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Cambio dollaro pesos argentino: cosa rischia il Paese?

javier milei il presidente che vuole attuare il cambio della valuta dal pesos al dollaro

Il nuovo presidente dell’Argentina Javier Milei ha proposto la dollarizzazione del Paese, ovvero propone un cambio dollaro pesos argentino. Si tratta di una proposta azzardata fatta da un personaggio sui generis come il presidente eletto del paese sudamericano in una campagna elettorale con toni accesi, aggressivi e spesso iperbolici, ma cosa succederebbe se davvero Milei dovesse realizzare questa dollarizzazione dell’Argentina?

La sfida dell’economista Milei è quella di risanare un’economia dilaniata del Paese. La gestione economica degli ultimi anni in Argentina ha azzerato quasi le riserve della banca centrale. Per risolvere questa situazione la proposta di Milei ha l’obiettivo di affiancare il dollaro al peso per poi procedere ad una sostituzione fino al cambio dollaro pesos argentino. L’obiettivo è quello di porre fine a un’inflazione tra le più alte del mondo, arginare le fughe di capitali, ridurre il costo dell’indebitamento internazionale, aumentare la fiducia degli investitori esteri e stimolare la crescita.

La situazione economica dell’Argentina non è tra le più rosee infatti. Anzi, l’inflazione nell’ultimo anno ha raggiunto picchi altissimi superando il tasso di 140%. A ottobre è stato registrato un tasso di inflazione del 142, 7%. Il rischio di questa altissima inflazione è la svalutazione del pesos argentino che si andrebbe ad eliminare con la dollarizzazione del Paese. Con il cambio dollaro pesos argentino il paese dell’America Latina sarà più vicino economicamente e commercialmente all’Occidente.

monete e banconote pesos argentino
banconote da 100 di pesos argentino

Cambio dollaro pesos argentino: le sfide per Milei

Ad ogni modo sarà molto difficile per Milei risollevare le sorti economiche dell’Argentina. Il futuro governo dovrà trovare soluzioni per reperire la liquidità e mettere in circolazione i dollari.

L’idea di Milei non è così astratta perché non si tratta della prima volta che un paese dell’America Latina decide di passare al dollaro come Ecuador e Salvador ma non sempre le aspettative si sono rivelate soddisfacenti. Si tratta però della prima volta che un grande paese come l’Argentina, la terza economia della regione farebbe un passo del genere.

Secondo gli studiosi del caso però non si tratterebbe di un passaggio repentino e traumatico perché il cambio dollaro pesos argentino avverrebbe in una circostanza in cui la valuta argentina ha perso potere e credibilità a causa della forte inflazione. È il caso dell’Argentina che ora l’iperinflazione ha ridotto il pesos ad una valuta quasi nulla.

Il problema principale è iniziale, ovvero per eliminare la circolazione della moneta bisogna sostituirla, di conseguenza ora l’Argentina deve comprare dollari e non ne ha la possibilità perché la malagestione economica e finanziaria ha prosciugato le riserve della banca centrale raggiungendo i livelli più bassi dal 2006.

Milei deve quindi procurarsi la liquidità iniziale per poter avviare questo processo e sarà molto difficile. Il nuovo presidente ha già annunciato misure drastiche per ridurre la spesa pubblica. L’inflazione potrebbe arrivare al 200% e il paese potrebbe cedere al decimo default finanziario. Per mettere in atto la dollarizzazione secondo il neopresidente basterebbero tra i 40 e i 90 miliardi di dollari, di cui al momento l’Argentina però non dispone. Secondo le stime dell’Economist, le riserve di dollari la Banca centrale d’Argentina è in rosso di 5 miliardi.

banconote 100 dollari
banconote 100 dollari statunitensi

Cambio dollaro pesos argentino: le implicazioni geopolitiche

L’Argentina ha cercato di salvare il più possibile le riserve di dollaro statunitense, infatti ha saldato il debito con il Fondo Monetario Internazionale usando i yuan cinesi. La mossa si inseriva nel contesto precedente all’elezione di Milei secondo cui dal prossimo anno l’Argentina dovrebbe entrare a far parte dei BRICS, ovvero le economie emergenti insieme a Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran, Etiopia e di cui già fanno parte Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. L’allargamento dei Brics era stato proposto da Xi Jinping per creare un contro G7 e contrastare l’egemonia degli Stati Uniti e del potere del dollaro.

Insieme a Putin, Xi aveva anche optato per la creazione di una moneta che tenesse testa al dollaro. In quest’ottica, l’Argentina aveva iniziato ad inserire lo yuan nel mercato finanziario argentino dato che la maggior parte delle esportazioni argentine vanno al colosso asiatico: nel 2022 la Cina ha acquistato il 92% della soia e il 57% della carne.

La Cina è infatti il miglior partner commerciale dell’Argentina e di certo l’elezione di Milei non è stata digerita bene da Pechino. Un rapporto destinato a incrinarsi con l’arrivo del nuovo presidente che ha dichiarato di non avere intenzione di fare affari con i “comunisti cinesi” e ha negato anche la volontà di entrare a far parte dei Brics. Oltre che per gli scambi commerciali, la Cina resta importante per l’Argentina perché Pechino ha investito molto nel paese sudamericano per i giacimenti di litio.

Ora la salita di Milei, un anarcocapitalista molto vicino agli Stati Uniti che propone addirittura la sostituzione della propria moneta con la moneta del leader americano, può cambiare gli scenari geopolitici internazionali.

La difficile dollarizzazione dell’Argentina

In definitiva, il cambio dollaro pesos argentino se verrà messa in atto questa dollarizzazione avanzata da Milei potrebbe non rivelarsi la scelta vincente per salvare l’Argentina. Oltre alle difficoltà iniziali di reperire liquidità ci sono altri fattori da considerare ovvero che con il cambio dollaro pesos argentino il costo della vita rischia di alzarsi vertiginosamente e diminuire ancor di più il potere d’acquisto di una popolazione già segnata dall’iperinflazione e che si trova per un terzo in condizioni di povertà.

Non si sa se Javier Milei deciderà di procedere su questa strada, anche perché ci sono varie implicazioni di politica estera che vanno tenute in conto, come il rapporto con la Cina. Inoltre, non è sicuro che gli Stati Uniti in questo panorama internazionale abbiano la voglia e le risorse per aiutare anche l’Argentina.

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