Il Big Mac Index è un indice basato sulla teoria della parità del potere d’acquisto (PPP), che afferma che, nel lungo periodo, i tassi di cambio delle valute dovrebbero direzionarsi verso la convergenza del prezzo di beni e dei servizi in diversi paesi.
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Poiché, in linea teorica, i prezzi del Big Mac (il famoso panino venduto nei ristoranti McDonald’s) dovrebbero convergere in ogni paese, forniscono una variabile di controllo per osservare le differenze di prezzo. L’indice Big Mac viene utilizzato dividendo il prezzo di un Big Mac in un paese per il prezzo di un Big Mac in un altro paese nelle valute locali, per ottenere così il tasso di cambio. In genere, questo metodo può essere utile da applicare ai paesi in cui non sono disponibili indici affidabili o dati ufficiali accurati.
Cos’è l’indice Big Mac?
Il Big Mac Index si basa sulla teoria PPP, che considera l’idea di un paniere di beni e servizi in diversi paesi che possa essere ritenuto compatibile con quello del paese confrontato. Ad esempio, il paniere di beni e servizi negli Stati Uniti è molto differente da quello che si può trovare in altre parti del mondo. Una azienda come McDonald’s, ad esempio, può vantare punti vendita in 118 paesi, il che significa che il suo sandwich Big Mac può rappresentare una variabile di controllo attendibile.
Il prezzo di un Big Mac scaturisce da diversi fattori economici locali come il costo degli ingredienti, il livello medio degli stipendi delle varie aree geografiche o quanto costa farsi pubblicità nelle emittenti locali, per fare solo un esempio. Ecco perchè il Big Mac Index è un dato importante, perchè fornisce una sorta di istantanea sul costo della vita di un paese. Secondo molti economisti, prendendo come riferimento la metrica PPP che si ottiene confrontando i prezzi dei Big Mac in tutto il mondo, si otterrà un dato attendibile sul potere d’acquisto nel mondo reale.
Come si calcola l’indice Big Max
Per ottenere l’indice Big Mac confrontando un paese con un altro, occorre fare un’operazione di divisione del costo di un Big Mac in un paese per il costo in un altro paese. La soluzione di questa operazione darà il PPP tra un paese e l’altro. Quando si prende come riferimento la valuta locale di ogni paese, non si può trascurare la variabile legata al tasso di cambio. Quindi, occorre confrontare il tasso di cambio così ottenuto con il cambio ufficiale tra le due valute.
Secondo la teoria PPP, da questo calcolo si potrà capire se una valuta è sottovalutata o sopravvalutata. Per fare un esempio pratico, se un Big Mac negli Stati Uniti costa 2 dollari e nella zona euro costa 3 dollari, la valutazione dell’indice Big Mac per EUR/USD sarebbe 1,5. A questo punto bisognerebbe confrontare questo valore con il tasso di cambio EUR/USD. Se il tasso EUR/USD fosse esattamente 1,5, si potrebbe dedurre che l’euro è valutato correttamente rispetto al dollaro USA.
Ma se il tasso di cambio fosse alla pari, allora si potrebbe concludere che l’euro è sopravvalutato. Questo calcolo può essere considerato alla stregua di una vera e propria bussola per orientarsi su molte scelte finanziarie che si devono fare, ad esempio su dove investire i propri soldi.
Si può, dunque, usare questo calcolo per determinare se una valuta è sopravvalutata o sottovalutata rispetto ad altre, e si possono effettuare operazioni basandosi sul confronto di tali dati con il mercato dei cambi. In questo modo si potrà avere sempre un quadro generale mediamente attendibile sulle variazioni dei prezzi nel tempo per capire l’andamento dell’inflazione e confrontarlo con i dati ufficiali.
Serve davvero l’indice Big Mac?
In linea di massima, gli investitori americani non ricorrono molto all’indice Big Mac per sapere l’andamento dei prezzi. Esistono già degli indici dei prezzi che forniscono dati molto attendibili, come l’indice dei prezzi al consumo (CPI), che includono già tutti i beni, per effettuare una stima esatta. L’indice Big Mac diventa molto prezioso soprattutto in quelle realtà in cui non sono disponibili degli indici affidabili, poiché i governi locali tendono a manipolare questi dati o per carenza di dati ufficiali. In questi paesi è difficile avere una stima sull’incidenza del tasso di inflazione e il confronto con i tassi di cambio.
Il Big Mac Index, quindi, va considerato solo come uno strumento utile, ma non indispensabile. Può essere una metodologia di calcolo da affiancare ad altre metodologie già ben sperimentate, per analizzare i mercati internazionali prima di prendere qualsiasi decisione su dove investire.
Tra il 2010 e il 2012, molti economisti ritenevano che l’Argentina manipolasse questi dati per sottovalutare il reale tasso di inflazione. Alcune autorevoli riviste economiche come The Economist fecero ricorso all’indice Big Mac per scoprire che il tasso medio annuo di inflazione degli hamburger era del 19%, molto più alto del tasso di inflazione ufficiale che era stimato nel 10%. Un dato che ha aiutato molto gli investitori internazionali a farsi un’idea reale sull’inflazione in Argentina e comportarsi di conseguenza.
Il vero svantaggio legato all’uso dell’indice Big Mac è che analizza solo un singolo articolo e non una serie di prodotti e servizi e quindi offre una panoramica dei prezzi molto limitata e non esaustiva.