I Fringe Benefit sono un importante forma di compenso (non monetario) che le aziende riconoscono ai propri dipendenti al fine di ridurre il carico contributivo e fiscale. Attraverso i Fringe Benefit, le aziende mettono a disposizione dei propri dipendenti beni e/o servizi con un forte impulso incentivante e fidelizzante. Vengono anche riconosciuti dal datore di lavoro al singolo lavoratore ma non fanno parte del reddito del lavoratore se, complessivamente, nel periodo d’imposta, non superano i 258,23 euro.
Approfondimenti
Che cosa sono i fringe benefit?
Il termine Fringe benefits trae origine dall’espressione inglese “fringe” (frangia, ma anche bordo, limite) e benefit (vantaggio). Questa forma non monetaria di compenso si sostanzia in una “retribuzione marginale” o in un “vantaggio indiretto”. Vanno collocate nella più ampia categoria delle retribuzioni incentivanti, poiché rappresentano veri e proprio strumenti essenziali per valorizzare la prestazione dei lavoratori e dei collaboratori.
Chi sono i beneficiari dei Fringe Benefit?
A differenza del welfare aziendale che si rivolge alla generalità o a intere categorie di dipendenti, il riconoscimento di fringe benefit può scaturire anche dall’accordo privato tra il singolo lavoratore e il datore di lavoro. In genere i destinatari di questa specifica forma di retribuzione sono i dirigenti, i quadri e il personale direttivo, anche se in determinati casi vengono estesi anche ai lavoratori inquadrati a livelli inferiori.
H2: Fringe benefit mutui dipendenti: come si calcola?
Queste agevolazioni non monetarie che vengono riconosciute dalle aziende a determinati dipendenti, possono tradursi anche in benefit sulla concessione di mutui, di prestiti a tassi agevolati o di scoperture di conto o altri prodotti che generano interessi passivi. Ma come si calcolano i benefit mutui per i dipendenti? La tassazione agevolata si applica sulla differenza tra il tasso ufficiale di sconto BCE al 31 dicembre dell’anno in corso e il tasso di interesse applicato al finanziamento. Il risultato va diviso per due e moltiplicato per il debito residuo. Questa modalità di calcolo avrà un effetto retroattivo sulle rate annuali.
Il tasso agevolato così ottenuto non deve superare la soglia prevista per il fringe benefit altrimenti verrà meno l’esenzione fiscale e si applicherà la tassazione sull’intera agevolazione. Sostanzialmente la formula da applicare per calcolare la quota fringe benefit sui mutui è (Tasso BCE – Tasso dipendente) / 2 = % benefit. La percentuale così ottenuta va moltiplicata per il debito residuo. Da questo calcolo scaturirà il valore del benefit.
Fringe benefit sui mutui cointestati
Nel caso di mutui cointestati, bisogna fare un opportuno distinguo. Nel caso in cui il cointestatario fosse un altro dipendente, la quota fringe benefit degli interessi viene calcolata al 50% per ognuno. Nel caso in cui non fosse un dipendente, la quota interessi fringe benefit va intesa a carico, in maniera totale, del dipendente che beneficia del mutuo agevolato.
Le novità introdotte col Decreto Lavoro
Col decreto Lavoro, il governo attuale ha innalzato a 3mila euro la soglia di non imponibilità dei fringe benefit per lavoratori con figli a carico. Una agevolazione che è stata però in parte vanificata dal rialzo dei tassi di interesse. Lo stesso decreto lavoro ha anche introdotto delle sostanziali modifiche al welfare aziendale, innalzando la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit che passa da 258,23 euro a 3mila euro, ma solo per l’anno in corso e per i dipendenti che hanno figli a carico.
I buoni propositi del governo per agevolare i dipendenti, in realtà è stato vanificato dall’attuale congiuntura economica e dal rialzo del tasso di interesse deciso dalla Bce che a maggio è salito al 3,75% producendo effetti nefasti non indifferenti sulla tassazione del reddito dei dipendenti che beneficiano dei Fringe Benefit sui mutui o sui prestiti a tassi agevolati.
Le regole sui Fringe Benefit potrebbero cambiare ancora
L’innalzamento della soglia di defiscalizzazione a 3000 euro dei Fringe Benefit per lavoratori e lavoratrici con figli a carico, stabilito con il nuovo decreto lavoro, potrebbe rappresentare solo un provvedimento temporaneo che segue il progressivo innalzamento delle soglie già previste nei decreti degli anni precedenti.
Nel 2023 potrebbe arrivare una radicale riforma che potrebbe prevedere l’innalzamento della soglia di defiscalizzazione a 1000 euro indistintamente per tutti i lavoratori e le lavoratrici. La nuova riforma conterrebbe anche ulteriori vantaggi per i dipendenti con figli, con l’introduzione di un “bonus” di 660 euro per ogni figlio a carico, fino a un massimo di tre figli. L’innalzamento delle soglie seguirebbe sostanzialmente questo schema:
- 1.000 euro i lavoratori senza figli;
- 1.660 euro per i lavoratori con un figlio a carico;
- 2.320 euro per i lavoratori con due figli a carico;
- 2.980 euro per i lavoratori con tre o più figli a carico.
Con questa nuova riforma, la platea dei beneficiari sarebbe molto più ampia e comporterebbe per l’erario un esborso ancora più consistente che si estenderebbe a 250 milioni, dai 142 milioni previsti inizialmente.