse. Si tratta di uno scenario in cui la delibera dell’assemblea presenta un oggetto illecito (si pensi, ad esempio, al caso in cui gli inquilini prendessero una decisione palesemente in contrasto con le normative vigenti).
5. Valutare le spese legali
I costi dell’operazione sono legati al fatto che sarà necessario sottoporre la controversia a una procedura di mediazione, che nel nostro Paese comporta un costo iniziale compreso tra 40 e 112 euro più IVA, da aggiungere all’onorario dell’avvocato. Il legale scelto per gestire il caso potrà costare da un minimo di 200 euro circa in su, a seconda di quanto la questione è complessa. Ci sono poi da considerare i costi processuali, che possono partire da indicativamente 1000 euro per un semplice giudizio dinanzi al giudice di pace, a salire.