Living Carbon Company, ossia una startup che aspira a combattere il cambiamento climatico grazie all’apporto di alberi geneticamente modificati.
Approfondimenti
Nel giro di un quadriennio ha messo insieme 36 milioni di dollari. Tra i suoi co-fondatori figura pure una ex di OpenAI (l’organizzazione alle spalle di ChatGPT). Living Carbon Company, progetto nato a San Francisco, vorrebbe piantare alberi geneticamente modificati per far fronte al fenomeno del cambiamento climatico. Ovviamente pro e contro sono già pronti a scontrarsi.
Il sogno della Living Carbon Company
Abbassare l’utilizzo dei combustibili fossili e avvalersi di energie rinnovabili sembrerebbe non bastare, allo stato attuale, per dare un apporto importante e drastico contro il cambiamento climatico. Sebbene scienziati e ingegneri in ogni angolo del pianeta sperimentino progettazioni di macchine che aspirano il carbonio dall’aria e centrali elettriche capaci di stoccarlo in profondità nel sottosuolo, pare a questo punto lampante per gli addetti ai lavori che la lotta al drammatico fenomeno non possa limitarsi alla diminuzione delle emissioni di carbonio.
Living Carbon Company, una startup ideata quattro anni fa a San Francisco, ha ipotizzato pertanto di
riequilibrare responsabilmente il ciclo del carbonio del pianeta utilizzando il potere intrinseco delle piante,
ovvero servendosi di milioni di alberi geneticamente modificati in grado di crescere in modo rapido e di catturare così più carbonio.
La volontà sta nel porsi nel mezzo tra le alternative al cambiamento climatico incentrate sulla natura, come il frenare la deforestazione, e le vie più propriamente ingegneristiche.
Living Carbon Company, funzioni e protagonisti
Living Carbon rappresenta una startup che si avvale della competenza di biologi, ecologi, forestali, botanici e ricercatori. I professionisti sono chiamati a impegnarsi per un miglioramento della redditività, della scalabilità e della funzionalità dei progetti di rimozione del carbonio affidandosi alla scienza.
Tra i suoi co-fondatori figura anche Maddie Hall, con un trascorso lavorativo presso OpenAI (la software house che ha progettato ChatGPT) che, basandosi su quanto affermato da Quartz, avrebbe voluto concedere ai biologi le medesime chance di cui godono i ricercatori di intelligenza artificiale.
Importanti le sue recenti parole:
Entro il 2030 possiamo piantare abbastanza alberi da rimuovere un gigatone di carbonio.
Gli scienziati hanno calcolato come, per serbare il clima del nostro pianeta a una temperatura stabile, entro la metà di questo secolo sarà necessario rimuovere annualmente circa 10 gigatoni di carbonio dall’atmosfera.
Living Carbon Company, alberi geneticamente modificati
Un recente progetto ha garantito alla startup la raccolta di 21 milioni di dollari all’inizio del 2023. La proposta è quella di piantare negli Usa 5 milioni di alberi geneticamente modificati. Di cosa si tratta? Pioppi (celebri per essere in grado di limitare ed eliminare le tossine industriali) aventi una crescita il 50% più rapida e di catturare quindi il 27% di carbonio in più, quantomeno in stato di serra. Questo il quadro emerso da una ricerca in pre-print divulgata su bioRxiv.
Il Gruppo si augura in più che tornino utili anche nella lotta alle specie invasive, creando una copertura forestale in grado di favorire il rifiorire delle piante autoctone.
Living Carbon Company, business strategy
La struttura di business di Living Carbon, come ha spiegato Quartz, consta nel servirsi degli incentivi per la diminuzione delle emissioni di carbonio dispensati da governi e organizzazioni non profit. Questi proventi sono investiti in persone e società in possesso di terreni deteriorati in una prospettiva ambientale a causa dell’utilizzo industriale o agricolo, corrispondenti a circa 133 milioni di acri negli Stati Uniti.
La Living Carbon Company retribuirà per piantare i suoi alberi sui terreni e poi andrà a lavorare con terze parti come Watershed per quantificare l’incidenza di queste piante. In seguito, potrà vendere i crediti per il carbonio stoccato alle società che cercano di equilibrare le loro emissioni. O anche, le società potranno cooperare direttamente con Living Carbon e avvalersi degli alberi per i propri computi interni sulle emissioni di carbonio.
Living Carbon Company, il parere degli addetti ai lavori
Ciò nonostante, malgrado vi siano professionisti che valutano il progetto stimolante e innovativo, non tutti sono fiduciosi sull’impatto dell’iniziativa poiché questo dipenderà da molteplici fattori e ci vorranno anni per accertarlo.
Tra gli interrogativi, il destino degli alberi (e anche del carbonio) quando cesseranno di vivere. Altro dubbio: le tipologie di alberi scelte sono idonee alle aree in cui saranno piantate o la loro crescita rapida esigerà una quantità eccessiva di acqua?
E ancora, lo svilupparsi di alberi in stile piantagione, incentrato su un numero ristretto di specie, può essere soggetto a parassiti e agenti patogeni?
Ma non finisce qui. Stando al New York Times, anche se Living Carbon compisse il miracolo, dovrebbe abbattere altre barriere, oltrepassare altri ostacoli. Del resto, le maggiori organizzazioni che garantiscono le foreste sostenibili proibiscono l’impiego di alberi ingegnerizzati e alcune ostacolano le aziende associate nell’immissione di alberi ingegnerizzati all’estero. Attualmente il solo Stato in cui si ha conoscenza che sia stato piantato un discreto numero di alberi geneticamente modificati è la Cina.
Critiche fioccano anche dagli ambientalisti. Il Global Justice Ecology Project ha bollato gli alberi della società come “minacce crescenti” per le foreste e ha manifestato timore per il fatto che l’esecutivo federale abbia concesso loro di sfuggire la regolamentazione, spalancando le porte a piantagioni commerciali decisamente più veloci di quanto avvenga solitamente con le approvazioni per organismi geneticamente modificati.