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I consigli sulla tassazione sulla vendita di azioni in perdita

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La vendita di azioni in perdita genera le cosiddette minusvalenze che si ottengono proprio quando si scegliere di vedere ad un prezzo più basso quei prodotti finanziari che abbiamo acquistato ad un prezzo più elevato. Dalle minusvalenze generate dalla compravendita di strumenti finanziari scaturiscono crediti fiscali che si possono recuperare nell’anno in corso o nei quattro anni successivi. 

Nel momento in cui un investitore decide di aprire un dossier titoli, salvo diverse disposizioni da parte del titolare del conto, la banca applica in automatico il regime amministrato “fungendo” da sostituto d’imposta. In questo caso l’investitore non avrà bisogno di inserire plusvalenze o minusvalenze nella dichiarazione dei redditi. Se l’investitore vende un prodotto finanziario ad un prezzo più alto di quanto lo ha comprato, realizza plusvalenza sulla quale dovrà pagare una tassa, il capital gain (con aliquota al 26%) che la banca tratterrà dai profitti. Se invece l’investitore realizza una minusvalenza potrà portare in compensazione la perdita

Il primo consiglio è quello di stare sempre attenti alle date per recuperare le minusvalenze. Bisogna sapere che la data di scadenza è sempre fissata al 31 dicembre di ogni anno. Per fare un esempio pratico, il 31 Dicembre 2023 scadranno le minusvalenze generate nel 2019. È assolutamente nell’interesse dell’investitore recuperare, in tutto o in parte, la liquidità derivante dalla vendita di azioni in perdita. 

Se si detiene un dossier titoli che prevede il regime amministrato, l’investitore non potrà compensare perdite o profitti derivanti da conti aperti in banche diverse. Bisogna sapere che ogni banca opererà tenendo solo ed esclusivamente in considerazione le operazioni finanziarie fatte con lei e non terrà conto delle operazioni finanziare compiute altrove.   

Come ricostruire la propria situazione fiscale?

Per ricostruire la propria situazione fiscale occorre consultare un documento denominato “posizione fiscale” che verrà rilasciato dallo stesso istituto di credito che ha aperto il dossier titoli. E’ un documento importante in cui sono contenute tutte le operazioni in strumenti finanziari riconducibili a uno stesso soggetto (codice fiscale). Sono ricomprese sia quelle operazioni che hanno generato un profitto che quelle che hanno determinato una minusvalenza. 

In caso di profitto, sarà sempre la banca ad applicare automaticamente le trattenute fiscali previste dalla normativa vigente, mentre quando si verifica una perdita, la somma viene accantonata nel cosiddetto “zainetto fiscale”. Man mano che l’investitore, in futuro, dovesse realizzare dei profitti, l’importo detenuto nello zainetto fiscale andrà progressivamente azzerandosi.  

I prodotti finanziari che non consentono di recuperare minusvalenze

Il fisco italiano fa una distinzione netta, a livello fiscale, tra gli strumenti finanziari che generano “redditi di capitale” e quello che creano “redditi diversi“. Una differenza che ha un impatto fondamentale sulla fiscalità. Secondo la normativa vigente, possono essere portati in compensazione solo gli strumenti che producono “redditi diversi”. 

Gli strumenti che generano redditi di capitale e che non permettono di compensare le minusvalenze sono i fondi comuni di investimento, gli ETF, i dividendi azionari e le cedole delle obbligazioni. I prodotti finanziari che invece generano “redditi diversi” e che possono essere portati in compensazione (in caso di minusvalenze) sono le azioni, gli ETC, le obbligazioni, i titoli derivati e i Certificates

Come portare in compensazione le minusvalenze?

Per comprendere il meccanismo che si instaura quando vogliamo portare in compensazione delle minusvalenze occorre fare un piccolo esempio pratico. Supponendo che l’investitore abbia una minusvalenza di 2 mila euro in scadenza e il Certificate XY stacca il 15/12 un coupon del 20% ed entro tale data l’investitore investirà in questo strumento finanziario un importo di 10.000 euro nominali, al 15/12 incasserà 2.000 euro. 

Il profitto così ottenuto andrà a compensare e azzerare la minusvalenza in scadenza. Va precisato che dopo lo stacco del coupon, il Certificate varrà il 20% meno di prima, quindi l’investitore non avrà ottenuto un reale guadagno, ma con tale operazione potrà procrastinare nel tempo la minusvalenza che era in scadenza. 

Per recuperare tempestivamente le minusvalenze scaricando lo zainetto fiscale, bisogna sempre affidarsi ad istituti di credito molto efficienti che consentono di eseguire rapidamente queste operazioni. Banche come Allianz, Banca Fideuram, Banca Generali, BNL, Che Banca, Credem, Credit Agricole, Intesa San Paolo o Mps consentono di poter operare in tal senso e rappresentano quanto di meglio possa esistere sul mercato per aprire un dossier titoli. 

Bisognerebbe invece prendere le distanze da quelle banche che operano in maniera differente, riducendo il valore di carico del Certificates di un importo analogo alla cedola incassata. In questo modo si potrà recuperare la minusvalenza solo all’atto della vendita o alla scadenza del titolo. 

Sempre rimanendo in tema “Certificates” un altro consiglio prezioso che va dato all’investitore è quello di non acquistare mai questi strumenti finanziari in fase di sottoscrizione per via delle elevate commissioni che vengono applicate dalle banche (mediamente dal 3 al 5%, ma in alcuni casi possono anche arrivare al 10%).

Dove inserire le minusvalenze nel 730?

Nel caso in cui l’investitore opti per il regime dichiarativo, eventuali minusvalenze devono essere riportate nella colonna 5 del rigo RT94. Ricordiamo che le minusvalenze possono essere compensate, entro i successivi quattro anni, con plusvalenze maturate dalla compravendita di determinati strumenti finanziari che generano redditi diversi, quali possono essere azioni, certificates, futures, opzioni ed Etc. 

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